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GENITORE 1 e GENITORE 2 ? CONSEGUENZE DELLA TEORIA DEL GENDER

Al Convegno sul gender, tenuto ieri a Cremona, il prof. Matteo D’Amico lancia un allarme che non può non essere raccolto da chiunque abbia a cuore la difesa della gioventù, che proprio nella scuola, dove dovrebbe essere educata e istruita, subisce un’inaccettabile educazione totalitaria alle follie del “gender”
di Michele Majno
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Nei locali del Seminario vescovile di Cremona si è tenuto ieri,…Altro
Al Convegno sul gender, tenuto ieri a Cremona, il prof. Matteo D’Amico lancia un allarme che non può non essere raccolto da chiunque abbia a cuore la difesa della gioventù, che proprio nella scuola, dove dovrebbe essere educata e istruita, subisce un’inaccettabile educazione totalitaria alle follie del “gender”
di Michele Majno
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Nei locali del Seminario vescovile di Cremona si è tenuto ieri, davanti a un folto pubblico, l’atteso convegno dal titolo “Teoria del gender: abolizione dell’umano?”. Oltre trecento persone hanno affollato la sala del Seminario, seguendo con attenzione gli interventi che si sono succeduti nell’arco della mattinata e intervenendo alla fine con domande ai relatori.
In attesa di pubblicare gli Atti del convegno, vi riportiamo qui alcuni passaggi dell’intervento del prof. Matteo D’Amico. Un intervento lungo e dettagliato, svolto con estrema chiarezza e lungamente applaudito. Un applauso, vogliamo sottolineare, ampiamente meritato.
Il prof. D’Amico ha spiegato che siamo di fronte a una “strategia planetaria della menzogna”. La diffusione e l’imposizione nelle scuole della teoria del gender non sono un problema che riguarda solo l’Italia, né del resto la cosa deve stupire, poiché le nuove “dottrine” partono dall’ONU, che attraverso le sue agenzie specializzate elabora quello che potremmo chiamare un “nuovo modello di uomo”, da imporre in tutto il mondo. Il verbo “imporre” non è usato a caso perché, restando nell’ambito scolastico, la famiglia risulta sempre più emarginata, se non del tutto esclusa, da scelte didattiche che incidono drammaticamente sulla crescita e la maturazione della gioventù. Siamo di fronte a un progetto totalitario in cui il diritto/dovere di educazione viene sottratto alla famiglia, per passare a uno “Stato” sempre più indefinibile, perché sempre più a sua volta scavalcato dalle onnipotenti organizzazioni internazionali, o di queste vassallo.
Accadono cose che sembrano nate da una fantasia malata, ma che purtroppo sono la drammatica realtà quotidiana. Solo per fare alcuni esempi tra i più recenti si ricorda che, mentre in Italia in diverse scuole i maschi sono stati invitati a indossare una camicia rosa in occasione della “giornata mondiale contro l’omofobia”, in Francia in ventisette scuole il Provveditore agli studi ha invitato gli studenti di sesso maschile a recarsi a scuola indossando la gonna. In Croazia diversi Presidi, che si sono opposti a queste devastanti follie, hanno già perso il posto di lavoro… e del resto ogni giorno le cronache ci riportano fatti che dimostrano l’aggressiva e incessante attività omosessualista.
In questa strategia planetaria della menzogna, in sede ONU è già stata avanzata la proposta di parificare la lotta all’aborto alla tortura. Chiunque in futuro si batterà per la difesa della vita subirà quindi pesanti conseguenze penali, come già accade in diverse parti del mondo per chi si oppone all’omosessualismo, e come accadrà a breve anche da noi, se la famigerata “legge Scalfarotto” sarà approvata anche in Senato.
Senza dubbio il grande sviluppo dei movimenti pro-life nel mondo sta mettendo in allarme i potentati che a livello mondiale hanno ormai gettato la maschera e operano esplicitamente per la diffusione della cultura della morte. Chi realmente si può opporre alle dottrine mortifere, e alle altrettanto devastanti dottrine omosessualiste, a loro volta in totale contraddizione con la difesa della vita? La Chiesa Cattolica, depositaria della Verità, custode della vera Fede.
Ed ecco che di recente abbiamo assistito a un fatto che ha dell’incredibile e al quale non è stato dato il giusto rilievo: l’ONU ha “messo in termini” la Chiesa Cattolica, affinché modifichi la Dottrina in materia di aborto e di omosessualità, essendo l’attuale non più accettabile.
Siamo alla follia? Sì, ma la follia ha in mano il potere e ormai pretende di riscrivere l’etica, non curandosi del fatto che essa non può essere costruita a tavolino in deliranti laboratori di idee, ma proviene da Dio ed è perciò immutabile. È base di quel diritto naturale che i nuovi “padroni del mondo” pretendono di rifare.
Ricordando l’intensa attività di Papa Leone XIII per l’educazione della gioventù, il prof. D’Amico ha indicato come solo ricostruendo le scuole cattoliche sia possibile opporsi al dilagare del nuovo totalitarismo e salvare la nostra gioventù . La ricostruzione delle scuole cattoliche, anche a livello di scuole parentali, è stata indicata come l’assoluta urgenza, che viene prima di ogni altra cosa.
Infine, rispondendo alla domanda di un partecipante al convegno, il prof. D’Amico ha ribadito il ruolo insostituibile della Chiesa Cattolica, custode della Verità, nell’educazione della gioventù. E di questa precisazione, fatta con molta chiarezza, gli siano infinitamente grati.
Questi, ripeto, non sono che appunti. Sono però sicuro che siano sufficienti a far comprendere la drammatica emergenza di fronte alla quale ci troviamo e che dobbiamo affrontare se vogliamo salvare la nostra gioventù dalla corruzione e dalla distruzione. È auspicabile che i cattolici perdano ogni complesso di inferiorità e anziché cercare “dialoghi” e “confronti” si rendano conto che l’educazione “laica”, contraddizione in termini, è giunta all’inevitabile capolinea. Riaffermare il primato della Chiesa nell’educazione non è solo un diritto, ma anche un preciso dovere.
Paul

Massoneria: Pannella & co

"COLUI CHE DIVIDE". Dunque vediamo quali sono le "battaglie civili" di Pannella e dei radicali, : divorzio, aborto, eutanasia. Tutte cose che dividono :
il divorzio DIVIDE l'uomo dalla donna;
l'aborto DIVIDE la madre dal proprio figlio;
l'eutanasia DIVIDE l'uomo dalla sua stessa vita, incitandolo al suicidio.
Ora, cos'altro è Pannella se non uno che fa il gioco "Colui che divide" ? Dal latino …Altro
"COLUI CHE DIVIDE". Dunque vediamo quali sono le "battaglie civili" di Pannella e dei radicali, : divorzio, aborto, eutanasia. Tutte cose che dividono :
il divorzio DIVIDE l'uomo dalla donna;
l'aborto DIVIDE la madre dal proprio figlio;
l'eutanasia DIVIDE l'uomo dalla sua stessa vita, incitandolo al suicidio.
Ora, cos'altro è Pannella se non uno che fa il gioco "Colui che divide" ? Dal latino diabolus, derivato direttamente dal greco Diábolos, cioè "Colui che divide": dal verbo διαβάλλω.
Paul

PROGETTO GEMMA : IN 20 ANNI 20.000 BAMBINI NATI !

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Santa Gema Galgani (Español) Vídeo dirigió por Fausto Demartis para el Movimiento para la Vida de …

Diario de Santa Gema Galgani
Del 19 de Julio al 3 de Setiembre de 1900.
Los números en paréntesis son las notas al final del libro.
Jueves, 19 de Julio (1)
Se le aparece Jesús y le pone la corona de espinas en la cabeza.
19 de Julio (2).
Esta tarde, finalmente, después de seis días de padecimiens por la ausencia de Jesús, me he recogido un poquito (3). Me he uesto a orar, como acostumbro cada …Altro
Diario de Santa Gema Galgani

Del 19 de Julio al 3 de Setiembre de 1900.

Los números en paréntesis son las notas al final del libro.

Jueves, 19 de Julio (1)
Se le aparece Jesús y le pone la corona de espinas en la cabeza.

19 de Julio (2).
Esta tarde, finalmente, después de seis días de padecimiens por la ausencia de Jesús, me he recogido un poquito (3). Me he uesto a orar, como acostumbro cada jueves; hubiera querido estar de rodillas, pero la obediencia quería que estuviera en la ama, y así lo hice; me puse a pensar en la crucifixión de Jesús. principio no sentía nada, pasados unos minutos comencé a entir un poco de recogimiento: Jesús estaba cerca. Al recogerme me sucedió lo que otras veces: se me fué la cabeza(4), Y me halle con Jesús, que sufría penas horrorosas.

¿Cómo ver sufrir a Jesús y no ayudarlo? Sentí entonces gran deseo de padecer, y pedí a Jesús que me concediese esta gracia. Me contentó en seguida, y sucedió como había sucedido otras veces: se me acercó, se quitó de su cabeza la corona de espinas y la puso sobre la mía, dejándome luego en paz. Veía que yo le miraba muy silenciosa, y comprendí en seguida el pensamiento que se me vino a la mente: pensé: Acaso Jesús ya no me quiere, porque acostumbra Jesús, cuando quiere darme a entender que me ama, aencajarme bien la corona sobre la cabeza o bien en torno a la misma - Jesús lo entendió, y con sus manos me la aplicó bien a las sienes. Son momentos dolorosos, pero al mismo tiempo felices. Así pasé una hora sufriendo con Jesús. Hubiera querido estar así toda la noche, pero eomo Jesús ama tanto la obediencia, se sometió él mismo a obedecer al Confesor, y pa. sada una hora me dejó: quiero decir que ya no se dejó ver más de mí, pero aconteció una cosa que nunca había sucedido. Acostumbra Jesús, cada vez que me pone la corona en la cabeza, quitármela y ponérsela otra vez en la suya, al dejarme : ayer, en cambio, me la dejó hasta cerca de las cuatro (5).

A decir verdad, sufrí un poquito, pero, sin embargo, sólo una vez llegué a quejarme. Jesús me perdonará si alguna vez me quejo, pues es sin querer. El más ligero movimiento me causaba luego vivísimo dolor: mas era todo pura fantasía (6).

Viernes, 20 de Julio
Ayer (7), a las cuatro poco más o menos, me vino un gran de seo de unirme a Jesús; probé y en seguida me sentí unida a Él. A decir verdad sentía no poca repugnancia, porque me hallaba muy cansada y sin fuerzas; de nuevo me vi en presencia de Jesús. Se colocó junto a mí, pero no estaba triste como por la noche, estaba
un poco más alegre; me acarició un poquito, me quitó muy con. tento la corona de la cabeza (algo sufrí también entonces, pero menos) y se la volvió a poner sobre la suya, dejando yo de sufrir; recobré en seguida las fuerzas, y me hallaba mejor que antes de sufrir.

Jesús me preguntó luego varias cosas; yo también le dije que no me mandase más ir a confesar con el Padre Vallini. (8), que no me gusta; Jesús entonces se puso serio y un poco disgusiado me dijo que, apenas tuviese necesidad, fuese en seguida a confesar con él. Se lo prometí y voy de buena gana.

Tenía muchas cosas que decir a Jesús, pero comencé a notar que' iba ausentándose poco a poco; me prometió que más' tarde, a la oración de la tarde, volvería otra vez; entonces estaba aún más contento; me abrió su corazón, en el que vi escritas dos pa· labras que no entendía. Le pedí me las explicase y Jesús me res pondió: «Te quiero mucho, porque te semejas mucho a mí». «¿En qué cosa, oh Jesús -le dije -, pues yo me veo tan desemejante a ti?» «En ser humillada», me respondió.
Entonces lo comprendí todo, se me recordó mi vida pasa· da (9). Uno de mis mayores defectos ha sido siempre la. soberbia. Cuando era pequeña, dondequiera que fuese se oía decir que era un gran soberbia. Mas Jesús, ¡de qué medios se ha valido para humillarme, en especial este año! Al fin he comprendido lo que de verdad' soy. Gracias sean dadas siempre a Jesús.

Me dijo luego mi Dios que con el tiempo él me haría Santa (10), mas de esto no digo nada, porque es imposible que en mí se verifique lo que él dijo.
Me dió algunos avisos para el Confesor y me bendijo. Entendí, como siempre, que se iba a alejar por algunos días. ¡Pero . qué bueno es Jesús! Apenas se fué él, me dejó al Ángel de la Guarda, que con su constante caridad, vigilancia y paciencia me asiste.

¡Oh, Jesús! Te he prometido obedecer siempre, y de nuevo lo prometo. Ya sea obra de mi fantasía, ya cosa del diablo, en todo caso quiero obedecer siempre.

Sábado, 21 de julio
Hoy, sábado, 21 de julio, creí no poder recogerme en manera alguna. Pero apenas he podido estar sola, me he puesto a rezar el rosario de los Dolores, no sé a qué punto sentí que se me iba la cabeza. Mi queridísima Mamá la Virgen de los Dolores me he querido hacer una visita (no me acordaba que es sábado, y los sábados suele dejarse ver).

Estaba afligida: no sé, pero me parecía que lloraba. La llamé muchas veces con el dulce nombre de mamá: no me respondía, pero cuando oía decir mamá, se sonreía; se lo he repetido cuantas veces he podido,' y ella siempre se reía. Por fin, me dijo: «Gema, ¿quieres venir a descansar un poco sobre mi pecho?» Hice ademán de levantarme, arrodillarme y acercarme a ella ; también ella se levantó, me hesó en la frente y desapareció en seguida. .

De nuevo me encuentro sola, segura empero del amor de mi Mamá, aunque está muy ofendida. Después de todo esto, me siento, es cierto, muy afligida, pero también muy resignada.

Esta tarde, como había prometido a Jesús, he ido a confesarme con el Padre Vallini. Pero, salida del confesonario, me he sentido muy agitada e inquieta: prueba inequívoca de que por medio andaba el diablo.

¡Así era por desgracia! Bien lo entendí más tarde, al ponerme a hacer mis oraciones. Ya estaba, como he dicho, tanto exterior como interiormente .hecha una tempestad; hubiera queridometerme en cama o adormecerme antes que rezar; pero no lo hice, quise probar, Comencé a decir las tres invocaciones que acostumbro cada tarde al Sagrado Corazón de María; apenas .me . puse de rodillas, el enemigo, que hacía un rato que estaba escondido, se dejó ver en figura de un hombre muy pequeño, pero tan feo, que me causó horror.

Mi mente estaba fija en Jesús y ningún caso hacía de él, seguía rezando, cuando, de repente, sentí caer golpe tras golpe sobre mis espaldas: me dió muchos. + Esta tempestad duraría una media hora; me he dado cuenta de que la cosa que más le disgusta es el recogimiento que Jesús me hace sentir a menudo. Me encomendaba a Jesús, pero ¡inútil! Entre tanto, se acercaba la hora en que debía obedecer, o sea, irme a la cama; ir de ese modo me disgustaba: no había hecho aún el examen de conciencia. Rogué a mi Ángel de la Guarda, quien me ayudó de una manera en verdad curiosa.

Apenas se me presentó, le rogué que no me dejara sola. Me preguntó qué tenía; le mostré al diablo, que se había alejado mucho, pero siempre amenazándome. Le rogué que pasase conmigo toda la noche, y él me decia : «Pero yo tengo sueño». «No - le replicaba yo - los Ángeles de Jesús no duermen». «y sin embargo - añadía él- tengo que dormir (noté que quería reír), ¿ dónde me haces descansar?» Yo le hubiera dicho que se metiera en la eama, y yo seguiría rezando; pero entonces habría desobedecido. Le dije que estuviera cerca de mí, y él me lo prometió (11).
Me fuí a la cama y luego me pareció que él extendía sus alas y se ponía sobre mi cabeza. Me dormí, y esta mañana le vi en el mismo sitio de ayer tarde. Allí le dejé; al volver de Misa ya no estaba.

Domingo, 22 de Julio
Recibí la sagrada Comunión, pero Jesús no se me ha hecho sentir en absoluto, ahora,emp,ero, me encuentro bastante tranquila.
Y hoy, que creía hallarme totalmente libre de esa maldita bestia, me he visto, sin embargo, muy maltratada. Me fuí con intención de dormir , pero' sucedió muy al revés: comenzó a' darme tales golpes, que temí morir. Se presentó como un perro muy grande y negro, que me ponía las patas sobre las espaldas; me ha hecho mucho daño, pues me ha dejado resentidos todos los huesos. Hay veces que temo no me los vaya a romper; una vez, ya hace tiempo, al tomar agua bendita, me dió un golpe tan fuerte en el brazo, que caí a tierra del dolor, y llegó hasta a sacar el hueso de su sitio; pero volvió a su lugar muy pronto, apenas lo tocó Jesús, y en eso terminó todo.
Pasado un tiempo me acordé de que llevaba al cuello la reliquia de la Santa Cruz (12), pude santiguarme con ella, y recobré la paz. Me puse a dar gracias a Jesús, que se dejó ver, pero muy poco: me animó a sufrir y a luchar, y me dejo.

Desde entonces, no he podido volverme a recoger, bendito sea Dios en todo.
Tengo que decir, sin embargo, algunos avisos que me dió el Angel ayer en el transcurso del día. El primero fué a la hora de comer; se me acercó. He de decir también que en ese momento se me había ocurrido un pensamiento. Se comprende que él lo entendió, y me dijo : «Hijita, ¿ quieres de verdad que me vaya y no vuelva más a verte?» Me avergoncé, y entré dentro de mí misma. Estas palabras las pronunció muy alto y no sé si las habrán oído también los otros.

Otra vez fué ayer; mientras estaba en la iglesia, se me acercó y me dijo: «La majestad de Jesús y el lugar en que estás piden otro modo de ohrar,» En ese momento había levantado los ojos para mirar a dos niñas y ver cómo iban vestidas.
La última esta noche : estaba en la cama de un· modo no muy modesto; me ha reñido, diciéndome que en vez de adelantar y aprovechar sus enseñanzas me hago cada vez peor, y aflojo a cada paso en el bien.

Todas estas cosas me suceden estando' despierta (13).
A lo que me parece, en vez de ser buena y prepararme pa~a recibir la visita de la Madre Dolorosa y del Cohermano Gabriel, por más que haga, no lo voy a conseguir.

Lunes, 23 de Julio
Jesús me ha demostrado hoy nuevamente que sigue queriéndome, no al modo de antes, uniéndome con él o recogiéndome, sino de otra forma. Me fuí a la cama, me dormí bien y después de Un cuarto de hora o así (mis sueños son siempre breves), vi a los pies de la cama,' en el suelo, al acostumbrado hombrecillo muy negro y pequeño, pequeño. Comprendí quién era y pronto lo sentí; le dije: «Pero, ¿ qué vienes ahora con esta historia de no dejarme ni siquiera dormir?» «¡ Cómo! ¿Dormir? - replicó -, ¿ por qué no rezas?))

«Ya rezaré más tarde -le dije -, ahora voy a dormir.» «Hace dos días que no puedes recogerte; bien, deja, que ya peno saré yo.» Comenzó a propinarme algunos golpes; tomé entonces el Crucifijo en la mano, pero todo fué inútil. Estaba a punto de arrojarse sobre mí y azotarme a mansalva. No sé qué sucedió; le vi montar en cólera y revolcarse por el suelo.

Yo me reía: hoy me parecía no tener miedo; me dijo : «Hoy no te puedo hacer nada, pero otro día me las pagarás.r Le pregunté: «Pero. ¿por qué no puedes? Si otras veces has podido, también podrás hoy: yo soy la misma, sólo que llevo a Jesús (14) en el cuello».

Entonces me dijo: «Esa... la que está en esta habitación, ¿ qué te ha hecho? Quítate de encima 'esa cosa, y luego verás (15).»
Insistía en que no tenía nada, porque dormía (16), pero entendía muy bien a qué se refería. Después de estos dichos quedé tranquila en la cama y me reía, viendo los revolcones que daba y la rabia que le devoraba.
Me decía que, como siga rezando, me las va a hacer pasar peores. «No me importa -decía yo-. Sufriré por Jesús» (17).
En fin, que hoy me he divertido mucho: lo veía tan rabioso ... pero me dijo que ya se las pagaré todas juntas.

Esperó a esta tarde, pero gracias a Dios no ha durado tanto como 'era de temer: me ha dado tres buenas tundas, que casi me impidieron ir a la cama: me costó trabajo.
Hay veces que echa a correr y va largo, con tanto espanto que no sé que tiene. Quedé que apenas podía moverme.

¡Cuánto invoqué a Jesús! Pero inútil, no se presentó; rogué al Ángelde mi Guarda que me llevase a Jesús, pero también resultó inútil. Se entretuvo un poco conmigo y me dijo: «Esta tarde Jesús no vendrá ni siquiera a bendecirte, y yo tampoco te bendigo».

Me asusté al oírlo, porque si Jesús no me bendecía no podría hacer nada, pues no tenía hueso sano. Notó que estaba a punto de echarme a llorar y dijo: «Calla, que 'ya te enviará alguno, Jesús. Y si supieras quién es el que vendrá a visitarte esta tarde, ¡qué contenta te pondrías!»

Mi imaginación voló en seguida al Cohermano Gabriel. Se lo pregunté, pero no quiso responderme, me hizo pasar unos momentos de sobresalto y curiosidad. Al fin me dijo: «Si Jesús mano dase de verdad al Cohermano Gabriel para bendecirte, ¿tú qué harías? No le hables, que si no desobedeces al Confesor». ffi «No, no le hablaré -, le respondí impaciente -; pero ¿cómo puede bendecirme el Cohermano Gabriel?». «Es Jesús quien lo manda, y ya lo ha mandado otras veces a bendecirte.¿Lograrás estar callada y obedecer?» «Sí, sí, obedeceré; dile que venga».

Pasados unos minutos vino. ¡Qué manía me tomó entonces!, hubiera querido ... pero fuí buena y me contuve. Me bendijo con ciertas palabras latinas, que se me han quedado bien grabadas en la mente, y se dispuso para marchar en seguida.

Entonces no pude por menos de decir: «Cohermano Gabriel, ruega a nuestra Mamá que te mande conmigo el sábado, y te deje estar mucho tiempo». Se volvió y me dijo riendo: «Sé buena», y al decirlo se quitó de la cintura un cinto y me dijo: «¿Lo quieres?» Entonces fué quererlo de verdad: «Me hace mucho bien, dámelo ahora.» Me dió a entender que no, que el sábado me lo daría, y me dejó. Me dijo que ese cinto era el que la noche antes me había librado del diablo.

Martes, 24 de Julio
Ayer sucedió como de costumbre : me fuí a dormir, me dormí ele hecho, pero el demonio parece que no quería. Se me. hizo verde una manera .asaz puerca, me tentaba, y muy fuerte. Me encomendaba. interiormente a Jesús y le pedía que me quitase la vida antes que ofenderle.

¡Qué tentaciones tan horrorosas son ésas! Todas me disgustan, pero las que van contra la santa pureza, ¡cuánto me ofenden!
Después de un rato vino el Ángel de la Guarda para poner paz, y me aseguró que no había hecho nada malo. Me quejo con él a veces, porque hay momentos en que yo quisiera que me viniera a ayudar, pero él me di-ce que, lo vea o no, siempre está a mi lado: ayer mismo, porque la Virgen Dolorosa. me ayudó de verdad, y me mostré firme, prometió que por la tarde vendría Jesús a verme.
Llegada la noche, esperaba con impaciencia el momento de ir a la cama; tomé el Crucifijo y me metí en el lecho. También el Ángel gustó de ello, porque... (18). Presentí que iba a recoger-me, vino mi Jesús, pero estaba bastante separado de mí. ¡Qué momentos esos tan dichosos!

Le pregunté en seguida si me amaba siempre, y me respondió estas palabras: «~ Hija mía, te he enriquecido .con tantos bienes, sin mérito alguno tuyo, ¿y me preguntas si te amo? Temo mucho por ti». «¿Por qué?», le dije. «Ah, hija mía; en los días en que gozabas de mi presencia, eras toda fervor, nada te costaba el rezar; ahora, en cambio, la oración te causa tedio, y una cierta negligencia en el cumplimiento de tus deberes comienza a insinuarse en tu corazón. Hija, ¿por qué te envileces así? Dime, ¿te parecía en los días pasados la oración tan larga como ahora? Haces algo de penitencia, pero ¡cuánto tardas en resolverte!»
No sé lo que hice al oír este reproche; quedé sin hablar palabra. Luego seguí hablándole del convento; en esto me consoló bastante. Le dije que si me amaba de verdad.. me concediera la gracia de entrar en un convento; insistí de nuevo en que me dijese alguna cosa acerca del convento que había de fundarse, y me respondió : «Pronto se verán cumplidas las palabras del Cohermano Gabrieh) (19). «¿Todas, todas?», le pregunté como fuera de mí. «Todo, no temas, y muy pronto. Cuando vuelva el Confesor, te diré las cosas más claramente.»
Por último le recomendé mi pobre pecador. Me bendijo, y al irse me dijo: «No olvides que te he criado para el cielo: no tienes nada que hacer en la tierra».

Miércoles, 25 de Julio
¿Y de hoy ,qué diré? No encuentro paz; la soberbia me domina más que otros días. Para hacer un pequeño acto de humildad, tengo que sufrir mucho.

De lo que me sucedió ayer (20) hablaré bien. poco: tengo una lengua muy larga y por ello sufren otros por culpa mía.

El confesor me ha impuesto por obediencia que hable poco, y nunca con personas que sepan mis cosas. Hace unos días vino el P. Norberto, (21) Y escapé en seguida; vino otra vez e hice lo mismo; a decir verdad, estaba dispuesta a obedecer,pero, ¿qué sucedió luego? Pasados unos días tuve ocasión de hablar de esto con otro fraile, e inventé una hermosa mentira, diciéndole que había sido la señora Cecilia la que me había mandado esconder; y no fué así: había salido de mí.

No sé cómo vino a saberlo el susodicho Padre Norberto, y vino en seguida a contárselo a la señora Cecilia, la cual- se molestó bastante; no menos disgusto me causó a mí. Ella me pr,eguntó si de verdad no se lo había dicho a nadie; le respondí que no, pues no me acordaba de nada; pero no faltó quien me lo recordase todo; vino el Ángel de la Guarda y me comenzó a reñir diciendo: «Pero, ¡cómo, Gema! ¿También mentiras? ¿No te acuerdas cómo días hace, en castigo de haber contado las cosas al Hermano Fabián(22), te hice estar media hora ...?»

Entonces me acordé de todo (he de decir que el Ángel de la Guarda me castiga siempre que hago alguna cosa mal: no pasa noche que no le tenga), y él me mandó que se lo fuese a contar todo a la señora Cecilia y la rogase me perdonase en nombre suyo.
Prometí de hacerlo, ¡pero sí! pasó todo el día, llegó la noche, y yo sin hacer ese pequeño acto de humildad. Volvió a avisarme el Ángel, diciéndome que si no se lo decía todo a la tía, durante la noche vendría el diablo.

Al oír esta amenaza no pude resistir más. y me fuí a su habitación. Estaba en la cama, y la luz apagada; no me parecía verdad: así no sería vista. Del mejor modo que me fué posible lo dije todo, pero con gran esfuerzo; era una vergüenza para mí el no ser capaz de humillarme. Por último, después de haberme dicho que todo lo olvidaría, me fuí a acostar.¡Olvidarlo! Así lo decía ella, pero no era posible. Pedí muchas veces perdón a Jesús, a mi buen Ángel, y me fuí a la cama. ¡Qué noche tan perra! El Ángel de mi Guarda,. por la mucha dificultad que mostré en hacer este acto de humildad, me dejó sola, y el enemigo no dejó de hacerme alguna visita. Dormir no podía, por tener la conciencia intranquila; ¡qué mal que estaba!

Jueves, 26 de Julio
Llegó la mañana siguiente, y al fin vino el Ángel de la Guarda, que me volvió a reñir mucho y me dejó luego sola y afligida. Recibí la sagrada Comunión, pero, ¡oh, Dios, en qué estado! Jesús no se dejó sentir. Cuando, pasado un rato, pude estar sola, comencé a desahogarme: soy culpable, me doy cuenta; pero, si he de decirlo todo, hay disgustos que a ciertas personas yo no se los querría dar nunca, pero es tan fuerte mi mala inclinación al mal, que a menudo caigo en estas cosas. Jesús me hizo estar en este estado por más de una hora; yo lloraba y me afligía. Al fin, Jesús se compadeció de mí y vino; me acarició, me hizo prometer que no lo volvería a hacer y me bendijo.

Debo decir que en el suceso de ayer dije tres mentiras, tuve pensamientos contrarios a la mansedumbre e ideé vengarme de quien había hecho el oficio de espía, pero Jesús me prohibió en absoluto hablar de esto con el Hermano Fabián u otros. Pronto. recobré la paz, y para estar más tranquila corrí' a confesarme.

Por la tarde, después de hacer mis oraciones, me puse a 'hacer la acostumbrada hora. Jesús estuvo siempre conmigo; estaba en la cama, como de costumbre, porque si no, luego no podría entretenerme con mi Jesús y sufrir con él. Sufrí mucho, medió nuevas pruebas de su amor hacia mí, regalándome hasta el día siguiente su corona de espinas: los viernes es cuando más me ama Jesús. Por la tarde me quitó la corona, diciendo que estaba muy contento de mí y añadiendo al acariciarme: «Hija, si te doy nuevas cruces, no te aflijas». Se lo prometí y me dejó.

Viernes, 27 de Julio
Este viernes sufrí bastante más, porque me vi obligada a trajinar, y a cada movimiento me creía morir.
Una de las tías (23) me había mandado subir agua; me costó mucho, me parecía (era imaginación mía) que las espinas se me clavaban en el cerebro, y una gota de sangre me corrió por la sien. Me limpié en seguida y poco vió. Me preguntó si me habíacaído y herido en la cabeza; le dije que me había arañado con la cadena del pozo. Luego me fuí con las monjas (24); eran las diez y estuve con ellas hasta las cinco: después regresé a casa, pero Jesús me la había quitado ya.

Sabado, 28 de Julio
La noche la pasé muy bien; por la mañana vino el Ángel de la Guarda: estaba muy contento, me dijo que tomase papel y escribiera lo que él me dictara.
Helo todo: «Recuerda, hija mía, que quien ama a Jesús habla poco y sufre mucho.
»Te mando de parte deTesús que no digas nunca tu parecer, si no eres preguntada, y que no sostengas nunca tu parecer, sino que cedas en seguida.
»Obedece puntualmente al Confesor y a quien él quiera, sin replicar; en las cosas que es debido, conténtate con una réplica sola y sé sincera con todos.
»Cuando hayas cometido alguna falta, acúsate en seguida, sin esperara que te lo pidan.

»Recuérdate 'por fin de mortificar los ojos, y piensa que el ojo mortificado verá la hermosura del cielo.»

Después de esto me bendijo, y me dijo que fuese también a comulgar. Corrí en seguida: fué la primera vez, después de casi un mes, que Jesús se me hizo sentir.
Le conté todas mis cosas y me entretuve mucho con Él, pues comulgué a las ocho y media y, cuando volví en mí, era ya muy tarde. Marché corriendo a casa, y por el camino sonaron las diez y cuarto'; pero fuí buena (25), estuve siempre en la postura ordinaria que uso al comulgar, y vi al levantarme que el Ángel! de la Guarda estaba sobre mi cabeza con las alas extendidas. El mismo me acompañó hasta casa y me avisó de que no orase durante el día, hasta que no llegase la noche, pues no estaba segura (26).

En efecto, pronto me di cuenta, por los de casa más que segura, pero no para mi hermana, que me había tapado el agujero de la cerradura y me fué imposible cerrar;' vinieron las tías a tratar de arreglarlo, y por la noche pude cerrar.
Por la tarde fuí a hacer los 15 sábadosen Santa María (27); la Virgen me dijo que no me haría la acostumbrada visita, porque en los días pasados había disgustado a Jesús. Le dije que Jesús me había perdonado, a lo que ella : «Yo no perdono tan fácilmente a mis hijas. Quiero absolutamente que seas perfecta; ya veremos si el sábado puedo ir y llevarte el Cohermano Gabriel. A pesar de todo, me bendijo, y yo me resigné.

No me falta empero alguna tentación: una, y bastante fuer. te, la tuve el sábado (ayer) por la tarde: vino el demonio y me dijo: « ¡Bien, muy bien! escríbelo todo: ¿No sabes que todas estas cosas son obra mía, y si llegas a ser descubierta te correrás de vergüenza ? ¿Dónde irás a esconderte ? ¡Te hago pasar por santa y no eres más que una ilusa!»
Estuve tan mal, que de la pena juré que ,apenas llegara la señora Cecilia, destruiría ese escrito (28). Traté de romperlo, pero no lo logré; no tuve valor, o no sé qué pasó.

Domingo, 29 de Julio
En este estado lo pasé hasta ayer mañana, domingo, sin poder recogerme. El Ángel de mi Guarda, sin embargo, no me falo taba; me anima, y debo decir que ese mismo domingo no tenía ganas de comer, yél me: obligó a hacerlo, lo mismo ha hecho también esta mañana. No deja ninguna tarde de bendecirme y aun de reñirme y castigarme.

Hoy, domingo (29), siento gran necesidad de Jesús, pero ,es ya tarde y no abrigo esperanza alguna de verlo'; esperaré a ver esta noche, cuando esté sola y libre.
¡Oh! ha venido al fin Jesús. ¡Cuántos reproches por no haber comulgado! He aquí de qué modo me reprochaba: «¿Por qué, hija mía, he de verme privado tan a menudo de tus visitas? Y eso que sabes lo mucho que deseo que vengas a mí cuando eres buena.»

Me arrodillé delante de Jesús, y llorando le dije: «Pero, ¿cómo, Jesús mío, no estás todavía cansado de sufrir tanta frialdad?» «Hija - me respondió -, haz de modo que no pase día sin que vengas a mí, procura tener el corazón limpio y adornado lo mejor que puedas. Aleja de tu corazón todo amor de ti misma, y todo lo que no sea enteramente mío, y luego ven a mí y no temas».

Me bendijo, junto con todos los miembros del sagrado Colegio (30), y se marehó ; pero a lo último me recomendó que tuviera un poco más de valentía contra el enemigo, diciéndome que no hiciera caso de sus palabras, porque es un verdadero mentiroso, y busca por todos los medios hacerme faltar en especial a la obediencia. «Obedece, hija mía - me repetía -, obedece prontamente y alegremente, y para mejor lograrlo y salir victoriosa en esta hermosa virtud, pídeselo a mi Madre, que tanto te quiere.» Le hubiera querido decir que ayer su Madre no quiso venir a verme, pero escapó.

Lunes, 30 de Julio
Esta mañana, lunes, 30 (31) de julio, he ido a recibir la sagrada Comunión.No la quería recibir, me remordía la conciencia, he titubeado hasta las nueve si debía o no hacerlo, pero al fin venció Jesús, y la hice, pero ¿cómo? ¡Con qué frialdad! A Jesús no le he sentido para nada.

Hoy no he podido recogerme en todo el día; he sido mala, me he impacientado, aunque a solas, sin que nadie se diera cuenta, he llorado mucho, porque mi hermana no quería salir de la habitación .. Ayer, domingo, por la tarde, estuvo por despecho en mi habitación hasta lasonce,diciendo, para burlarse de mí, que quería verme caer en éxtasis; hoy ha hecho otro tanto. Ayer escribió una carta a Baños de San Julián (32) y hablaba mucho de mí y de mis cosas. Estas cosas, que debería recibir bien, dando gracias a Jesús, me causan mucho disgusto y hay momentos en que me desespero.

Estando en este estado, el Ángel de la Guarda, que, me estaba mirando, me dijo: «¿Por qué te Intranquilieas así, hija mía? Hay que sufrir algo por Jesús». (A la verdad, lo que más me había dísgustadoeran ciertas palabras que mi hermana había dicho), y por esto el Ángel dijo: «Sólo mereces ser despreciada, porque has ofendido a Jesús».

Luego me tranquilizó, se sentó junto a mí y comenzó a decirme con cariño: «(Oh, hija, ¿pero no sabes que debes ser en todo conforme a la vida de Jesús? Él sufrió mucho por ti, ¿y no sabes que tú debes aprovechar toda ocasión de sufrir por él? Y luego, ¿ por qué das este disgusto a Jesús, de dejar todos los días la meditación sobre la Pasión?» Era verdad: me recordé d,e que la meditación sobre la Pasión no la hago más que el jueves y el viernes. «Debes hacerla todos los días, no te olvides.r Al ter. minar me dijo: «!Ánimo, ánimo!, este mundo no es lugar de descanso :el descanso viene después de la muerte; ahora tienes ,que sufrir y sufrirlo todo, para librar a algún alma de la muerte eterna». Le pedí que dijera a mi Mamá viniese un poquito conmigo, pues tengo muchas 'cosas que decirle; me dijo que lo haría. Pero esta tarde no ha venido.

Martes, 31 de julio
Es martes: voy a recibir la Comunión, pero i en qué estado!
He prometido a Jesús ser buena y mudar de vida; se lo he dicho, pero Él no me ha respondido nada; también le he dicho que me mande a su Madre y mía, a lo que ha dicho: «¿Eres digna?» Quedé avergonzada y no supe qué más decir. Al fin, añadió: «Sé buena y vendrá pronto con el Cohermano Gabriel».

¡Desde el domingo no he podido recogerme. De todos modos doy gracias a Jesús. Cuando viene el Ángel de la Guarda estoy despierta y no pierdo la cabeza; Jesús, mi Mamá y algunas veces el Cohermano Gabriel son los que me hacen perder la cabeza; pero quedo siempre donde me pongo, me hallo en el sitio ordinario , pero la cabeza no sé por dónde anda. ¡Qué necesidad tan grande tengo de mi Mamá! Si Jesús me quisiera dar este gusto, luego sería buena. ¿Cómo poder estar tanto tiempo sin mi Mamá?

Miércoles y jueves, 1 y 2 de Agosto
El miércoles no pude recogerme ni una vez, el jueves tampoco; de vez en cuando mi Ángel me decía alguna cosa, pero· siem·pre estaba despierta. El miércoles por la tarde me puse a pensar conmigo sola que podía muy bien estar engañada del diablo; pero me tranquilizaba, diciéndome únicamente: «Obediencia».
Estamos, pues, en esta tarde (jueves). Como de costumbre, me fui, por obedecer, a la cama; me puse a rezar y me recogí enseguida. Hacía rato que me sentía algo mal, Estuve sola: mientras padecía, Jesús no estaba, y sólo sufrí de la cabeza.
Esta mañana (viernes) me ha preguntado el Confesor si había tenido también las señales (33); le he respondido que no. Serán también dolorosas esas, pero no tanto como lo de la cabeza.

¡Pobre Jesús! Me dejó estar cerca de una hora sola, pero luego vino, presentándose todo ensangrentado y diciéndome: «Soy el Jesús del Padre Germán». No lo' creía, ¿por 'qué? Porque siempre temo. Pronuncié aquellas palabras: «Bendito Jesús y bendita María» (34), y entonces comprendí. Me animó un poco, pero yo tenía interiormente miedo, por lo que me dijo: «No temas: .soy el Jesús del Padre Germáin». Me recomendó por sí mismo, sin que yo le dijera nada, que rogase por la Madre María Teresa del Niño Jesús, porque está en el purgatorio y sufre mucho. Me parece que Jesús la quiere pronto consigo.

Viernes, 3 de Agosto
+ Hoy he dormido un poco (35), luego me he sentido recoger interiormente; pasado el recogimiento noté que se me iba la 'cabeza: estaba con Jesús. ¡Qué contenta estaba! He sufrido mueho, sí, de la cabeza ;me he quejado un poquito, porque me dejaba sola. Le he pedido también que me haga saber cuándo la Madre María Teresa estará en el cielo. Me ha dicho: «Aun no, sigue sufriendo.» Hecomendé a mi pobre pecador, me dió la bendición a mí y a todos los miembros. del sagrado Colegio y me dejó muy satisfecha.

Esta tarde veía que no me iba a poder recoger; hice mis breves oraciones de la noche y me metí en la cama. A decir verdad, preveía algo de borrasca, porque Jesús hace días que me dijo: «Todavía una última batalla; el enemigo te tentará, pero será la última vez, y por ahora hasta». No pude dejar de darle gracias por la fuerza que me ha dado siempre, y le rogué no me faltase en el último trance, quiero decir, ayer tarde (36).

Me metí en la cama con intención de dormir; el. sueño no tardó en venirme, y en seguida se me apareció un hombrecillo muy pequeño, todo cubierto de pelo negro. ¡Qué espanto! Posó las manos sobre la cama, creyendo yo que iba a pegarme. «No, no- dijo - no te puedo pegar, no tengas miedo», y al decirlo se había alejado.
Llamé a Jesús en mi ayuda, pero no vino; no por eso me dejó : invocado su nombre, me vi luego libre; la cosa fué repentina.

+ Otras veces he llamado a Jesús, pero nunca había acudido tan pronto como ayer tarde. !Si hubiera visto luego la rabia del, demonio! Se revolcaba por tierra, blasfemaba, hizo un último esfuerzo para arrancarme el Crucifijo que llevaba conmigo, pero se retiró en seguida.

¡Qué bueno fué Jesús conmigo ayer tarde! El diablo,hecho ese último esfuerzo, me dijo que ya que no había podido conseguir nada, iba a atormentarme toda la noche. «NO» - le dije - Llamé al Ángel de mi Guarda, extendió sus alas, se colocó junto a mí,me bendijo y el diablo escapó. Sean dadas gracias a Jesús.
Esta mañana he sabidoque cuando el diablo se puso tan furioso, fué en el momento en que se me había aplicado el escapulario de la Virgen de los Dolores,. y ahora comprendo que su esfuerzo se dirigía - a quitármelo. Sean dadas gracias a la Madre Dolorosa (37).

Sábado, 4 de Agosto
Hemos llegado al sábado: es el día destinado para ver a rrn Mamá, pero ¿qué debo esperar?

Al fin he llegado a esta tarde (38). Me he .puesto a rezar el rosario de los Dolores. En principio estaba resignada, quiero decir, que me había conformado con el querer divino,· de pasar aquel sábado sin ver a Nuestra Señora de los Dolores; pero a Jesús le bastó mi intención y me contentó. No sé a qué punto del rezo;' me sentí recoger interiormente: al recogimiento, como dé ordinario, sucedió bien pronto la pérdida de la cabeza, y sin darme cuenta me hallé en presencia (según a mí me pareció) de Nuestra Señora de los Dolores.
Apenas la vi, sentí un poco de miedo. Hice lo posible por cerciorarme de que de verdad .era la Mamá de Jesús: -ella me dió pruebas inequívocas de serlo. Pasados unos instantes, me sen. tí llena de alegría; pero fué tanta mi emoción al verme tan in. digna delante de ella, y tanta mi alegría, que no pude pronunciar. palabra, contentándome con repetir el nombre de mamá.

Ella me miraba fijamente y se sonreía; se acercó para acariciarme y me dijo que me tranquilizase. Imposible, la satisfacción' y la emoción crecían, por lo que ella, temiendo tal vez no me hiciera mal (como otras veces ha sucedido, unl' en efecto, sin yo notarlo, el corazón, por el consuelo que encontraba en ver a Jesús, comenzó a latir con tanta fuerza que me vi obligada, por mandato del Confesor, a ceñirmeen ese lado una faja muy apre. tada), me dejó, diciéndome que me fuera a descansar. Obedecí en seguida,en un segundo me fuí a la cama y no tardó 'en vol. ver ; entonces ya me calmé.

+ Debo decir que en el primer momento en que veo estas cosas, estas imágenes (en las que muy bien puedo engañarme), siento miedo, pero al miedo sucede muy pronto la alegría (39). Pero, sea de ello lo que fuere, yo digo lo. que siento. Le hablé de algunas cosas mías, la principal fué que me llevase con ella al paraíso; me respondió: «Hija, todavía tienes que sufrir». «Allí sufriré - quería decirle -, en el paraíso'». «No _. me replicó-, en el paraíso ya no se sufre ; pero pronto te llevaré.»

Estaba junto a la cama, era muy hermosa y yo no me cansaba de mirarla. Le recomendé a mi, pecador: fué buena señal. También le recomendé a varias personas que me son queridas, en especial aquellas con las que tengo un deber tan grande de grao titud. Esto debo hacerlo también por orden de mi Confesor, el que la última vez me dijo) que pidiese fervorosamente por ellas a la Virgen de los Dolores, pues ya que yo no puedo _ hacer nada por ellas, que supla la Virgen Santísima, concediéndoles toda gracia.

Temía que me iba a dejar de un momento a otro, y por eso la llamaba muchas veces, diciéndole que me llevase con ella. Su presencia me hizo olvidar de mi protector el Cohermano Gabriel. Le pregunté por él y por qué no me lo había traído; me dijo: «Porque el Cohermano Gabriel quiere de ti una obediencia más exacta». Tenía que decirme una cosa para el Padre Germán; pero a esto último no me respondió.
Mientras hablábamos, me soltó la mano que me tenía cogida; no quería yo que se fuera, estaba a punto de llorar y me dijo: «Hija mía, basta; Jesús quiere de ti este sacrificio, te conviene que yo me vaya por ahora». Sus palabras me tranquilizaron: respondí serenamente: «Pues bien, el sacrificio está hecho». Me dejó. ¿Quién podrá describir al por menor lo hermosa y amable que es la Madre celestial? No, no hay cosa que se la pueda COmo parar. ¿Cuándo tendré la suerte de verla otra vez?

Domingo, 5 de Agosto
Hoy domingo he suplicado al Ángel tuviese la bondad de decir a Jesús que no podría hacer la meditación sobre la Pasión, porque no me sentía bien, que ya vería el hacerla por la tarde. Esta llegada, me encontraba sin ganas; me fuí a la cama, hice la preparación y quedé recogida. sólo interiormente. He de decir que la meditación de los domingos suele ser siempre sobre la Re· surrección o bien el paraíso; pero Jesús me da a entender que no quiere todavía de mí esta meditación, pues la mente vuela en seguida a algún punto de la Pasión. Hágase su voluntad.

Lunes, 6 de agosto
He llegado al 6 de agosto. Los días pasan, y yo siempre en el abismo de este mundo.

Esta tarde, mientras hacía mis oraciones, el Ángel de la Guarda se me ha acercado y golpeándome en la espalda me ha dicho: «Gema, ¿cómo tanta desgana para la oración? No le agrada a Jesús». «No - respondí ., -, no es desgana: hace dos días que no me hallo bien», Él añadió: «Cumple con diligencia tu deher, y ya verás cómo Jesús te ama más todavía». Se calló unos momentos, y luego me preguntó : «¿Y el Cohermano Gabriel)) «No sé.» «¿Cuánto tiempo hace que no le ves?» (Hace mucho,» «Esta noche te lo mandará Jesús.)) « ¿Cómo? Esta noche no quiero, desobedecería: el Confesor no quiere que venga de noche.» ¡Oh, con qué gusto le hubiera recibido! Le rogué queme lo enviase de día y pronto, para poder escribir aquella carta al Padre Germán. Supliqué al Ángel que fuese a Jesús y le pidiese para pasar la noche a mi lado. Desapareció en seguida.

Terminadas mis oraciones, me fuí a la cama. Cuando hubo recibido el permiso de Jesús, volvió; me preguntó: «¿ Cuánto tiempo hace que no ruegas por las almas del purgatorio? Hija mía, j piensas tan poco! La Madre María Teresa sufre mucho, ¿sabes?«. Desde la, mañana no había rogado nada por ellas. Me dijo que le agradaría que todo, por pequeño que fuese, tratándose de dolores, lo ofreciera por las almas del purgatorio». Toda pena, por pequeña que sea, las consuela mucho; aun eso poquito que podías haberlas ofrecido ayer y Iroy». Le respondí maravillada: «¡Si eran dolores del cuerpo!«, «¿también estos dolores alivian a las almas del purgatorio?», «Sí - me dijo -, sí, hija mía; todo padecimiento, por mínimo que sea las alivia.» Entonces le prometí que en adelante todo lo ofrecería por las almas de] purgatorio. Añadió: «¡Cuánto sufren esas almas! ¿ Quieres hacer algo esta noche por ellas? ¿Quieres sufzir?». « «¿Qué? -le dije -. ¿Es lo mismo que sufre Jesús los viernes?» «No - respondió -. No es lo de Jesús, son dolores corporales.» Le dije que no, porque Jesús no quiere que sufra fuera del jueves y el viernes. Pero como las almas del purgatorio, y en especial la Madre María Teresa, me son muy queridas, le dije que una hora sufriría de buena gana.

Le bastaron estas palabras, pues bien veía que, haciéndolo, fbabría desobedecido; me dejó dormito. Esta mañana, al despertarme, estaba continuamente a mi lado, me bendijo y se marchó.

Martes, 7 de Agosto
Ayer por la mañana el Ángel me 'prometió que por la tarde podria hablar con el Cohermano GabrIel (40). Llego la tarde tan deseada; el sueño quería vencerme, luego me sobrevino una agitación tal, que me llenó de espanto. Pero es que Jesús estaba a punto de darme ese consuelo, y cuando lo hace, antes o después, me da algún dolor. Siempre sea bendito +.

Al sentir esta agitación no veía a nadie, quiero decir, al día~,blo. Sólo que me sentía mal; la cosa duró poco. Me calmé pronto, me sentí de repente recogida, y en seguida lo de siempre: la ca, beza que se me fué y yo me hallé con el Cohermano Gabriel (41).

¡Qué consuelo sentí! Pero la obediencia no me permitía acercart me a él, para besarle el hábito y resistí. Lo primero que le prefgunté fué por qué tardaba tanto en dejarse ver. Me respondió kque es por culpa mía. Cosa de que estoy bien persuadida, pues 'i soy muy mala.

¡Qué hermosas cosas me dijo acerca del convento (42) y con qué energía! Parece como si los ojos le centelleasen. Por sí mismo, sin que yo le preguntara, me dijo: «Hija, dentro de pocos meses, entre la alegría de casi todos los católicos se verificará la fundación del nuevo convento». «Dentro de pocos meses?» -le contesté yo -, «Todavía faltan trece.» «Son pocos» añadió. Y sonriendo se volvió luego hacia un lado y se arrodilló, y juntando las manos, dijo así: «Virgen bendita, ya lo ves: aquí en la tierra se anda a porfía por la propagación del nuevo instituto; ea, te lo ruego, haz que sobreabunde la copia de los dones y favores celestiales sobre los que de él formarán parte. Aumenta su fuerza y aumenta también su celo. Todo será dádiva vuestra, ¡oh, Virgen bendita!»

Hablaba como si tuviera delante a Nuestra Señora de los Dolores; yo no veía nada, pero advertía la fuerza y la expresión con que decía estas palabras, cosa que me maravillaba; también él parecía fuera de sí.
Ahora dehería hablar del Padre Germán, pero el Confesor dice .que aquí no lo haga, porque ...

Hablé también de mi pobre pecador. Se sonrió: buena señal. Por fin me dejó llena de consuelo.

Miércoles, 8 de Agosto
Vengamos a esta mañana. Apenas salí del confesonario, me vino a la mente el pensamiento .. de que a mi parecer el Confesor disminuye demasiado mis pecados, cosa que me intranquilizó. Para calmarme se me acercó el Ángel de la Guarda. Estaba en la iglesia, y pronunciaba en voz alta estas palabras. «Vamos a ver: ¿ a quién quieres creer, al Confesor o a tu cabeza? ¿Al Confesor que tiene continuas luces y asistencia, que tiene mucha capacidad, o a ti, que no tienes nada de nada? ¡Soberbia! - me decía-, ¡quieres hacerte maestra y guía del Confesor!» No pensé más. Hice un acto de contrición y comulgué.

Jueves, 9 de Agosto
También hoy, después de haber sostenido una gran batalla con elenemigo auxiliada de Dios, ha venido el Ángel de la Guarda, que riñéndome y muy severo me ha dicho: «Hija, acuérdate de que faltando a la obediencia, sea en lo que fuere, cometes siempre pecado. ¿Por qué eres tan reacia a obedecer al Confesor? Acuérdate también que no hay camino más seguro y breve que el ae la obediencia.»
¿Y a qué viene hoy todo esto? Por mi culpa. Merecería cosas peores, pero Jesús usa siempre conmigo de misericordia.

¡Ay de mí, qué repugnancia siento esta tarde! Desde esta mañana me siento muy cansada, es todo desgana, mala voluntad, pero con la ayuda de Dios quiero vencerme (43)

Es jueves y por eso me encuentro tan impaciente. Cuando llega esta tarde me sucede siempre lo mismo. Sí, padecer, padecer por los pecadores, y de una manera particular por las pobres almas del purgatorio, sobre todo por ... (44). Ya sé por qué se apodera tan pronto de mí esta desgana. Otras tardes me venía pocas horas antes. Es porque hoy me dijo el Ángel que Jesús quería hacerme sufrir esta tarde una hora más, esto es, dos horas. Comenzarfa a las nueve, y ello por un alma del purgatorio. Sin permiso del Confesor, pero acostumbra a no reñirme por ello, al contrario lo quiere y lo puedo hacer muy bien.

Ayer tarde (45), a eso de las nueve, o poco menos, . comencé a sentirme un poco mal, me fuí pronto a la cama, pero hacía rato que venía sufriendo. El dolor de cabeza era extraordinario, el menor movimientoque hacía me causaba penas terribles. Sufrí dos horas, como Jesús quería, por la Madre Teresa, luego me desnudé con mucho trabajo y me metí en la cama, comenzando la hora. Fué muy dolorosa, pero en compañía de Jesús, ¡qué no se haría!

Viernes, 10 de Agosto
Me dijo la tarde anterior el Ángel de la Guarda que me haría tener la corona de espinas en la cabeza hasta las cinco del viernes. Fué verdad, porque hacia esa hora comencé a recogerme un poquito, me escondí en la iglesia de los Franciscanos y allí vino Jesús a quitármela de nuevo, estuve siempre sola. ¡Qué muestras me dió de cariño! Me animó de nuevo a padecer y me dejo en un mar de consuelos.
Tengo que decir, sin embargo, que a las veces, sobre todo el jueves por la tarde, se apodera de mí una tristeza tal, pensando que he cometido tantos pecados, los que todos me vienen a la memoria, que me avergüenzo de mí misma y me aflijo sobremanera. Ayer tarde, pocas horas antes, me sobrevino también esta vergüenza y este disgusto, y sólo puedo hallar un poco die alivio sufriendo eso poquito que Jesús me manda, y ofreciéndolo por los pecadores, en especial por mí, y luego por las almas del purgatorio.

¡Cuántos consuelos me da Jesús! ¡De cuántas maneras me prueba que me quiere! Todas son cosas de mi cabeza, pero si obedezco, Jesús no permitirá que me engañe. El jueves por la tarde me prometió que durante estos días, que faltará la señora Cecilia, haría que no me faltase nunca el Ángel de la Guarda. Me 10 dió ayer tarde y no me ha vuelto a dejar ni un solo momento.

Esto lo he observado varias veces, p,ero nunca se 10 he dicho al Confesor. Hoy, en cambio, lo digo en seguida. Si estoy con otras personas, el Ángel de la Guarda no me deja nunca, pero si estoy a solas con él, en seguida me deja (quiero decir que no se hace ver de' mí, si no es para darme algún aviso). Lo propio sucedió hoy, ni siquiera un minuto se ha separado de mí. Ya hable, ya rece, ya haga cualquier cosa, él me lo dice. Jesús quiere que no me engañe.

Esto me maravilla mucho, y me he visto obligada a preguntarle: «¿Por qué, cuando está la señora Cecilia, no apareces nunca?» Me ha contestado: «Porque nadie, fuera de ella, sabe hacer mis veces. i Pobre niña - añadió -, eres tan pequeñina, que necesitas quién te lleve de la mano! Ahora te llevaré yo, no temas, pero obedece, porque, si no, pronto ... » (46).
He ido a confesarme, he dicho la cosa al Confesor (se lo había también escrito) (47); me explicó lo que yo no había entendido, y ahora lo entiendo todo.

Sábado, 11 de Agosto
Es sábado, voy a comulgar; ¿ qué haré? De todos modos quiero obedecer. i Si pudiera conseguir una visitilla de mi Mamá! Pero no, me recuerdo del pecado que cometí ayer tarde. Es verdad que esta mañana me he confesado en seguida, mas no importa, la Virgen a mí no me perdona tan fácilmente. Me quiere perfecta.

Estamos en la tarde del sábado. ¡ Dios mío! ¡ Qué castigo! El mayor castigo que puedes darme es privarme de la visita de María. Santísima, y es precisamente cuando se acerca el sábado cuando cometo siempre alguna falta......

Domingo, 12 de Agosto
He llegado al domingo. ¡Qué desgana, qué aridez! Sin embargo, no quiero dejar mis ordinarias oraciones.

Miércoles, 15 de Agosto
En este estado de aridez yde falta de Jesús he durado hasta hoy miércoles. Desde el viernes no le he vuelto a sentir. El Gonfesor me asegura que es en castigo de mis pecados o para ver si puedo pasar sin Jesús y estimularme a amarlo todavía más. He estado siempre sola, quiero decir, sin Jesús. El Ángel de la Guarda no me ha dejado ni siquiera un segundo, y no obstante, ¡cuántos defectos y cuántas faltas en su presencia! ¡Dios mío, tened misericordia de mí! He comulgado todos los días, pero Jesús como si no existiera. ¿Querrá Jesús dejarme también sola en una solemnidad tan grande como es ésta? La Comunión la he hecho con algo más de consuelo, pero sin sentir a Jesús. He rogado mucho durante estos días, porque quiero una gracia de Jesús.

Hoy la Madre María Teresa tiene que ir al paraíso. ¿Cómo saberlo? Recogerme no puedo, si no estoy en lugar seguro. El Ángel de mi Guarda estará hoy de guardián ante mi puerta.

Son las nueve y cuarto de este gran día. Siento como de costumbre un recogimiento interior. He pedido al Ángel de la Guarda que vigile y que nadie vea nada. Me he escondido en una celda de las monjas (48).
Al poco rato el recogimiento se convirtió en arrobamiento, (No crea quien lea estas cosas nada de cuanto digo, pues puedo muy bien engañarme). ¡Que Jesús no lo permita! Lo digo por obediencia y me, sujeto a escribirlo con gran repugnancia.

Eran cerca de las nueve y media, leía (49), de repente me vi, sacudida por una mano que venía a posarse con mucha suavidad sobre mi hombro izquierdo. Me volví asustada: tuve miedo, estuve a punto de llamar, pero me contuve. Al volverme, vi a una persona vestida de blanco. Conocí que era una mujer; la. miré, y su mirada me dió a entender que no temiera nada: «Gema - me dijo, pasados unos momentos -¿me conoces?» Dije que no, porque así era en efecto. A lo que añadió: «Yo soy la Madre Teresa del Niño Jesús. ¡Gracias por la mucha solicitud que te tomas a fin de que pueda ver pronto la gloria del cielo».

Todo esto sucedía estando yo despierta y con pleno conoeimiento de mí misma. Aun añadió: «Pide todavía, que aun me quedan algunos días que sufrir». Y al decírmelo me acarició y se fué,

Aquellas sus miradas, he de decirlo, me inspiraron mucha confianza. Desde ese punto redoblé mis oraciones, para que pronto pueda alcanzar su fin; pero mis oraciones son muy pobres, quisiera que para las almas del purgatorio gozaran de la virtud de las oraciones de los Santos.

Desde ese momento sufrí continuamente, hasta cerca de las once, que ya no podía estar sola. Sentía dentro de mí cierto recogimiento, y un cierto deseo de ponerme a. orar, pero ¿cómo hacer? No podía. j Cuántas veces tuve que insistir! Por fin conseguí el anhelado permiso, y me fuí con mi Mamá. Fueron breves instantes, pero j cuán preciosos!

Por mi mal comportamiento, Jesús no permitió que la Virgen viniera como de ordinario sonriente, sino triste (de lo que yo era la causa). Me riñó un poco, pero se alegró también de una cosa (que creo oportuno callar aquí), cosa que dió también mucho' consuelo a Jesús, y fué precisamente en premio de ella por lo que vino (la Virgen), aunque, como he dicho, seria. Me dijo algunas palabras, entre las cuales recuerdo: «Hija cuando esta mañana me vaya al cielo me llevaré conmigo tu corazón».
Y entonces me pareció que se me acercaba... me lo quitó, lo tomó consigo en sus manos, y me dijo: «No temas nada, pro· cura ser buena, yo tendré tu corazón siempre conmigo allá arriba y en mis propias manos». Me dió la bendición aprisa, y al marchar pronunció todavía estas palabras: «A mí me has dado el corazón, pero Jesús quiere también otra cosa». «¿Qué cosa?» - le dije -. Y me respondió: «La voluntad», y luego desapareció:
Me vi en el suelo, pero esto de caer, sé muy bien cuándo sucedió, cuando hizo ademán de acercarse y quitarme el corazón(50).
Aunque estas cosas en el primer momento me asustan, acaban siempre por ser cosas de infinito consuelo para mí.

Jueves, 16 de Agosto
Es jueves. Se apodera de mí la acostumbrada repugnancia; el temor de perder mi alma me asusta; el número de mis pecados y su enormidad, todo se me presentaba delante. ¡Qué agitación! En esos momentos el Ángel de la Guarda me sugirió al oído: «Pero la misericordia de Dios es infinita». Me tranquilicé.

Pronto comencé a padecer de la cabeza: serían como las diez. Cuando me hallé sola, me eché en la cama, sufrí un poco, pero Jesús no tardó en presentarse, demostrando que también él sufría mucho. Le recordé a los pecadores, por los que él me animó a ofrecer al Eterno Padre todos mis ligeros padecimientos.

Mientras estaba con Jesús se dió cuenta, y me preguntó: « …
Paul

LA FESTA DELLA DIVINA MISERICORDIA-SANTA FAUSTINA KOWALSKA

La festa della Misericordia
E' la più importante di tutte le forme di devozione alla Divina Misericordia. Gesù parlò per la prima volta del desiderio di istituire questa festa a suor Faustina a P*ock nel 1931, quando le trasmetteva la sua volontà per quanto riguardava il quadro: "Io desidero che vi sia una festa della Misericordia. Voglio che l'immagine, che dipingerai con il pennello, venga …Altro
La festa della Misericordia

E' la più importante di tutte le forme di devozione alla Divina Misericordia. Gesù parlò per la prima volta del desiderio di istituire questa festa a suor Faustina a P*ock nel 1931, quando le trasmetteva la sua volontà per quanto riguardava il quadro: "Io desidero che vi sia una festa della Misericordia. Voglio che l'immagine, che dipingerai con il pennello, venga solennemente benedetta nella prima domenica dopo Pasqua; questa domenica deve essere la festa della Misericordia" (Q. I, p. 27). Negli anni successivi - secondo gli studi di don I. Rozycki - Gesù è ritornato a fare questa richiesta addirittura in 14 apparizioni definendo con precisione il giorno della festa nel calendario liturgico della Chiesa, la causa e lo scopo della sua istituzione, il modo di prepararla e di celebrarla come pure le grazie ad essa legate.
La scelta della prima domenica dopo Pasqua ha un suo profondo senso teologico: indica lo stretto legame tra il mistero pasquale della Redenzione e la festa della Misericordia, cosa che ha notato anche suor Faustina: "Ora vedo che l'opera della Redenzione è collegata con l'opera della Misericordia richiesta dal Signore" (Q. I, p. 46). Questo legame è sottolineato ulteriormente dalla novena che precede la festa e che inizia il Venerdì Santo.
Gesù ha spiegato la ragione per cui ha chiesto l'istituzione della festa: "Le anime periscono, nonostante la Mia dolorosa Passione (...). Se non adoreranno la Mia misericordia, periranno per sempre" (Q. II, p. 345).
La preparazione alla festa deve essere una novena, che consiste nella recita, cominciando dal Venerdì Santo, della coroncina alla Divina Misericordia. Questa novena è stata desiderata da Gesù ed Egli ha detto a proposito di essa che "elargirà grazie di ogni genere" (Q. II, p. 294).

Per quanto riguarda il modo di celebrare la festa Gesù ha espresso due desideri:
- che il quadro della Misericordia sia quel giorno solennemente benedetto e pubblicamente, cioè liturgicamente, venerato;
- che i sacerdoti parlino alle anime di questa grande e insondabile misericordia Divina (Q. II, p. 227) e in tal modo risveglino nei fedeli la fiducia.

"Sì, - ha detto Gesù - la prima domenica dopo Pasqua è la festa della Misericordia, ma deve esserci anche l'azione ed esigo il culto della Mia misericordia con la solenne celebrazione di questa festa e col culto all'immagine che è stata dipinta" (Q. II, p. 278).
La grandezza di questa festa è dimostrata dalle promesse:
- "In quel giorno, chi si accosterà alla sorgente della vita questi conseguirà la remissione totale delle colpe e delle pene" (Q. I, p. 132) - ha detto Gesù. Una particolare grazia è legata alla Comunione ricevuta quel giorno in modo degno: "la remissione totale delle colpe e castighi". Questa grazia - spiega don I. Rozycki - "è qualcosa di decisamente più grande che la indulgenza plenaria. Quest'ultima consiste infatti solo nel rimettere le pene temporali, meritate per i peccati commessi (...). E' essenzialmente più grande anche delle grazie dei sei sacramenti, tranne il sacramento del battesimo, poiché‚ la remissione delle colpe e dei castighi è solo una grazia sacramentale del santo battesimo. Invece nelle promesse riportate Cristo ha legato la remissione dei peccati e dei castighi con la Comunione ricevuta nella festa della Misericordia, ossia da questo punto di vista l'ha innalzata al rango di "secondo battesimo". E' chiaro che la Comunione ricevuta nella festa della Misericordia deve essere non solo degna, ma anche adempiere alle fondamentali esigenze della devozione alla Divina Misericordia" (R., p. 25). La comunione deve essere ricevuta il giorno della festa della Misericordia, invece la confessione - come dice don I. Rozycki - può essere fatta prima (anche qualche giorno). L'importante è non avere alcun peccato.
Gesù non ha limitato la sua generosità solo a questa, anche se eccezionale, grazia. Infatti ha detto che "riverserà tutto un mare di grazie sulle anime che si avvicinano alla sorgente della Mia misericordia", poiché‚ "in quel giorno sono aperti tutti i canali attraverso i quali scorrono le grazie divine. Nessuna anima abbia paura di accostarsi a Me anche se i suoi peccati fossero come lo scarlatto" (Q. II, p. 267). Don I. Rozycki scrive che unaincomparabile grandezza delle grazie legate a questa festa si manifesta in tre modi:

- tutte le persone, anche quelle che prima non nutrivano devozione alla Divina Misericordia e persino i peccatori che solo quel giorno si convertissero, possono partecipare alle grazie che Gesù ha preparato per la festa;
- Gesù vuole in quel giorno regalare agli uomini non solo le grazie salvificanti, ma anche benefici terreni - sia alle singole persone sia ad intere comunità;
- tutte le grazie e benefici sono in quel giorno accessibili per tutti, a patto che siano chieste con grande fiducia (R., p. 25-26).

Questa grande ricchezza di grazie e benefici non è stata da Cristo legata ad alcuna altra forma di devozione alla Divina Misericordia.
Numerosi sono stati gli sforzi di don M. Sopocko affinché‚ questa festa fosse istituita nella Chiesa. Egli non ne ha vissuto però l'introduzione. Dieci anni dopo la sua morte, il card. Franciszek Macharski con la Lettera Pastorale per la Quaresima (1985) ha introdotto la festa nella diocesi di Cracovia e seguendo il suo esempio, negli anni successivi, lo hanno fatto i vescovi di altre diocesi in Polonia.
Il culto della Divina Misericordia nella prima domenica dopo Pasqua nel santuario di Cracovia - Lagiewniki era già presente nel 1944. La partecipazione alle funzioni era così numerosa che la Congregazione ha ottenuto l'indulgenza plenaria, concessa nel 1951 per sette anni dal card. Adam Sapieha. Dalle pagine del Diario sappiamo che suor Faustina fu la prima a celebrare individualmente questa festa, con il permesso del confessore.
Paul

Santa Faustina Kowalska e il Dio della Misericordia

DOMENICA PROSSIMA, 27 APRILE, E' LA FESTA DELLA DIVINA MISERICORDIA
Venerazione dell'immagine di Gesù Misericordioso
Il disegno essenziale di questo quadro è stato mostrato a suor Faustina nella visione del 22 febbraio 1931 nella cella del convento di Płock. "La sera, stando nella mia cella - scrive suor Faustina - vidi il Signore Gesù vestito di una veste bianca: una mano alzata per benedire …Altro
DOMENICA PROSSIMA, 27 APRILE, E' LA FESTA DELLA DIVINA MISERICORDIA
Venerazione dell'immagine di Gesù Misericordioso

Il disegno essenziale di questo quadro è stato mostrato a suor Faustina nella visione del 22 febbraio 1931 nella cella del convento di Płock. "La sera, stando nella mia cella - scrive suor Faustina - vidi il Signore Gesù vestito di una veste bianca: una mano alzata per benedire mentre l'altra toccava sul petto la veste, che ivi leggermente scostata lasciava uscire due grandi raggi, rosso l'uno e l'altro pallido (...) Dopo un istante, Gesù mi disse, Dipingi un'immagine secondo il modello che vedi, con sotto scritto: Gesù confido in Te" (Q. I, p. 26). Tre anni dopo a Vilnius Gesù ha spiegato il significato dei raggi: "I due raggi rappresentano il Sangue e l'Acqua" (Q. I, p. 132). Non si tratta qui di un qualche effetto artistico, ma di una simbologia del quadro estremamente profonda.
Agli elementi essenziali del quadro appartengono le parole poste in basso: "Gesù, confido in Te". Gesù parlava di ciò già durante la prima apparizione a P*ock e poi a Vilnius: "Gesù mi ricordò (...) che queste tre parole dovevano essere messe in evidenza" (Q. I, p. 138). Non si tratta qui del numero delle parole, ma del loro senso integralmente legato al disegno e al contenuto del quadro.
Gesù ha definito un altro particolare di questo quadro, ha detto infatti: "Il Mio sguardo da questa immagine è tale e quale al Mio sguardo dalla croce" (Q. I, p. 140). La questione dello sguardo non è dunque senza importanza, se lo stesso Gesù mette l'accento su di essa, dando un significato a questo particolare. E qui incontriamo una doppia interpretazione di questo desiderio di Gesù: alcuni - e tra loro don Sopocko - leggono queste parole in modo realistico e dicono che lo sguardo deve essere diretto in basso come dall'alto della croce; altri credono, che si tratti dello sguardo che esprime la misericordia (tra loro padre J. Andrasz, il secondo direttore spirituale di suor Faustina). A seconda di questa interpretazione sono sorte - si può dire - due "scuole" di rappresentazione dell'immagine del Gesù Misericordioso: una ha il suo modello nel dipinto di E. Kazimirowski, mentre la seconda nel dipinto di A. Hyla, del santuario della Divina Misericordia a Cracovia.
Senza significato invece sembra essere la questione dell'altezza della mano destra. Don M. Sopocko credeva che la mano dovesse essere alzata solo all'altezza della spalla. Nel Diario invece troviamo solo questo: "La mano destra è alzata per benedire". E' la cosa più importante, mentre invece se la mano è alzata all'altezza della spalla oppure più in alto, non ha alcun significato per il contenuto del quadro.
Quale è il significato di questo quadro?
Il cosiddetto "luogo teologico" è stato indicato dallo stesso Gesù, legando la benedizione del quadro e la sua pubblica venerazione alla liturgia della prima domenica dopo Pasqua. La Chiesa legge in quel giorno il Vangelo sull'apparizione di Gesù risorto nel Cenacolo e sull'istituzione del sacramento della penitenza (Gv 20, 19-29).
A questa scena del Cenacolo si sovrappone l'avvenimento del Venerdì Santo: la crocifissione e la trafittura del Cuore di Gesù con la lancia. "Entrambi i raggi uscirono dall'intimo della Mia misericordia, quando sulla croce il Mio Cuore, già in agonia, venne squarciato con la lancia" (Q. I, p. 132). Di questo scrive san Giovanni nel 19ø capitolo del Vangelo. Gesù ha spiegato poi che "il raggio pallido rappresenta l'Acqua che giustifica le anime; il raggio rosso rappresenta il Sangue che è la vita delle anime" (Q. I, p. 132). San Tommaso, riferendosi ai Padri della Chiesa, unisce la simbologia dell'acqua e del Sangue con il sacramento del battesimo e con l'Eucarestia, cosa che può essere riferita anche agli altri sacramenti. "Alla luce del Vangelo di Giovanni - scrive don I. Rozycki - l'acqua e il sangue (...) stanno a significare le grazie dello Spirito Santo, che ci sono state donate per la morte di Cristo. I due raggi rappresentati sul dipinto di Gesù Misericordioso possiedono questo stesso profondo significato" (R., p. 20).
L'immagine del Gesù Misericordioso spesso viene identificata come quella della Divina Misericordia e giustamente poiché‚ nella passione, morte e risurrezione di Cristo la misericordia di Dio verso l'uomo si è rivelata con totale pienezza.

In cosa consiste il culto dell'immagine della Divina Misericordia?
L'immagine occupa una posizione chiave in tutta la devozione alla Divina Misericordia, poiché‚ costituisce una visibile sintesi degli elementi essenziali di questa devozione: esso ricorda l'essenza del culto, l'infinita fiducia nel buon Dio e il dovere della carità misericordiosa verso il prossimo. Della fiducia parla chiaramente l'atto che si trova nella parte bassa del quadro: "Gesù, confido in Te". L'immagine che rappresenta la misericordia di Dio deve essere per chiara volontà di Gesù un segno che ricordi l'essenziale dovere cristiano, cioè l'attiva carità verso il prossimo. "Essa deve ricordare le esigenze della Mia misericordia, poiché‚ anche la fede più forte non serve a nulla senza le opere" (Q. II, p. 278). La venerazione del quadro dunque consiste nell'unione di una orazione fiduciosa con la pratica di atti di misericordia.
Le promesse legate alla venerazione dell'immagine.
Gesù ha definito con molta chiarezza tre promesse:
- "L'anima che venererà questa immagine, non perirà" (Q. I, p. 18): cioè ha promesso la salvezza eterna.
- "Prometto pure già su questa terra (...) la vittoria sui nemici" (Q. I, p. 18): si tratta dei nemici della salvezza e del raggiungimento di grandi progressi sulla via della perfezione cristiana.
- "Io stesso la difenderò come Mia propria gloria" nell'ora della morte (Q. I, p. 26): ha cioè promesso la grazia di una morte felice.

La generosità di Gesù non si limita a queste tre grazie particolari. Poiché‚ ha detto: "Porgo agli uomini il recipiente, col quale debbono venire ad attingere le grazie alla sorgente della misericordia" (Q. I, p. 141), non ha posto alcun limite n‚ al campo n‚ alla grandezza di queste grazie e dei benefici terreni, che ci si può aspettare, venerando con incrollabile fiducia l'immagine della Divina Misericordia.
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La storia del quadro
Il primo quadro della Divina Misericordia fu dipinto a Vilnius, nel 1934, dal pittore Eugenio Kazimirowski. Suor Faustina dette personalmente le indicazioni al pittore. Quando il quadro fu terminato, non ne rimase contenta e piangendo si lamentò con Gesù: "Chi Ti dipingerà così bello come sei?". In risposta sentì: "Non nella bellezza dei colori n‚ del pennello sta la grandezza di questa immagine, ma nella Mia grazia" (Q. I, p. 136).
Questo dipinto per la prima volta è stato mostrato in pubblico e ha avuto pubblica venerazione nel santuario della Madre della Misericordia a Ostra Brama il 26-28 aprile 1935.
Ha suscitato grande interesse tra i fedeli e le sue riproduzioni negli anni della II Guerra Mondiale sono state diffuse per iniziativa di don M. Sopocko. Oggi tale quadro è venerato nella chiesa di Santo Spirito a Vilnius.
In tutto il mondo è però famoso il quadro di Lagiewniki, a Cracovia, dipinto da Adolf Hyla. Il suo primo dipinto, offerto come ex-voto per la salvezza della famiglia durante la guerra, è stato benedetto il 7 marzo 1943 e da allora nel santuario di Cracovia hanno luogo pubbliche celebrazioni della Divina Misericordia. Il quadro tuttavia era troppo grande e non entrava sull'altare, dove veniva collocato durante le funzioni alla Divina Misericordia. Per questo motivo la superiora, madre Irena Krzyzanowska ordinò al pittore un secondo quadro, che per grandezza e forma entrasse all'interno dell'altare laterale. La Domenica in Albis, il 16 aprile 1944, per la prima volta solennemente celebrata in quella cappella in onore della Divina Misericordia, padre Jozef Andrasz S J benedisse il nuovo quadro dipinto da Adolf Hyla. Esso rappresentava Gesù Misericordioso sullo sfondo di un prato e di cespugli. Nel 1954 A. Hyla ha ridipinto lo sfondo del quadro con un colore scuro e sotto i piedi di Gesù ha dipinto un pavimento.
Anche se l'immagine del Gesù Misericordioso della cappella di Cracovia - Lagiewniki non era, storicamente parlando, il primo quadro, neanche nelle cappelle della congregazione, fu proprio esso ad essere famoso per le grazie, mentre le sue copie e riproduzioni sono state diffuse in tutto il mondo. Così doveva avverarsi il desiderio di Gesù, pronunciato già durante la prima apparizione a P*ock: "Desidero che questa immagine venga venerata prima nella vostra cappella, e poi nel mondo intero" (Q. I, p. 26).

La festa della Misericordia

E' la più importante di tutte le forme di devozione alla Divina Misericordia. Gesù parlò per la prima volta del desiderio di istituire questa festa a suor Faustina a P*ock nel 1931, quando le trasmetteva la sua volontà per quanto riguardava il quadro: "Io desidero che vi sia una festa della Misericordia. Voglio che l'immagine, che dipingerai con il pennello, venga solennemente benedetta nella prima domenica dopo Pasqua; questa domenica deve essere la festa della Misericordia" (Q. I, p. 27). Negli anni successivi - secondo gli studi di don I. Rozycki - Gesù è ritornato a fare questa richiesta addirittura in 14 apparizioni definendo con precisione il giorno della festa nel calendario liturgico della Chiesa, la causa e lo scopo della sua istituzione, il modo di prepararla e di celebrarla come pure le grazie ad essa legate.
La scelta della prima domenica dopo Pasqua ha un suo profondo senso teologico: indica lo stretto legame tra il mistero pasquale della Redenzione e la festa della Misericordia, cosa che ha notato anche suor Faustina: "Ora vedo che l'opera della Redenzione è collegata con l'opera della Misericordia richiesta dal Signore" (Q. I, p. 46). Questo legame è sottolineato ulteriormente dalla novena che precede la festa e che inizia il Venerdì Santo.
Gesù ha spiegato la ragione per cui ha chiesto l'istituzione della festa: "Le anime periscono, nonostante la Mia dolorosa Passione (...). Se non adoreranno la Mia misericordia, periranno per sempre" (Q. II, p. 345).
La preparazione alla festa deve essere una novena, che consiste nella recita, cominciando dal Venerdì Santo, della coroncina alla Divina Misericordia. Questa novena è stata desiderata da Gesù ed Egli ha detto a proposito di essa che "elargirà grazie di ogni genere" (Q. II, p. 294).
Per quanto riguarda il modo di celebrare la festa Gesù ha espresso due desideri:
- che il quadro della Misericordia sia quel giorno solennemente benedetto e pubblicamente, cioè liturgicamente, venerato;
- che i sacerdoti parlino alle anime di questa grande e insondabile misericordia Divina (Q. II, p. 227) e in tal modo risveglino nei fedeli la fiducia.
"Sì, - ha detto Gesù - la prima domenica dopo Pasqua è la festa della Misericordia, ma deve esserci anche l'azione ed esigo il culto della Mia misericordia con la solenne celebrazione di questa festa e col culto all'immagine che è stata dipinta" (Q. II, p. 278)
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La grandezza di questa festa è dimostrata dalle promesse:
- "In quel giorno, chi si accosterà alla sorgente della vita questi conseguirà la remissione totale delle colpe e delle pene" (Q. I, p. 132) - ha detto Gesù. Una particolare grazia è legata alla Comunione ricevuta quel giorno in modo degno: "la remissione totale delle colpe e castighi". Questa grazia - spiega don I. Rozycki - "è qualcosa di decisamente più grande che la indulgenza plenaria. Quest'ultima consiste infatti solo nel rimettere le pene temporali, meritate per i peccati commessi (...). E' essenzialmente più grande anche delle grazie dei sei sacramenti, tranne il sacramento del battesimo, poiché‚ la remissione delle colpe e dei castighi è solo una grazia sacramentale del santo battesimo. Invece nelle promesse riportate Cristo ha legato la remissione dei peccati e dei castighi con la Comunione ricevuta nella festa della Misericordia, ossia da questo punto di vista l'ha innalzata al rango di "secondo battesimo". E' chiaro che la Comunione ricevuta nella festa della Misericordia deve essere non solo degna, ma anche adempiere alle fondamentali esigenze della devozione alla Divina Misericordia" (R., p. 25). La comunione deve essere ricevuta il giorno della festa della Misericordia, invece la confessione - come dice don I. Rozycki - può essere fatta prima (anche qualche giorno). L'importante è non avere alcun peccato.
Gesù non ha limitato la sua generosità solo a questa, anche se eccezionale, grazia. Infatti ha detto che "riverserà tutto un mare di grazie sulle anime che si avvicinano alla sorgente della Mia misericordia", poiché‚ "in quel giorno sono aperti tutti i canali attraverso i quali scorrono le grazie divine. Nessuna anima abbia paura di accostarsi a Me anche se i suoi peccati fossero come lo scarlatto" (Q. II, p. 267). Don I. Rozycki scrive che una incomparabile grandezza delle grazie legate a questa festa si manifesta in tre modi:
- tutte le persone, anche quelle che prima non nutrivano devozione alla Divina Misericordia e persino i peccatori che solo quel giorno si convertissero, possono partecipare alle grazie che Gesù ha preparato per la festa;
- Gesù vuole in quel giorno regalare agli uomini non solo le grazie salvificanti, ma anche benefici terreni - sia alle singole persone sia ad intere comunità;
- tutte le grazie e benefici sono in quel giorno accessibili per tutti, a patto che siano chieste con grande fiducia (R., p. 25-26).
Questa grande ricchezza di grazie e benefici non è stata da Cristo legata ad alcuna altra forma di devozione alla Divina Misericordia.

Numerosi sono stati gli sforzi di don M. Sopocko affinché‚ questa festa fosse istituita nella Chiesa. Egli non ne ha vissuto però l'introduzione. Dieci anni dopo la sua morte, il card. Franciszek Macharski con la Lettera Pastorale per la Quaresima (1985) ha introdotto la festa nella diocesi di Cracovia e seguendo il suo esempio, negli anni successivi, lo hanno fatto i vescovi di altre diocesi in Polonia.
Il culto della Divina Misericordia nella prima domenica dopo Pasqua nel santuario di Cracovia - Lagiewniki era già presente nel 1944. La partecipazione alle funzioni era così numerosa che la Congregazione ha ottenuto l'indulgenza plenaria, concessa nel 1951 per sette anni dal card. Adam Sapieha. Dalle pagine del Diario sappiamo che suor Faustina fu la prima a celebrare individualmente questa festa, con il permesso del confessore.

La coroncina alla Divina Misericordia

Questa preghiera era stata dettata a suor Faustina da Gesù
il 13 e il 14 settembre 1935 a Vilnius. Nella sua cella ha avuto la visione di un angelo, venuto a castigare la terra per i peccati. Quando ha visto questo segno dell'ira di Dio ha cominciato a chiedere all'angelo di attendere ancora poiché‚ il mondo avrebbe fatto penitenza. Quando però si è trovata al cospetto della Santissima Trinità non ha avuto il coraggio di ripetere la supplica. Solo quando nell'anima ha sentito la forza della grazia di Gesù ha cominciato a pregare con le parole che ha udito interiormente (erano le parole della coroncina alla Divina Misericordia) e allora ha visto che il castigo è stato allontanato dalla terra. Il mattino dopo, entrata in cappella, Gesù ancora una volta le ha insegnato con esattezza come bisogna recitare questa preghiera. (Q. I, p. 192 - Q. I, p. 193).
Don I. Rozycki spiegando il contenuto della coroncina dice che in essa offriamo a Dio Padre "il Corpo e il Sangue, l'Anima e la Divinità" di Gesù Cristo, Figlio di Dio, cioè la Sua Divina Persona e la Sua Umanità, non la stessa natura di Dio, che è comune al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo e come tale non può essere offerta a Dio Padre. Possiamo invece offrire tutta la Persona del Figlio di Dio Incarnato, poiché‚ Egli stesso "ha dato se stesso per noi quale offerta e sacrificio" (Ef 5,2).
Recitando la coroncina ci uniamo all'offerta di Gesù fatta sulla croce "in espiazione dei nostri peccati e di quelli del mondo intero". In essa offriamo a Dio Padre il Suo Amatissimo Figlio e dunque ci appelliamo al "motivo più forte per essere esauditi da Dio" (R., p. 27).
Sui grani dell'Ave Maria del Rosario ripetiamo: "Per la Sua dolorosa passione abbi misericordia di noi e del mondo intero", che significa - secondo lo spirito della devozione - appellarsi non tanto alla riparazione fatta da Cristo sulla croce, quanto alla Sua misericordia, che vuole offrirsi agli uomini.
La recita di questa preghiera è anche un atto di misericordia, poiché‚ in essa chiediamo "la misericordia per noi e per il mondo intero". Il pronome "noi" sta a significare, secondo la spiegazione di don I. Rozycki, la persona che recita la preghiera e coloro per i quali desidera o è obbligata a pregare. Invece "il mondo intero" - sono tutte le persone che vivono sulla terra e le anime che soffrono in purgatorio.
La formula della coroncina è destinata alla recita comunitaria o individuale, senza differenza, e perciò non bisogna cambiare n‚ le persone dei verbi n‚ aggiungere altre parole. La trasformazione invece delle parole nell'espressione: "mondo intero" a "tutto il mondo" è corretta, perché‚ in nulla cambia il testo della coroncina ed è più esatta nella lingua polacca.
Gesù ha legato alla recita di questa coroncina una promessa generale e promesse particolari:
- La promessa generale legata alla Coroncina è:
"Per la recita di questa coroncina Mi piace concedere tutto ciò che Mi chiederanno" (Q. V, p. 508). "Con essa - ha detto un' altra volta Gesù - otterrai tutto, se quello che chiedi è conforme alla Mia volontà" (Q. VI, p. 568). La volontà di Dio è espressione del Suo amore per l'uomo, dunque tutto ciò che è in disaccordo con essa o è un male o è dannoso e non può essere dispensato neanche da Padre migliore.
- Le promesse particolari legate alla Coroncina riguardano l'ora della morte:
"Chiunque la reciterà otterrà tanta misericordia nell'ora della morte. (...) Anche se si trattasse del peccatore più incallito se recita questa coroncina una volta sola, otterrà la grazia della Mia infinita misericordia" (Q. II, p. 263). Si tratta qui della grazia della conversione e di una morte nel timore di Dio e nello stato di grazia. La grandezza della promessa consiste nel fatto che condizione per ottenere la grazia è recitare almeno una volta tutta la coroncina così come Gesù l'ha chiesto con fiducia, umiltà e dolore per i peccati. La stessa grazia - di conversione e remissione dei peccati - sarà ricevuta dagli agonizzanti, se altri accanto al
Gesù ha fatto notare tre condizioni necessarie perché‚ le preghiere in quell'ora siano esaudite:
- la preghiera deve essere diretta a Gesù e dovrebbe aver luogo alle tre del pomeriggio;
- deve riferirsi ai meriti della Sua dolorosa passione.
"In quell'ora - dice Gesù - non rifiuterò nulla all'anima che Mi prega per la Mia Passione" (Q. IV, p. 440). Bisogna aggiungere ancora che l'intenzione della preghiera deve essere in accordo con la volontà di Dio, e la preghiera deve essere fiduciosa, costante e unita alla pratica della carità attiva verso il prossimo, condizione di ogni forma del culto della Divina Misericordia.

La recita della Coroncina deve essere così composta


All'inizio il Segno di Croce : Nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo
Segue:
Padre Nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la Tua Volontà come in celo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori e non c'indurre in tentazione ma, liberaci del male. Amen
Ave o Maria, piena di grazia, il Signore è con Te, Tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù. Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori adesso e nell'ora della nostra morte. Amen
Credo in Dio, Padre Onnipotente, Creatore del celo e della terra e in Gesù Cristo suo unico figlio il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto ponzio pilato, fu crocefisso, morì e fu sepolto. Discese agli inferi. Il terzo giorno risuscitò da morte, salì a celo e siede alla destra di Dio Padre Onnipotente, di là verrà a giudicare i vivi e i morti. Credo nello Spirito Santo, la Santa Chiesa Cattolica, la Comunione dei Santi, la Remissione dei peccati, la Resurrezione della carne e la Vita Eterna. Amen
sui grani del Padre Nostro o che sono comunque staccati dalla decina successiva si recita:
Eterno Padre, ti offro il Corpo, il Sangue, l'Anima e la Divinità del Tuo dilettissimo Figlio e Signore nostro Gesù Cristo in espiazione dei nostri peccati e di quelli del mondo intero.
sui grandi dell'ave maria si recita per dieci volte consecutivamente:
Per la sua dolorosa Passione, abbi misericordia di noi e del mondo intero.
dopo aver ripetuto la sequenza per 5 volte alla fine si recita per 3 volte consecutivamente:
Dio Santo, Dio Forte, Dio Immortale, abbi pietà di noi e del mondo intero
Si conclude la preghiera facendosi li segno della Croce: nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

L’ora della Misericordia

Nell’ottobre 1937 a Cracovia, in circostanze non meglio specificate da Suor Faustina, Gesù ha raccomandato di onorare l’ora della propria morte, che lui stesso ha chiamato "un’ora di grande misericordia per il mondo intero" (Q. IV pag. 440). "In quell’ora – ha detto successivamente – fu fatta grazia al mondo intero, la misericordia vinse la giustizia" (Q V, pag. 517).
Gesù ha insegnato a suor Faustina come celebrare l’ora della Misericordia e ha raccomandato di:
invocare la misericordia di Dio per tutto il mondo, soprattutto per i peccatori;
meditare la Sua passione, soprattutto l’abbandono nel momento dell’agonia e, in quel caso ha promesso la grazia della comprensione del suo valore.
Consigliava in modo particolare: "in quell’ora cerca di fare la Via Crucis, se i tuoi impegni lo permettono e se non puoi fare la Via crucis entra almeno per un momento in cappella ed onora il mio Cuore che nel SS.mo Sacramento è pieno di misericordia. E se non puoi andare in cappella, raccogliti in preghiera almeno per un breve momento là dove ti trovi" (Q V, pag. 517).

Gesù ha fatto notare tre condizioni necessarie perché le preghiere in quell’ora siano esaudite:
la preghiera deve essere diretta a Gesù e dovrebbe aver luogo alle tre del pomeriggio;
deve riferirsi ai meriti della Sua dolorosa passione.
"In quell’ora – dice Gesù – non rifiuterò nulla all’anima che Mi prega per la Mia Passione"
(Q IV, pag. 440). Bisogna aggiungere ancora che l’intenzione della preghiera deve essere in accordo con la Volontà di Dio, e la preghiera deve essere fiduciosa, costante e unita alla pratica della carità attiva verso il prossimo, condizione di ogni forma del Culto della Divina Misericordia

Diffusione del culto della Divina Misericordia

Parlando delle forme di devozione alla Divina Misericordia don I. Rozycki menziona anche la diffusione del culto della Misericordia, poiché‚ anche a questa forma sono legate promesse. A tutti promette protezione materna durante l'intera esistenza e "tutte le anime che adoreranno la Mia misericordia e ne diffonderanno il culto (...) queste anime nell'ora della morte non avranno paura. La Mia misericordia le proteggerà in quell'ultima lotta" (Q. V, p. 508).
A tutti sono dirette dunque due promesse:
- la prima riguarda la protezione materna in tutta la vita,
- la seconda riguarda l'ora della morte.

Un particolare invito Gesù rivolge ai sacerdoti assicurando che "i peccatori induriti si inteneriranno alle loro parole, quando essi parleranno della Mia sconfinata misericordia e della compassione che ho per loro nel Mio Cuore" (Q. V, p. 504).
Gesù non definisce - oltre all'omelia - altri modi di diffusione del culto della Misericordia, dunque essi possono essere intesi abbastanza largamente. Essere apostolo della Misericordia di Dio significa innanzitutto dare testimonianza di vita nello spirito di fiducia in Dio e di misericordia verso il prossimo. Tale esempio ci ha lasciato suor Faustina, esempio che attira gli altri alla fiducia totale in Dio infinitamente buono e onnipotente, e a fare atti di carità verso il prossimo.

L'Apostolato della Divina Misericordia

Nel Diario di suor Faustina si parla anche della questione della cosiddetta "nuova congregazione". Da una lettura superficiale degli appunti dell'Apostola della Divina Misericordia si potrebbe dedurre che Gesù le ha chiesto la fondazione di una congregazione, a cui ha affidato il compito di proclamare e chiedere la misericordia di Dio per il mondo intero. Un'analisi più profonda degli scritti di suor Faustina porta invece alla conclusione che non si tratta qui di una nuova congregazione, ma di un grande gruppo di apostolato nello spirito della devozione alla Divina Misericordia, apostoli che debbono svolgere i compiti prima menzionati nel momento attuale della storia della Chiesa e del mondo.
Bisogna sottolineare che Gesù neanche una volta ha usato la definizione "nuova congregazione". A suor Faustina diceva: "tu e le tue compagne", "tale congregazione" oppure "questa congregazione". Ha definito tuttavia in modo molto chiaro le sue richieste, riguardanti i compiti e lo spirito di quella comunità. "Unitamente alle tue compagne, dovrai impetrare la misericordia per voi stesse e per il mondo" (Q. I, p. 179) - ha detto Gesù. "Concilierai la terra col cielo, mitigherai la giusta collera di Dio" (Q. II, p. 8). Questa era la prima richiesta, mentre la seconda era: "Penetra nei Miei segreti e conoscerai l'abisso della Mia misericordia verso le creature e la mia bontà insondabile e questa farai conoscere al mondo" (Q. I, p. 180). Affinché‚ la misericordia divina possa essere conosciuta e diffusa efficacemente in tutto il mondo peccatore, Gesù desidera una particolare preghiera per i sacerdoti e i religiosi. "Affido alle tue cure due perle preziose per il Mio Cuore, che sono le anime dei sacerdoti e le anime dei religiosi; per loro pregherai in modo particolare; la loro forza dipenderà dal vostro annientamento" (Q. II, p. 212). Gesù ha definito invece lo spirito di questa comunità in modo molto breve, dicendo: "La vostra vita deve essere modellata su di Me, dalla mangiatoia alla morte in croce" (Q. I, p. 180).
Suor Faustina inizialmente credeva che si trattasse di una nuova congregazione, che invocasse la misericordia di Dio per il mondo, proclamasse l'infinita bontà di Dio e vivesse radicalmente il Vangelo, imitando Cristo "dalla mangiatoia alla croce". Man mano che passava il tempo però e con nuove esperienze e illuminazioni divine, ha capito che non si tratta solo di una congregazione contemplativa, che lei stessa voleva fondare e per la quale ha perfino tracciato una regola, ma anche di una congregazione attiva, maschile e femminile e di un ampio gruppo di persone nel mondo.
Il 27 giugno 1938 ha scritto nel Diario: "Il Signore mi ha fatto conoscere la sua volontà quasi in tre sfumature, pur essendo una cosa sola" (Q. III, p. 393). Così dunque questa "nuova congregazione" possiede come "tre forme".
La prima è costituita dalle "anime isolate dal mondo/ che/ arderanno come vittime davanti al trono di Dio ed impetreranno la misericordia per il mondo intero... Ed imploreranno benedizioni per i sacerdoti e con la loro preghiera prepareranno il mondo per la venuta finale di Gesù" (Q. III, p. 393).
La seconda "sfumatura" sono le congregazioni che uniscono la preghiera agli atti di misericordia. "In modo particolare proteggeranno dal male le anime dei bambini (...) si impegneranno a risvegliare l'amore e la misericordia di Gesù nel mondo pieno di egoismo" (Q. III, p. 393).
La terza "sfumatura" deve essere costituita dalle persone che vivono fuori dai conventi. A questo gruppo "possono appartenere tutte le persone che vivono nel mondo", che pregheranno e compiranno azioni di misericordia, almeno una al giorno. Pur non essendo "vincolati da alcun voto", tuttavia "parteciperanno a tutti i meriti e privilegi della comunità" (Q. III, p. 393).
Come si deduce dalla descrizione di suor Faustina, non si tratta di una congregazione in senso stretto, ma di una unica grande comunità di persone, di varie condizioni e vocazioni, che sono unite dal mistero della Divina Misericordia. E' una comunità di persone, che attraverso la pratica della devozione alla Misericordia divina vive con lo spirito evangelico di fiducia e di misericordia e cerca di realizzare i compiti che Gesù ha affidato a suor Faustina: invocare la misericordia di Dio per il mondo e proclamare in modo particolare questo mistero di fede al mondo intero.
Gli stessi compiti - professare e proclamare la misericordia di Dio al mondo smarrito, fare opere di misericordia e invocare la pietà di Dio sull'umanità - sono stati affidati dal Santo Padre Giovanni Paolo II a tutta la Chiesa. Del resto la Chiesa ha vissuto questo spirito nei primi secoli della cristianità, di cui ci parlano gli scritti dei Padri della Chiesa.
Oggi viviamo in un'epoca di decadimento di molti valori fondamentali non solo cristiani, ma "semplicemente della morale umana, della cultura morale". Da qui nasce l'invocazione alla misericordia di Dio e la proclamazione di questa verità di fede sembra una condizione indiscutibile per la rinascita dell'umanità e della pace nel mondo. "Per quanto forte possa essere la resistenza della storia umana, per quanto marcata l'eterogeneità della civiltà contemporanea, per quanto grande la negazione di Dio nel mondo umano, tuttavia tanto più grande deve essere la vicinanza a quel mistero che nascosto da secoli in Dio, è poi stato realmente partecipato nel tempo all'uomo mediante Gesù Cristo" (Dives in misericordia, 15).
Al centro della grande comunità di devoti e di apostoli della Divina Misericordia c'è la figura di suor Faustina. Ella, in modo perfetto, ha realizzato nella sua vita lo spirito e i compiti che Gesù ha posto davanti a lei e alla "nuova congregazione". I tentativi di fondare la "nuova congregazione" erano per lei esperienza della "notte mistica". Grazie ad essa suor Faustina ha raggiunto le vette della mistica ed è diventata un modello visibile della via alla santità e dell'apostolato per tutti coloro che sono attratti dal mistero di Dio e dal desiderio di rendere felici gli altri.
In Polonia e oltre i suoi confini molti sacerdoti, molte congregazioni religiose e persone laiche si sono unite in diversi modi a questa grande comunità di devoti e apostoli della Misericordia di Dio. Sono sorti e continuano a nascere nuovi istituti di vita consacrata, che si dedicano a tale scopo, gruppi di preghiera e quelli che all'orazione uniscono l'attività caritativa, vivendo nel mondo. Ci sono pure molte persone che non appartengono ad alcun gruppo, ma vivono lo spirito della devozione alla Divina Misericordia e in questo modo appartengono a quella grande comunità di devoti e apostoli della Divina Misericordia.
Speriamo che le persone coinvolte in questa opera siano sempre più numerose, poiché‚ il mondo ha bisogno di vivi testimoni di Dio e di mani unite nella preghiera per impetrare la misericordia, perché‚ - come ha detto Gesù a suor Faustina - "l'umanità non troverà pace, finché‚ non si rivolgerà con fiducia alla Mia misericordia" (Q. I, p. 132).

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Santa Faustina Kowalska e il Dio della Misericordia

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Tratti

Don I. Rozycki parlando delle forme di devozione alla Divina Misericordia trasmesse attraverso suor Faustina, elenca:
Venerazione dell'immagine di Gesù Misericordioso;
la Festa della Misericordia;
la Coroncina alla Divina Misericordia;
l'Ora della Misericordia;
la Diffusione del Culto della Divina Misericordia;
L'Apostolato della Divina Misericordia.
Sono evidenziate queste e non altre preghiere e pratiche religiose, in quanto ad esse sono legate promesse speciali, che si riferiscono a tutti, non solo alla stessa suor Faustina, come in caso dell'atto: "O Sangue e Acqua..." o della novena.
"Ogni atto di venerazione della Divina Misericordia deve essere un'espressione di fiducia e deve essere legato alla pratica della misericordia verso il prossimo, se al devoto della Misericordia deve assicurare tutti quei benefici che Gesù ha legato a tale devozione" (R., p. 19).

Venerazione dell'immagine di Gesù Misericordioso

Il disegno essenziale di questo quadro è stato mostrato a suor Faustina nella visione del 22 febbraio 1931 nella cella del convento di Płock. "La sera, stando nella mia cella - scrive suor Faustina - vidi il Signore Gesù vestito di una veste bianca: una mano alzata per benedire mentre l'altra toccava sul petto la veste, che ivi leggermente scostata lasciava uscire due grandi raggi, rosso l'uno e l'altro pallido (...) Dopo un istante, Gesù mi disse, Dipingi un'immagine secondo il modello che vedi, con sotto scritto: Gesù confido in Te" (Q. I, p. 26). Tre anni dopo a Vilnius Gesù ha spiegato il significato dei raggi: "I due raggi rappresentano il Sangue e l'Acqua" (Q. I, p. 132). Non si tratta qui di un qualche effetto artistico, ma di una simbologia del quadro estremamente profonda.
Agli elementi essenziali del quadro appartengono le parole poste in basso: "Gesù, confido in Te". Gesù parlava di ciò già durante la prima apparizione a P*ock e poi a Vilnius: "Gesù mi ricordò (...) che queste tre parole dovevano essere messe in evidenza" (Q. I, p. 138). Non si tratta qui del numero delle parole, ma del loro senso integralmente legato al disegno e al contenuto del quadro.
Gesù ha definito un altro particolare di questo quadro, ha detto infatti: "Il Mio sguardo da questa immagine è tale e quale al Mio sguardo dalla croce" (Q. I, p. 140). La questione dello sguardo non è dunque senza importanza, se lo stesso Gesù mette l'accento su di essa, dando un significato a questo particolare. E qui incontriamo una doppia interpretazione di questo desiderio di Gesù: alcuni - e tra loro don Sopocko - leggono queste parole in modo realistico e dicono che lo sguardo deve essere diretto in basso come dall'alto della croce; altri credono, che si tratti dello sguardo che esprime la misericordia (tra loro padre J. Andrasz, il secondo direttore spirituale di suor Faustina). A seconda di questa interpretazione sono sorte - si può dire - due "scuole" di rappresentazione dell'immagine del Gesù Misericordioso: una ha il suo modello nel dipinto di E. Kazimirowski, mentre la seconda nel dipinto di A. Hyla, del santuario della Divina Misericordia a Cracovia.
Senza significato invece sembra essere la questione dell'altezza della mano destra. Don M. Sopocko credeva che la mano dovesse essere alzata solo all'altezza della spalla. Nel Diario invece troviamo solo questo: "La mano destra è alzata per benedire". E' la cosa più importante, mentre invece se la mano è alzata all'altezza della spalla oppure più in alto, non ha alcun significato per il contenuto del quadro.
Quale è il significato di questo quadro?
Il cosiddetto "luogo teologico" è stato indicato dallo stesso Gesù, legando la benedizione del quadro e la sua pubblica venerazione alla liturgia della prima domenica dopo Pasqua. La Chiesa legge in quel giorno il Vangelo sull'apparizione di Gesù risorto nel Cenacolo e sull'istituzione del sacramento della penitenza (Gv 20, 19-29).
A questa scena del Cenacolo si sovrappone l'avvenimento del Venerdì Santo: la crocifissione e la trafittura del Cuore di Gesù con la lancia. "Entrambi i raggi uscirono dall'intimo della Mia misericordia, quando sulla croce il Mio Cuore, già in agonia, venne squarciato con la lancia" (Q. I, p. 132). Di questo scrive san Giovanni nel 19ø capitolo del Vangelo. Gesù ha spiegato poi che "il raggio pallido rappresenta l'Acqua che giustifica le anime; il raggio rosso rappresenta il Sangue che è la vita delle anime" (Q. I, p. 132). San Tommaso, riferendosi ai Padri della Chiesa, unisce la simbologia dell'acqua e del Sangue con il sacramento del battesimo e con l'Eucarestia, cosa che può essere riferita anche agli altri sacramenti. "Alla luce del Vangelo di Giovanni - scrive don I. Rozycki - l'acqua e il sangue (...) stanno a significare le grazie dello Spirito Santo, che ci sono state donate per la morte di Cristo. I due raggi rappresentati sul dipinto di Gesù Misericordioso possiedono questo stesso profondo significato" (R., p. 20).
L'immagine del Gesù Misericordioso spesso viene identificata come quella della Divina Misericordia e giustamente poiché‚ nella passione, morte e risurrezione di Cristo la misericordia di Dio verso l'uomo si è rivelata con totale pienezza.

In cosa consiste il culto dell'immagine della Divina Misericordia?
L'immagine occupa una posizione chiave in tutta la devozione alla Divina Misericordia, poiché‚ costituisce una visibile sintesi degli elementi essenziali di questa devozione: esso ricorda l'essenza del culto, l'infinita fiducia nel buon Dio e il dovere della carità misericordiosa verso il prossimo. Della fiducia parla chiaramente l'atto che si trova nella parte bassa del quadro: "Gesù, confido in Te". L'immagine che rappresenta la misericordia di Dio deve essere per chiara volontà di Gesù un segno che ricordi l'essenziale dovere cristiano, cioè l'attiva carità verso il prossimo. "Essa deve ricordare le esigenze della Mia misericordia, poiché‚ anche la fede più forte non serve a nulla senza le opere" (Q. II, p. 278). La venerazione del quadro dunque consiste nell'unione di una orazione fiduciosa con la pratica di atti di misericordia.
Le promesse legate alla venerazione dell'immagine.
Gesù ha definito con molta chiarezza tre promesse:
- "L'anima che venererà questa immagine, non perirà" (Q. I, p. 18): cioè ha promesso la salvezza eterna.
- "Prometto pure già su questa terra (...) la vittoria sui nemici" (Q. I, p. 18): si tratta dei nemici della salvezza e del raggiungimento di grandi progressi sulla via della perfezione cristiana.
- "Io stesso la difenderò come Mia propria gloria" nell'ora della morte (Q. I, p. 26): ha cioè promesso la grazia di una morte felice.

La generosità di Gesù non si limita a queste tre grazie particolari. Poiché‚ ha detto: "Porgo agli uomini il recipiente, col quale debbono venire ad attingere le grazie alla sorgente della misericordia" (Q. I, p. 141), non ha posto alcun limite n‚ al campo n‚ alla grandezza di queste grazie e dei benefici terreni, che ci si può aspettare, venerando con incrollabile fiducia l'immagine della Divina Misericordia.
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La storia del quadro
Il primo quadro della Divina Misericordia fu dipinto a Vilnius, nel 1934, dal pittore Eugenio Kazimirowski. Suor Faustina dette personalmente le indicazioni al pittore. Quando il quadro fu terminato, non ne rimase contenta e piangendo si lamentò con Gesù: "Chi Ti dipingerà così bello come sei?". In risposta sentì: "Non nella bellezza dei colori n‚ del pennello sta la grandezza di questa immagine, ma nella Mia grazia" (Q. I, p. 136).
Questo dipinto per la prima volta è stato mostrato in pubblico e ha avuto pubblica venerazione nel santuario della Madre della Misericordia a Ostra Brama il 26-28 aprile 1935.
Ha suscitato grande interesse tra i fedeli e le sue riproduzioni negli anni della II Guerra Mondiale sono state diffuse per iniziativa di don M. Sopocko. Oggi tale quadro è venerato nella chiesa di Santo Spirito a Vilnius.
In tutto il mondo è però famoso il quadro di Lagiewniki, a Cracovia, dipinto da Adolf Hyla. Il suo primo dipinto, offerto come ex-voto per la salvezza della famiglia durante la guerra, è stato benedetto il 7 marzo 1943 e da allora nel santuario di Cracovia hanno luogo pubbliche celebrazioni della Divina Misericordia. Il quadro tuttavia era troppo grande e non entrava sull'altare, dove veniva collocato durante le funzioni alla Divina Misericordia. Per questo motivo la superiora, madre Irena Krzyzanowska ordinò al pittore un secondo quadro, che per grandezza e forma entrasse all'interno dell'altare laterale. La Domenica in Albis, il 16 aprile 1944, per la prima volta solennemente celebrata in quella cappella in onore della Divina Misericordia, padre Jozef Andrasz S J benedisse il nuovo quadro dipinto da Adolf Hyla. Esso rappresentava Gesù Misericordioso sullo sfondo di un prato e di cespugli. Nel 1954 A. Hyla ha ridipinto lo sfondo del quadro con un colore scuro e sotto i piedi di Gesù ha dipinto un pavimento.
Anche se l'immagine del Gesù Misericordioso della cappella di Cracovia - Lagiewniki non era, storicamente parlando, il primo quadro, neanche nelle cappelle della congregazione, fu proprio esso ad essere famoso per le grazie, mentre le sue copie e riproduzioni sono state diffuse in tutto il mondo. Così doveva avverarsi il desiderio di Gesù, pronunciato già durante la prima apparizione a P*ock: "Desidero che questa immagine venga venerata prima nella vostra cappella, e poi nel mondo intero" (Q. I, p. 26).

La festa della Misericordia

E' la più importante di tutte le forme di devozione alla Divina Misericordia. Gesù parlò per la prima volta del desiderio di istituire questa festa a suor Faustina a P*ock nel 1931, quando le trasmetteva la sua volontà per quanto riguardava il quadro: "Io desidero che vi sia una festa della Misericordia. Voglio che l'immagine, che dipingerai con il pennello, venga solennemente benedetta nella prima domenica dopo Pasqua; questa domenica deve essere la festa della Misericordia" (Q. I, p. 27). Negli anni successivi - secondo gli studi di don I. Rozycki - Gesù è ritornato a fare questa richiesta addirittura in 14 apparizioni definendo con precisione il giorno della festa nel calendario liturgico della Chiesa, la causa e lo scopo della sua istituzione, il modo di prepararla e di celebrarla come pure le grazie ad essa legate.
La scelta della prima domenica dopo Pasqua ha un suo profondo senso teologico: indica lo stretto legame tra il mistero pasquale della Redenzione e la festa della Misericordia, cosa che ha notato anche suor Faustina: "Ora vedo che l'opera della Redenzione è collegata con l'opera della Misericordia richiesta dal Signore" (Q. I, p. 46). Questo legame è sottolineato ulteriormente dalla novena che precede la festa e che inizia il Venerdì Santo.
Gesù ha spiegato la ragione per cui ha chiesto l'istituzione della festa: "Le anime periscono, nonostante la Mia dolorosa Passione (...). Se non adoreranno la Mia misericordia, periranno per sempre" (Q. II, p. 345).
La preparazione alla festa deve essere una novena, che consiste nella recita, cominciando dal Venerdì Santo, della coroncina alla Divina Misericordia. Questa novena è stata desiderata da Gesù ed Egli ha detto a proposito di essa che "elargirà grazie di ogni genere" (Q. II, p. 294).
Per quanto riguarda il modo di celebrare la festa Gesù ha espresso due desideri:
- che il quadro della Misericordia sia quel giorno solennemente benedetto e pubblicamente, cioè liturgicamente, venerato;
- che i sacerdoti parlino alle anime di questa grande e insondabile misericordia Divina (Q. II, p. 227) e in tal modo risveglino nei fedeli la fiducia.
"Sì, - ha detto Gesù - la prima domenica dopo Pasqua è la festa della Misericordia, ma deve esserci anche l'azione ed esigo il culto della Mia misericordia con la solenne celebrazione di questa festa e col culto all'immagine che è stata dipinta" (Q. II, p. 278)
.
La grandezza di questa festa è dimostrata dalle promesse:
- "In quel giorno, chi si accosterà alla sorgente della vita questi conseguirà la remissione totale delle colpe e delle pene" (Q. I, p. 132) - ha detto Gesù. Una particolare grazia è legata alla Comunione ricevuta quel giorno in modo degno: "la remissione totale delle colpe e castighi". Questa grazia - spiega don I. Rozycki - "è qualcosa di decisamente più grande che la indulgenza plenaria. Quest'ultima consiste infatti solo nel rimettere le pene temporali, meritate per i peccati commessi (...). E' essenzialmente più grande anche delle grazie dei sei sacramenti, tranne il sacramento del battesimo, poiché‚ la remissione delle colpe e dei castighi è solo una grazia sacramentale del santo battesimo. Invece nelle promesse riportate Cristo ha legato la remissione dei peccati e dei castighi con la Comunione ricevuta nella festa della Misericordia, ossia da questo punto di vista l'ha innalzata al rango di "secondo battesimo". E' chiaro che la Comunione ricevuta nella festa della Misericordia deve essere non solo degna, ma anche adempiere alle fondamentali esigenze della devozione alla Divina Misericordia" (R., p. 25). La comunione deve essere ricevuta il giorno della festa della Misericordia, invece la confessione - come dice don I. Rozycki - può essere fatta prima (anche qualche giorno). L'importante è non avere alcun peccato.
Gesù non ha limitato la sua generosità solo a questa, anche se eccezionale, grazia. Infatti ha detto che "riverserà tutto un mare di grazie sulle anime che si avvicinano alla sorgente della Mia misericordia", poiché‚ "in quel giorno sono aperti tutti i canali attraverso i quali scorrono le grazie divine. Nessuna anima abbia paura di accostarsi a Me anche se i suoi peccati fossero come lo scarlatto" (Q. II, p. 267). Don I. Rozycki scrive che una incomparabile grandezza delle grazie legate a questa festa si manifesta in tre modi:
- tutte le persone, anche quelle che prima non nutrivano devozione alla Divina Misericordia e persino i peccatori che solo quel giorno si convertissero, possono partecipare alle grazie che Gesù ha preparato per la festa;
- Gesù vuole in quel giorno regalare agli uomini non solo le grazie salvificanti, ma anche benefici terreni - sia alle singole persone sia ad intere comunità;
- tutte le grazie e benefici sono in quel giorno accessibili per tutti, a patto che siano chieste con grande fiducia (R., p. 25-26).
Questa grande ricchezza di grazie e benefici non è stata da Cristo legata ad alcuna altra forma di devozione alla Divina Misericordia.

Numerosi sono stati gli sforzi di don M. Sopocko affinché‚ questa festa fosse istituita nella Chiesa. Egli non ne ha vissuto però l'introduzione. Dieci anni dopo la sua morte, il card. Franciszek Macharski con la Lettera Pastorale per la Quaresima (1985) ha introdotto la festa nella diocesi di Cracovia e seguendo il suo esempio, negli anni successivi, lo hanno fatto i vescovi di altre diocesi in Polonia.
Il culto della Divina Misericordia nella prima domenica dopo Pasqua nel santuario di Cracovia - Lagiewniki era già presente nel 1944. La partecipazione alle funzioni era così numerosa che la Congregazione ha ottenuto l'indulgenza plenaria, concessa nel 1951 per sette anni dal card. Adam Sapieha. Dalle pagine del Diario sappiamo che suor Faustina fu la prima a celebrare individualmente questa festa, con il permesso del confessore.

La coroncina alla Divina Misericordia

Questa preghiera era stata dettata a suor Faustina da Gesù
il 13 e il 14 settembre 1935 a Vilnius. Nella sua cella ha avuto la visione di un angelo, venuto a castigare la terra per i peccati. Quando ha visto questo segno dell'ira di Dio ha cominciato a chiedere all'angelo di attendere ancora poiché‚ il mondo avrebbe fatto penitenza. Quando però si è trovata al cospetto della Santissima Trinità non ha avuto il coraggio di ripetere la supplica. Solo quando nell'anima ha sentito la forza della grazia di Gesù ha cominciato a pregare con le parole che ha udito interiormente (erano le parole della coroncina alla Divina Misericordia) e allora ha visto che il castigo è stato allontanato dalla terra. Il mattino dopo, entrata in cappella, Gesù ancora una volta le ha insegnato con esattezza come bisogna recitare questa preghiera. (Q. I, p. 192 - Q. I, p. 193).
Don I. Rozycki spiegando il contenuto della coroncina dice che in essa offriamo a Dio Padre "il Corpo e il Sangue, l'Anima e la Divinità" di Gesù Cristo, Figlio di Dio, cioè la Sua Divina Persona e la Sua Umanità, non la stessa natura di Dio, che è comune al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo e come tale non può essere offerta a Dio Padre. Possiamo invece offrire tutta la Persona del Figlio di Dio Incarnato, poiché‚ Egli stesso "ha dato se stesso per noi quale offerta e sacrificio" (Ef 5,2).
Recitando la coroncina ci uniamo all'offerta di Gesù fatta sulla croce "in espiazione dei nostri peccati e di quelli del mondo intero". In essa offriamo a Dio Padre il Suo Amatissimo Figlio e dunque ci appelliamo al "motivo più forte per essere esauditi da Dio" (R., p. 27).
Sui grani dell'Ave Maria del Rosario ripetiamo: "Per la Sua dolorosa passione abbi misericordia di noi e del mondo intero", che significa - secondo lo spirito della devozione - appellarsi non tanto alla riparazione fatta da Cristo sulla croce, quanto alla Sua misericordia, che vuole offrirsi agli uomini.
La recita di questa preghiera è anche un atto di misericordia, poiché‚ in essa chiediamo "la misericordia per noi e per il mondo intero". Il pronome "noi" sta a significare, secondo la spiegazione di don I. Rozycki, la persona che recita la preghiera e coloro per i quali desidera o è obbligata a pregare. Invece "il mondo intero" - sono tutte le persone che vivono sulla terra e le anime che soffrono in purgatorio.
La formula della coroncina è destinata alla recita comunitaria o individuale, senza differenza, e perciò non bisogna cambiare n‚ le persone dei verbi n‚ aggiungere altre parole. La trasformazione invece delle parole nell'espressione: "mondo intero" a "tutto il mondo" è corretta, perché‚ in nulla cambia il testo della coroncina ed è più esatta nella lingua polacca.
Gesù ha legato alla recita di questa coroncina una promessa generale e promesse particolari:
- La promessa generale legata alla Coroncina è:
"Per la recita di questa coroncina Mi piace concedere tutto ciò che Mi chiederanno" (Q. V, p. 508). "Con essa - ha detto un' altra volta Gesù - otterrai tutto, se quello che chiedi è conforme alla Mia volontà" (Q. VI, p. 568). La volontà di Dio è espressione del Suo amore per l'uomo, dunque tutto ciò che è in disaccordo con essa o è un male o è dannoso e non può essere dispensato neanche da Padre migliore.
- Le promesse particolari legate alla Coroncina riguardano l'ora della morte:
"Chiunque la reciterà otterrà tanta misericordia nell'ora della morte. (...) Anche se si trattasse del peccatore più incallito se recita questa coroncina una volta sola, otterrà la grazia della Mia infinita misericordia" (Q. II, p. 263). Si tratta qui della grazia della conversione e di una morte nel timore di Dio e nello stato di grazia. La grandezza della promessa consiste nel fatto che condizione per ottenere la grazia è recitare almeno una volta tutta la coroncina così come Gesù l'ha chiesto con fiducia, umiltà e dolore per i peccati. La stessa grazia - di conversione e remissione dei peccati - sarà ricevuta dagli agonizzanti, se altri accanto al
Gesù ha fatto notare tre condizioni necessarie perché‚ le preghiere in quell'ora siano esaudite:
- la preghiera deve essere diretta a Gesù e dovrebbe aver luogo alle tre del pomeriggio;
- deve riferirsi ai meriti della Sua dolorosa passione.
"In quell'ora - dice Gesù - non rifiuterò nulla all'anima che Mi prega per la Mia Passione" (Q. IV, p. 440). Bisogna aggiungere ancora che l'intenzione della preghiera deve essere in accordo con la volontà di Dio, e la preghiera deve essere fiduciosa, costante e unita alla pratica della carità attiva verso il prossimo, condizione di ogni forma del culto della Divina Misericordia.

La recita della Coroncina deve essere così composta


All'inizio il Segno di Croce : Nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo
Segue:
Padre Nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la Tua Volontà come in celo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori e non c'indurre in tentazione ma, liberaci del male. Amen
Ave o Maria, piena di grazia, il Signore è con Te, Tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù. Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori adesso e nell'ora della nostra morte. Amen
Credo in Dio, Padre Onnipotente, Creatore del celo e della terra e in Gesù Cristo suo unico figlio il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto ponzio pilato, fu crocefisso, morì e fu sepolto. Discese agli inferi. Il terzo giorno risuscitò da morte, salì a celo e siede alla destra di Dio Padre Onnipotente, di là verrà a giudicare i vivi e i morti. Credo nello Spirito Santo, la Santa Chiesa Cattolica, la Comunione dei Santi, la Remissione dei peccati, la Resurrezione della carne e la Vita Eterna. Amen
sui grani del Padre Nostro o che sono comunque staccati dalla decina successiva si recita:
Eterno Padre, ti offro il Corpo, il Sangue, l'Anima e la Divinità del Tuo dilettissimo Figlio e Signore nostro Gesù Cristo in espiazione dei nostri peccati e di quelli del mondo intero.
sui grandi dell'ave maria si recita per dieci volte consecutivamente:
Per la sua dolorosa Passione, abbi misericordia di noi e del mondo intero.
dopo aver ripetuto la sequenza per 5 volte alla fine si recita per 3 volte consecutivamente:
Dio Santo, Dio Forte, Dio Immortale, abbi pietà di noi e del mondo intero
Si conclude la preghiera facendosi li segno della Croce: nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

L’ora della Misericordia

Nell’ottobre 1937 a Cracovia, in circostanze non meglio specificate da Suor Faustina, Gesù ha raccomandato di onorare l’ora della propria morte, che lui stesso ha chiamato "un’ora di grande misericordia per il mondo intero" (Q. IV pag. 440). "In quell’ora – ha detto successivamente – fu fatta grazia al mondo intero, la misericordia vinse la giustizia" (Q V, pag. 517).
Gesù ha insegnato a suor Faustina come celebrare l’ora della Misericordia e ha raccomandato di:
invocare la misericordia di Dio per tutto il mondo, soprattutto per i peccatori;
meditare la Sua passione, soprattutto l’abbandono nel momento dell’agonia e, in quel caso ha promesso la grazia della comprensione del suo valore.
Consigliava in modo particolare: "in quell’ora cerca di fare la Via Crucis, se i tuoi impegni lo permettono e se non puoi fare la Via crucis entra almeno per un momento in cappella ed onora il mio Cuore che nel SS.mo Sacramento è pieno di misericordia. E se non puoi andare in cappella, raccogliti in preghiera almeno per un breve momento là dove ti trovi" (Q V, pag. 517).

Gesù ha fatto notare tre condizioni necessarie perché le preghiere in quell’ora siano esaudite:
la preghiera deve essere diretta a Gesù e dovrebbe aver luogo alle tre del pomeriggio;
deve riferirsi ai meriti della Sua dolorosa passione.
"In quell’ora – dice Gesù – non rifiuterò nulla all’anima che Mi prega per la Mia Passione"
(Q IV, pag. 440). Bisogna aggiungere ancora che l’intenzione della preghiera deve essere in accordo con la Volontà di Dio, e la preghiera deve essere fiduciosa, costante e unita alla pratica della carità attiva verso il prossimo, condizione di ogni forma del Culto della Divina Misericordia

Diffusione del culto della Divina Misericordia

Parlando delle forme di devozione alla Divina Misericordia don I. Rozycki menziona anche la diffusione del culto della Misericordia, poiché‚ anche a questa forma sono legate promesse. A tutti promette protezione materna durante l'intera esistenza e "tutte le anime che adoreranno la Mia misericordia e ne diffonderanno il culto (...) queste anime nell'ora della morte non avranno paura. La Mia misericordia le proteggerà in quell'ultima lotta" (Q. V, p. 508).
A tutti sono dirette dunque due promesse:
- la prima riguarda la protezione materna in tutta la vita,
- la seconda riguarda l'ora della morte.

Un particolare invito Gesù rivolge ai sacerdoti assicurando che "i peccatori induriti si inteneriranno alle loro parole, quando essi parleranno della Mia sconfinata misericordia e della compassione che ho per loro nel Mio Cuore" (Q. V, p. 504).
Gesù non definisce - oltre all'omelia - altri modi di diffusione del culto della Misericordia, dunque essi possono essere intesi abbastanza largamente. Essere apostolo della Misericordia di Dio significa innanzitutto dare testimonianza di vita nello spirito di fiducia in Dio e di misericordia verso il prossimo. Tale esempio ci ha lasciato suor Faustina, esempio che attira gli altri alla fiducia totale in Dio infinitamente buono e onnipotente, e a fare atti di carità verso il prossimo.

L'Apostolato della Divina Misericordia

Nel Diario di suor Faustina si parla anche della questione della cosiddetta "nuova congregazione". Da una lettura superficiale degli appunti dell'Apostola della Divina Misericordia si potrebbe dedurre che Gesù le ha chiesto la fondazione di una congregazione, a cui ha affidato il compito di proclamare e chiedere la misericordia di Dio per il mondo intero. Un'analisi più profonda degli scritti di suor Faustina porta invece alla conclusione che non si tratta qui di una nuova congregazione, ma di un grande gruppo di apostolato nello spirito della devozione alla Divina Misericordia, apostoli che debbono svolgere i compiti prima menzionati nel momento attuale della storia della Chiesa e del mondo.
Bisogna sottolineare che Gesù neanche una volta ha usato la definizione "nuova congregazione". A suor Faustina diceva: "tu e le tue compagne", "tale congregazione" oppure "questa congregazione". Ha definito tuttavia in modo molto chiaro le sue richieste, riguardanti i compiti e lo spirito di quella comunità. "Unitamente alle tue compagne, dovrai impetrare la misericordia per voi stesse e per il mondo" (Q. I, p. 179) - ha detto Gesù. "Concilierai la terra col cielo, mitigherai la giusta collera di Dio" (Q. II, p. 8). Questa era la prima richiesta, mentre la seconda era: "Penetra nei Miei segreti e conoscerai l'abisso della Mia misericordia verso le creature e la mia bontà insondabile e questa farai conoscere al mondo" (Q. I, p. 180). Affinché‚ la misericordia divina possa essere conosciuta e diffusa efficacemente in tutto il mondo peccatore, Gesù desidera una particolare preghiera per i sacerdoti e i religiosi. "Affido alle tue cure due perle preziose per il Mio Cuore, che sono le anime dei sacerdoti e le anime dei religiosi; per loro pregherai in modo particolare; la loro forza dipenderà dal vostro annientamento" (Q. II, p. 212). Gesù ha definito invece lo spirito di questa comunità in modo molto breve, dicendo: "La vostra vita deve essere modellata su di Me, dalla mangiatoia alla morte in croce" (Q. I, p. 180).
Suor Faustina inizialmente credeva che si trattasse di una nuova congregazione, che invocasse la misericordia di Dio per il mondo, proclamasse l'infinita bontà di Dio e vivesse radicalmente il Vangelo, imitando Cristo "dalla mangiatoia alla croce". Man mano che passava il tempo però e con nuove esperienze e illuminazioni divine, ha capito che non si tratta solo di una congregazione contemplativa, che lei stessa voleva fondare e per la quale ha perfino tracciato una regola, ma anche di una congregazione attiva, maschile e femminile e di un ampio gruppo di persone nel mondo.
Il 27 giugno 1938 ha scritto nel Diario: "Il Signore mi ha fatto conoscere la sua volontà quasi in tre sfumature, pur essendo una cosa sola" (Q. III, p. 393). Così dunque questa "nuova congregazione" possiede come "tre forme".
La prima è costituita dalle "anime isolate dal mondo/ che/ arderanno come vittime davanti al trono di Dio ed impetreranno la misericordia per il mondo intero... Ed imploreranno benedizioni per i sacerdoti e con la loro preghiera prepareranno il mondo per la venuta finale di Gesù" (Q. III, p. 393).
La seconda "sfumatura" sono le congregazioni che uniscono la preghiera agli atti di misericordia. "In modo particolare proteggeranno dal male le anime dei bambini (...) si impegneranno a risvegliare l'amore e la misericordia di Gesù nel mondo pieno di egoismo" (Q. III, p. 393).
La terza "sfumatura" deve essere costituita dalle persone che vivono fuori dai conventi. A questo gruppo "possono appartenere tutte le persone che vivono nel mondo", che pregheranno e compiranno azioni di misericordia, almeno una al giorno. Pur non essendo "vincolati da alcun voto", tuttavia "parteciperanno a tutti i meriti e privilegi della comunità" (Q. III, p. 393).
Come si deduce dalla descrizione di suor Faustina, non si tratta di una congregazione in senso stretto, ma di una unica grande comunità di persone, di varie condizioni e vocazioni, che sono unite dal mistero della Divina Misericordia. E' una comunità di persone, che attraverso la pratica della devozione alla Misericordia divina vive con lo spirito evangelico di fiducia e di misericordia e cerca di realizzare i compiti che Gesù ha affidato a suor Faustina: invocare la misericordia di Dio per il mondo e proclamare in modo particolare questo mistero di fede al mondo intero.
Gli stessi compiti - professare e proclamare la misericordia di Dio al mondo smarrito, fare opere di misericordia e invocare la pietà di Dio sull'umanità - sono stati affidati dal Santo Padre Giovanni Paolo II a tutta la Chiesa. Del resto la Chiesa ha vissuto questo spirito nei primi secoli della cristianità, di cui ci parlano gli scritti dei Padri della Chiesa.
Oggi viviamo in un'epoca di decadimento di molti valori fondamentali non solo cristiani, ma "semplicemente della morale umana, della cultura morale". Da qui nasce l'invocazione alla misericordia di Dio e la proclamazione di questa verità di fede sembra una condizione indiscutibile per la rinascita dell'umanità e della pace nel mondo. "Per quanto forte possa essere la resistenza della storia umana, per quanto marcata l'eterogeneità della civiltà contemporanea, per quanto grande la negazione di Dio nel mondo umano, tuttavia tanto più grande deve essere la vicinanza a quel mistero che nascosto da secoli in Dio, è poi stato realmente partecipato nel tempo all'uomo mediante Gesù Cristo" (Dives in misericordia, 15).
Al centro della grande comunità di devoti e di apostoli della Divina Misericordia c'è la figura di suor Faustina. Ella, in modo perfetto, ha realizzato nella sua vita lo spirito e i compiti che Gesù ha posto davanti a lei e alla "nuova congregazione". I tentativi di fondare la "nuova congregazione" erano per lei esperienza della "notte mistica". Grazie ad essa suor Faustina ha raggiunto le vette della mistica ed è diventata un modello visibile della via alla santità e dell'apostolato per tutti coloro che sono attratti dal mistero di Dio e dal desiderio di rendere felici gli altri.
In Polonia e oltre i suoi confini molti sacerdoti, molte congregazioni religiose e persone laiche si sono unite in diversi modi a questa grande comunità di devoti e apostoli della Misericordia di Dio. Sono sorti e continuano a nascere nuovi istituti di vita consacrata, che si dedicano a tale scopo, gruppi di preghiera e quelli che all'orazione uniscono l'attività caritativa, vivendo nel mondo. Ci sono pure molte persone che non appartengono ad alcun gruppo, ma vivono lo spirito della devozione alla Divina Misericordia e in questo modo appartengono a quella grande comunità di devoti e apostoli della Divina Misericordia.
Speriamo che le persone coinvolte in questa opera siano sempre più numerose, poiché‚ il mondo ha bisogno di vivi testimoni di Dio e di mani unite nella preghiera per impetrare la misericordia, perché‚ - come ha detto Gesù a suor Faustina - "l'umanità non troverà pace, finché‚ non si rivolgerà con fiducia alla Mia misericordia" (Q. I, p. 132).

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Don I. Rozycki parlando delle forme di devozione alla Divina Misericordia trasmesse attraverso suor Faustina, elenca:
Venerazione dell'immagine di Gesù Misericordioso;
la Festa della Misericordia;
la Coroncina alla Divina Misericordia;
l'Ora della Misericordia;
la Diffusione del Culto della Divina Misericordia;
L'Apostolato della Divina Misericordia.
Sono evidenziate queste e non altre preghiere e pratiche religiose, in quanto ad esse sono legate promesse speciali, che si riferiscono a tutti, non solo alla stessa suor Faustina, come in caso dell'atto: "O Sangue e Acqua..." o della novena.
"Ogni atto di venerazione della Divina Misericordia deve essere un'espressione di fiducia e deve essere legato alla pratica della misericordia verso il prossimo, se al devoto della Misericordia deve assicurare tutti quei benefici che Gesù ha legato a tale devozione" (R., p. 19).

Venerazione dell'immagine di Gesù Misericordioso

Il disegno essenziale di questo quadro è stato mostrato a suor Faustina nella visione del 22 febbraio 1931 nella cella del convento di Płock. "La sera, stando nella mia cella - scrive suor Faustina - vidi il Signore Gesù vestito di una veste bianca: una mano alzata per benedire mentre l'altra toccava sul petto la veste, che ivi leggermente scostata lasciava uscire due grandi raggi, rosso l'uno e l'altro pallido (...) Dopo un istante, Gesù mi disse, Dipingi un'immagine secondo il modello che vedi, con sotto scritto: Gesù confido in Te" (Q. I, p. 26). Tre anni dopo a Vilnius Gesù ha spiegato il significato dei raggi: "I due raggi rappresentano il Sangue e l'Acqua" (Q. I, p. 132). Non si tratta qui di un qualche effetto artistico, ma di una simbologia del quadro estremamente profonda.
Agli elementi essenziali del quadro appartengono le parole poste in basso: "Gesù, confido in Te". Gesù parlava di ciò già durante la prima apparizione a P*ock e poi a Vilnius: "Gesù mi ricordò (...) che queste tre parole dovevano essere messe in evidenza" (Q. I, p. 138). Non si tratta qui del numero delle parole, ma del loro senso integralmente legato al disegno e al contenuto del quadro.
Gesù ha definito un altro particolare di questo quadro, ha detto infatti: "Il Mio sguardo da questa immagine è tale e quale al Mio sguardo dalla croce" (Q. I, p. 140). La questione dello sguardo non è dunque senza importanza, se lo stesso Gesù mette l'accento su di essa, dando un significato a questo particolare. E qui incontriamo una doppia interpretazione di questo desiderio di Gesù: alcuni - e tra loro don Sopocko - leggono queste parole in modo realistico e dicono che lo sguardo deve essere diretto in basso come dall'alto della croce; altri credono, che si tratti dello sguardo che esprime la misericordia (tra loro padre J. Andrasz, il secondo direttore spirituale di suor Faustina). A seconda di questa interpretazione sono sorte - si può dire - due "scuole" di rappresentazione dell'immagine del Gesù Misericordioso: una ha il suo modello nel dipinto di E. Kazimirowski, mentre la seconda nel dipinto di A. Hyla, del santuario della Divina Misericordia a Cracovia.
Senza significato invece sembra essere la questione dell'altezza della mano destra. Don M. Sopocko credeva che la mano dovesse essere alzata solo all'altezza della spalla. Nel Diario invece troviamo solo questo: "La mano destra è alzata per benedire". E' la cosa più importante, mentre invece se la mano è alzata all'altezza della spalla oppure più in alto, non ha alcun significato per il contenuto del quadro.
Quale è il significato di questo quadro?
Il cosiddetto "luogo teologico" è stato indicato dallo stesso Gesù, legando la benedizione del quadro e la sua pubblica venerazione alla liturgia della prima domenica dopo Pasqua. La Chiesa legge in quel giorno il Vangelo sull'apparizione di Gesù risorto nel Cenacolo e sull'istituzione del sacramento della penitenza (Gv 20, 19-29).
A questa scena del Cenacolo si sovrappone l'avvenimento del Venerdì Santo: la crocifissione e la trafittura del Cuore di Gesù con la lancia. "Entrambi i raggi uscirono dall'intimo della Mia misericordia, quando sulla croce il Mio Cuore, già in agonia, venne squarciato con la lancia" (Q. I, p. 132). Di questo scrive san Giovanni nel 19ø capitolo del Vangelo. Gesù ha spiegato poi che "il raggio pallido rappresenta l'Acqua che giustifica le anime; il raggio rosso rappresenta il Sangue che è la vita delle anime" (Q. I, p. 132). San Tommaso, riferendosi ai Padri della Chiesa, unisce la simbologia dell'acqua e del Sangue con il sacramento del battesimo e con l'Eucarestia, cosa che può essere riferita anche agli altri sacramenti. "Alla luce del Vangelo di Giovanni - scrive don I. Rozycki - l'acqua e il sangue (...) stanno a significare le grazie dello Spirito Santo, che ci sono state donate per la morte di Cristo. I due raggi rappresentati sul dipinto di Gesù Misericordioso possiedono questo stesso profondo significato" (R., p. 20).
L'immagine del Gesù Misericordioso spesso viene identificata come quella della Divina Misericordia e giustamente poiché‚ nella passione, morte e risurrezione di Cristo la misericordia di Dio verso l'uomo si è rivelata con totale pienezza.

In cosa consiste il culto dell'immagine della Divina Misericordia?
L'immagine occupa una posizione chiave in tutta la devozione alla Divina Misericordia, poiché‚ costituisce una visibile sintesi degli elementi essenziali di questa devozione: esso ricorda l'essenza del culto, l'infinita fiducia nel buon Dio e il dovere della carità misericordiosa verso il prossimo. Della fiducia parla chiaramente l'atto che si trova nella parte bassa del quadro: "Gesù, confido in Te". L'immagine che rappresenta la misericordia di Dio deve essere per chiara volontà di Gesù un segno che ricordi l'essenziale dovere cristiano, cioè l'attiva carità verso il prossimo. "Essa deve ricordare le esigenze della Mia misericordia, poiché‚ anche la fede più forte non serve a nulla senza le opere" (Q. II, p. 278). La venerazione del quadro dunque consiste nell'unione di una orazione fiduciosa con la pratica di atti di misericordia.
Le promesse legate alla venerazione dell'immagine.
Gesù ha definito con molta chiarezza tre promesse:
- "L'anima che venererà questa immagine, non perirà" (Q. I, p. 18): cioè ha promesso la salvezza eterna.
- "Prometto pure già su questa terra (...) la vittoria sui nemici" (Q. I, p. 18): si tratta dei nemici della salvezza e del raggiungimento di grandi progressi sulla via della perfezione cristiana.
- "Io stesso la difenderò come Mia propria gloria" nell'ora della morte (Q. I, p. 26): ha cioè promesso la grazia di una morte felice.

La generosità di Gesù non si limita a queste tre grazie particolari. Poiché‚ ha detto: "Porgo agli uomini il recipiente, col quale debbono venire ad attingere le grazie alla sorgente della misericordia" (Q. I, p. 141), non ha posto alcun limite n‚ al campo n‚ alla grandezza di queste grazie e dei benefici terreni, che ci si può aspettare, venerando con incrollabile fiducia l'immagine della Divina Misericordia.
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La storia del quadro
Il primo quadro della Divina Misericordia fu dipinto a Vilnius, nel 1934, dal pittore Eugenio Kazimirowski. Suor Faustina dette personalmente le indicazioni al pittore. Quando il quadro fu terminato, non ne rimase contenta e piangendo si lamentò con Gesù: "Chi Ti dipingerà così bello come sei?". In risposta sentì: "Non nella bellezza dei colori n‚ del pennello sta la grandezza di questa immagine, ma nella Mia grazia" (Q. I, p. 136).
Questo dipinto per la prima volta è stato mostrato in pubblico e ha avuto pubblica venerazione nel santuario della Madre della Misericordia a Ostra Brama il 26-28 aprile 1935.
Ha suscitato grande interesse tra i fedeli e le sue riproduzioni negli anni della II Guerra Mondiale sono state diffuse per iniziativa di don M. Sopocko. Oggi tale quadro è venerato nella chiesa di Santo Spirito a Vilnius.
In tutto il mondo è però famoso il quadro di Lagiewniki, a Cracovia, dipinto da Adolf Hyla. Il suo primo dipinto, offerto come ex-voto per la salvezza della famiglia durante la guerra, è stato benedetto il 7 marzo 1943 e da allora nel santuario di Cracovia hanno luogo pubbliche celebrazioni della Divina Misericordia. Il quadro tuttavia era troppo grande e non entrava sull'altare, dove veniva collocato durante le funzioni alla Divina Misericordia. Per questo motivo la superiora, madre Irena Krzyzanowska ordinò al pittore un secondo quadro, che per grandezza e forma entrasse all'interno dell'altare laterale. La Domenica in Albis, il 16 aprile 1944, per la prima volta solennemente celebrata in quella cappella in onore della Divina Misericordia, padre Jozef Andrasz S J benedisse il nuovo quadro dipinto da Adolf Hyla. Esso rappresentava Gesù Misericordioso sullo sfondo di un prato e di cespugli. Nel 1954 A. Hyla ha ridipinto lo sfondo del quadro con un colore scuro e sotto i piedi di Gesù ha dipinto un pavimento.
Anche se l'immagine del Gesù Misericordioso della cappella di Cracovia - Lagiewniki non era, storicamente parlando, il primo quadro, neanche nelle cappelle della congregazione, fu proprio esso ad essere famoso per le grazie, mentre le sue copie e riproduzioni sono state diffuse in tutto il mondo. Così doveva avverarsi il desiderio di Gesù, pronunciato già durante la prima apparizione a P*ock: "Desidero che questa immagine venga venerata prima nella vostra cappella, e poi nel mondo intero" (Q. I, p. 26).

La festa della Misericordia

E' la più importante di tutte le forme di devozione alla Divina Misericordia. Gesù parlò per la prima volta del desiderio di istituire questa festa a suor Faustina a P*ock nel 1931, quando le trasmetteva la sua volontà per quanto riguardava il quadro: "Io desidero che vi sia una festa della Misericordia. Voglio che l'immagine, che dipingerai con il pennello, venga solennemente benedetta nella prima domenica dopo Pasqua; questa domenica deve essere la festa della Misericordia" (Q. I, p. 27). Negli anni successivi - secondo gli studi di don I. Rozycki - Gesù è ritornato a fare questa richiesta addirittura in 14 apparizioni definendo con precisione il giorno della festa nel calendario liturgico della Chiesa, la causa e lo scopo della sua istituzione, il modo di prepararla e di celebrarla come pure le grazie ad essa legate.
La scelta della prima domenica dopo Pasqua ha un suo profondo senso teologico: indica lo stretto legame tra il mistero pasquale della Redenzione e la festa della Misericordia, cosa che ha notato anche suor Faustina: "Ora vedo che l'opera della Redenzione è collegata con l'opera della Misericordia richiesta dal Signore" (Q. I, p. 46). Questo legame è sottolineato ulteriormente dalla novena che precede la festa e che inizia il Venerdì Santo.
Gesù ha spiegato la ragione per cui ha chiesto l'istituzione della festa: "Le anime periscono, nonostante la Mia dolorosa Passione (...). Se non adoreranno la Mia misericordia, periranno per sempre" (Q. II, p. 345).
La preparazione alla festa deve essere una novena, che consiste nella recita, cominciando dal Venerdì Santo, della coroncina alla Divina Misericordia. Questa novena è stata desiderata da Gesù ed Egli ha detto a proposito di essa che "elargirà grazie di ogni genere" (Q. II, p. 294).
Per quanto riguarda il modo di celebrare la festa Gesù ha espresso due desideri:
- che il quadro della Misericordia sia quel giorno solennemente benedetto e pubblicamente, cioè liturgicamente, venerato;
- che i sacerdoti parlino alle anime di questa grande e insondabile misericordia Divina (Q. II, p. 227) e in tal modo risveglino nei fedeli la fiducia.
"Sì, - ha detto Gesù - la prima domenica dopo Pasqua è la festa della Misericordia, ma deve esserci anche l'azione ed esigo il culto della Mia misericordia con la solenne celebrazione di questa festa e col culto all'immagine che è stata dipinta" (Q. II, p. 278)
.
La grandezza di questa festa è dimostrata dalle promesse:
- "In quel giorno, chi si accosterà alla sorgente della vita questi conseguirà la remissione totale delle colpe e delle pene" (Q. I, p. 132) - ha detto Gesù. Una particolare grazia è legata alla Comunione ricevuta quel giorno in modo degno: "la remissione totale delle colpe e castighi". Questa grazia - spiega don I. Rozycki - "è qualcosa di decisamente più grande che la indulgenza plenaria. Quest'ultima consiste infatti solo nel rimettere le pene temporali, meritate per i peccati commessi (...). E' essenzialmente più grande anche delle grazie dei sei sacramenti, tranne il sacramento del battesimo, poiché‚ la remissione delle colpe e dei castighi è solo una grazia sacramentale del santo battesimo. Invece nelle promesse riportate Cristo ha legato la remissione dei peccati e dei castighi con la Comunione ricevuta nella festa della Misericordia, ossia da questo punto di vista l'ha innalzata al rango di "secondo battesimo". E' chiaro che la Comunione ricevuta nella festa della Misericordia deve essere non solo degna, ma anche adempiere alle fondamentali esigenze della devozione alla Divina Misericordia" (R., p. 25). La comunione deve essere ricevuta il giorno della festa della Misericordia, invece la confessione - come dice don I. Rozycki - può essere fatta prima (anche qualche giorno). L'importante è non avere alcun peccato.
Gesù non ha limitato la sua generosità solo a questa, anche se eccezionale, grazia. Infatti ha detto che "riverserà tutto un mare di grazie sulle anime che si avvicinano alla sorgente della Mia misericordia", poiché‚ "in quel giorno sono aperti tutti i canali attraverso i quali scorrono le grazie divine. Nessuna anima abbia paura di accostarsi a Me anche se i suoi peccati fossero come lo scarlatto" (Q. II, p. 267). Don I. Rozycki scrive che una incomparabile grandezza delle grazie legate a questa festa si manifesta in tre modi:
- tutte le persone, anche quelle che prima non nutrivano devozione alla Divina Misericordia e persino i peccatori che solo quel giorno si convertissero, possono partecipare alle grazie che Gesù ha preparato per la festa;
- Gesù vuole in quel giorno regalare agli uomini non solo le grazie salvificanti, ma anche benefici terreni - sia alle singole persone sia ad intere comunità;
- tutte le grazie e benefici sono in quel giorno accessibili per tutti, a patto che siano chieste con grande fiducia (R., p. 25-26).
Questa grande ricchezza di grazie e benefici non è stata da Cristo legata ad alcuna altra forma di devozione alla Divina Misericordia.

Numerosi sono stati gli sforzi di don M. Sopocko affinché‚ questa festa fosse istituita nella Chiesa. Egli non ne ha vissuto però l'introduzione. Dieci anni dopo la sua morte, il card. Franciszek Macharski con la Lettera Pastorale per la Quaresima (1985) ha introdotto la festa nella diocesi di Cracovia e seguendo il suo esempio, negli anni successivi, lo hanno fatto i vescovi di altre diocesi in Polonia.
Il culto della Divina Misericordia nella prima domenica dopo Pasqua nel santuario di Cracovia - Lagiewniki era già presente nel 1944. La partecipazione alle funzioni era così numerosa che la Congregazione ha ottenuto l'indulgenza plenaria, concessa nel 1951 per sette anni dal card. Adam Sapieha. Dalle pagine del Diario sappiamo che suor Faustina fu la prima a celebrare individualmente questa festa, con il permesso del confessore.

La coroncina alla Divina Misericordia

Questa preghiera era stata dettata a suor Faustina da Gesù
il 13 e il 14 settembre 1935 a Vilnius. Nella sua cella ha avuto la visione di un angelo, venuto a castigare la terra per i peccati. Quando ha visto questo segno dell'ira di Dio ha cominciato a chiedere all'angelo di attendere ancora poiché‚ il mondo avrebbe fatto penitenza. Quando però si è trovata al cospetto della Santissima Trinità non ha avuto il coraggio di ripetere la supplica. Solo quando nell'anima ha sentito la forza della grazia di Gesù ha cominciato a pregare con le parole che ha udito interiormente (erano le parole della coroncina alla Divina Misericordia) e allora ha visto che il castigo è stato allontanato dalla terra. Il mattino dopo, entrata in cappella, Gesù ancora una volta le ha insegnato con esattezza come bisogna recitare questa preghiera. (Q. I, p. 192 - Q. I, p. 193).
Don I. Rozycki spiegando il contenuto della coroncina dice che in essa offriamo a Dio Padre "il Corpo e il Sangue, l'Anima e la Divinità" di Gesù Cristo, Figlio di Dio, cioè la Sua Divina Persona e la Sua Umanità, non la stessa natura di Dio, che è comune al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo e come tale non può essere offerta a Dio Padre. Possiamo invece offrire tutta la Persona del Figlio di Dio Incarnato, poiché‚ Egli stesso "ha dato se stesso per noi quale offerta e sacrificio" (Ef 5,2).
Recitando la coroncina ci uniamo all'offerta di Gesù fatta sulla croce "in espiazione dei nostri peccati e di quelli del mondo intero". In essa offriamo a Dio Padre il Suo Amatissimo Figlio e dunque ci appelliamo al "motivo più forte per essere esauditi da Dio" (R., p. 27).
Sui grani dell'Ave Maria del Rosario ripetiamo: "Per la Sua dolorosa passione abbi misericordia di noi e del mondo intero", che significa - secondo lo spirito della devozione - appellarsi non tanto alla riparazione fatta da Cristo sulla croce, quanto alla Sua misericordia, che vuole offrirsi agli uomini.
La recita di questa preghiera è anche un atto di misericordia, poiché‚ in essa chiediamo "la misericordia per noi e per il mondo intero". Il pronome "noi" sta a significare, secondo la spiegazione di don I. Rozycki, la persona che recita la preghiera e coloro per i quali desidera o è obbligata a pregare. Invece "il mondo intero" - sono tutte le persone che vivono sulla terra e le anime che soffrono in purgatorio.
La formula della coroncina è destinata alla recita comunitaria o individuale, senza differenza, e perciò non bisogna cambiare n‚ le persone dei verbi n‚ aggiungere altre parole. La trasformazione invece delle parole nell'espressione: "mondo intero" a "tutto il mondo" è corretta, perché‚ in nulla cambia il testo della coroncina ed è più esatta nella lingua polacca.
Gesù ha legato alla recita di questa coroncina una promessa generale e promesse particolari:
- La promessa generale legata alla Coroncina è:
"Per la recita di questa coroncina Mi piace concedere tutto ciò che Mi chiederanno" (Q. V, p. 508). "Con essa - ha detto un' altra volta Gesù - otterrai tutto, se quello che chiedi è conforme alla Mia volontà" (Q. VI, p. 568). La volontà di Dio è espressione del Suo amore per l'uomo, dunque tutto ciò che è in disaccordo con essa o è un male o è dannoso e non può essere dispensato neanche da Padre migliore.
- Le promesse particolari legate alla Coroncina riguardano l'ora della morte:
"Chiunque la reciterà otterrà tanta misericordia nell'ora della morte. (...) Anche se si trattasse del peccatore più incallito se recita questa coroncina una volta sola, otterrà la grazia della Mia infinita misericordia" (Q. II, p. 263). Si tratta qui della grazia della conversione e di una morte nel timore di Dio e nello stato di grazia. La grandezza della promessa consiste nel fatto che condizione per ottenere la grazia è recitare almeno una volta tutta la coroncina così come Gesù l'ha chiesto con fiducia, umiltà e dolore per i peccati. La stessa grazia - di conversione e remissione dei peccati - sarà ricevuta dagli agonizzanti, se altri accanto al
Gesù ha fatto notare tre condizioni necessarie perché‚ le preghiere in quell'ora siano esaudite:
- la preghiera deve essere diretta a Gesù e dovrebbe aver luogo alle tre del pomeriggio;
- deve riferirsi ai meriti della Sua dolorosa passione.
"In quell'ora - dice Gesù - non rifiuterò nulla all'anima che Mi prega per la Mia Passione" (Q. IV, p. 440). Bisogna aggiungere ancora che l'intenzione della preghiera deve essere in accordo con la volontà di Dio, e la preghiera deve essere fiduciosa, costante e unita alla pratica della carità attiva verso il prossimo, condizione di ogni forma del culto della Divina Misericordia.

La recita della Coroncina deve essere così composta


All'inizio il Segno di Croce : Nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo
Segue:
Padre Nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la Tua Volontà come in celo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori e non c'indurre in tentazione ma, liberaci del male. Amen
Ave o Maria, piena di grazia, il Signore è con Te, Tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù. Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori adesso e nell'ora della nostra morte. Amen
Credo in Dio, Padre Onnipotente, Creatore del celo e della terra e in Gesù Cristo suo unico figlio il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto ponzio pilato, fu crocefisso, morì e fu sepolto. Discese agli inferi. Il terzo giorno risuscitò da morte, salì a celo e siede alla destra di Dio Padre Onnipotente, di là verrà a giudicare i vivi e i morti. Credo nello Spirito Santo, la Santa Chiesa Cattolica, la Comunione dei Santi, la Remissione dei peccati, la Resurrezione della carne e la Vita Eterna. Amen
sui grani del Padre Nostro o che sono comunque staccati dalla decina successiva si recita:
Eterno Padre, ti offro il Corpo, il Sangue, l'Anima e la Divinità del Tuo dilettissimo Figlio e Signore nostro Gesù Cristo in espiazione dei nostri peccati e di quelli del mondo intero.
sui grandi dell'ave maria si recita per dieci volte consecutivamente:
Per la sua dolorosa Passione, abbi misericordia di noi e del mondo intero.
dopo aver ripetuto la sequenza per 5 volte alla fine si recita per 3 volte consecutivamente:
Dio Santo, Dio Forte, Dio Immortale, abbi pietà di noi e del mondo intero
Si conclude la preghiera facendosi li segno della Croce: nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

L’ora della Misericordia

Nell’ottobre 1937 a Cracovia, in circostanze non meglio specificate da Suor Faustina, Gesù ha raccomandato di onorare l’ora della propria morte, che lui stesso ha chiamato "un’ora di grande misericordia per il mondo intero" (Q. IV pag. 440). "In quell’ora – ha detto successivamente – fu fatta grazia al mondo intero, la misericordia vinse la giustizia" (Q V, pag. 517).
Gesù ha insegnato a suor Faustina come celebrare l’ora della Misericordia e ha raccomandato di:
invocare la misericordia di Dio per tutto il mondo, soprattutto per i peccatori;
meditare la Sua passione, soprattutto l’abbandono nel momento dell’agonia e, in quel caso ha promesso la grazia della comprensione del suo valore.
Consigliava in modo particolare: "in quell’ora cerca di fare la Via Crucis, se i tuoi impegni lo permettono e se non puoi fare la Via crucis entra almeno per un momento in cappella ed onora il mio Cuore che nel SS.mo Sacramento è pieno di misericordia. E se non puoi andare in cappella, raccogliti in preghiera almeno per un breve momento là dove ti trovi" (Q V, pag. 517).

Gesù ha fatto notare tre condizioni necessarie perché le preghiere in quell’ora siano esaudite:
la preghiera deve essere diretta a Gesù e dovrebbe aver luogo alle tre del pomeriggio;
deve riferirsi ai meriti della Sua dolorosa passione.
"In quell’ora – dice Gesù – non rifiuterò nulla all’anima che Mi prega per la Mia Passione"
(Q IV, pag. 440). Bisogna aggiungere ancora che l’intenzione della preghiera deve essere in accordo con la Volontà di Dio, e la preghiera deve essere fiduciosa, costante e unita alla pratica della carità attiva verso il prossimo, condizione di ogni forma del Culto della Divina Misericordia

Diffusione del culto della Divina Misericordia

Parlando delle forme di devozione alla Divina Misericordia don I. Rozycki menziona anche la diffusione del culto della Misericordia, poiché‚ anche a questa forma sono legate promesse. A tutti promette protezione materna durante l'intera esistenza e "tutte le anime che adoreranno la Mia misericordia e ne diffonderanno il culto (...) queste anime nell'ora della morte non avranno paura. La Mia misericordia le proteggerà in quell'ultima lotta" (Q. V, p. 508).
A tutti sono dirette dunque due promesse:
- la prima riguarda la protezione materna in tutta la vita,
- la seconda riguarda l'ora della morte.

Un particolare invito Gesù rivolge ai sacerdoti assicurando che "i peccatori induriti si inteneriranno alle loro parole, quando essi parleranno della Mia sconfinata misericordia e della compassione che ho per loro nel Mio Cuore" (Q. V, p. 504).
Gesù non definisce - oltre all'omelia - altri modi di diffusione del culto della Misericordia, dunque essi possono essere intesi abbastanza largamente. Essere apostolo della Misericordia di Dio significa innanzitutto dare testimonianza di vita nello spirito di fiducia in Dio e di misericordia verso il prossimo. Tale esempio ci ha lasciato suor Faustina, esempio che attira gli altri alla fiducia totale in Dio infinitamente buono e onnipotente, e a fare atti di carità verso il prossimo.

L'Apostolato della Divina Misericordia

Nel Diario di suor Faustina si parla anche della questione della cosiddetta "nuova congregazione". Da una lettura superficiale degli appunti dell'Apostola della Divina Misericordia si potrebbe dedurre che Gesù le ha chiesto la fondazione di una congregazione, a cui ha affidato il compito di proclamare e chiedere la misericordia di Dio per il mondo intero. Un'analisi più profonda degli scritti di suor Faustina porta invece alla conclusione che non si tratta qui di una nuova congregazione, ma di un grande gruppo di apostolato nello spirito della devozione alla Divina Misericordia, apostoli che debbono svolgere i compiti prima menzionati nel momento attuale della storia della Chiesa e del mondo.
Bisogna sottolineare che Gesù neanche una volta ha usato la definizione "nuova congregazione". A suor Faustina diceva: "tu e le tue compagne", "tale congregazione" oppure "questa congregazione". Ha definito tuttavia in modo molto chiaro le sue richieste, riguardanti i compiti e lo spirito di quella comunità. "Unitamente alle tue compagne, dovrai impetrare la misericordia per voi stesse e per il mondo" (Q. I, p. 179) - ha detto Gesù. "Concilierai la terra col cielo, mitigherai la giusta collera di Dio" (Q. II, p. 8). Questa era la prima richiesta, mentre la seconda era: "Penetra nei Miei segreti e conoscerai l'abisso della Mia misericordia verso le creature e la mia bontà insondabile e questa farai conoscere al mondo" (Q. I, p. 180). Affinché‚ la misericordia divina possa essere conosciuta e diffusa efficacemente in tutto il mondo peccatore, Gesù desidera una particolare preghiera per i sacerdoti e i religiosi. "Affido alle tue cure due perle preziose per il Mio Cuore, che sono le anime dei sacerdoti e le anime dei religiosi; per loro pregherai in modo particolare; la loro forza dipenderà dal vostro annientamento" (Q. II, p. 212). Gesù ha definito invece lo spirito di questa comunità in modo molto breve, dicendo: "La vostra vita deve essere modellata su di Me, dalla mangiatoia alla morte in croce" (Q. I, p. 180).
Suor Faustina inizialmente credeva che si trattasse di una nuova congregazione, che invocasse la misericordia di Dio per il mondo, proclamasse l'infinita bontà di Dio e vivesse radicalmente il Vangelo, imitando Cristo "dalla mangiatoia alla croce". Man mano che passava il tempo però e con nuove esperienze e illuminazioni divine, ha capito che non si tratta solo di una congregazione contemplativa, che lei stessa voleva fondare e per la quale ha perfino tracciato una regola, ma anche di una congregazione attiva, maschile e femminile e di un ampio gruppo di persone nel mondo.
Il 27 giugno 1938 ha scritto nel Diario: "Il Signore mi ha fatto conoscere la sua volontà quasi in tre sfumature, pur essendo una cosa sola" (Q. III, p. 393). Così dunque questa "nuova congregazione" possiede come "tre forme".
La prima è costituita dalle "anime isolate dal mondo/ che/ arderanno come vittime davanti al trono di Dio ed impetreranno la misericordia per il mondo intero... Ed imploreranno benedizioni per i sacerdoti e con la loro preghiera prepareranno il mondo per la venuta finale di Gesù" (Q. III, p. 393).
La seconda "sfumatura" sono le congregazioni che uniscono la preghiera agli atti di misericordia. "In modo particolare proteggeranno dal male le anime dei bambini (...) si impegneranno a risvegliare l'amore e la misericordia di Gesù nel mondo pieno di egoismo" (Q. III, p. 393).
La terza "sfumatura" deve essere costituita dalle persone che vivono fuori dai conventi. A questo gruppo "possono appartenere tutte le persone che vivono nel mondo", che pregheranno e compiranno azioni di misericordia, almeno una al giorno. Pur non essendo "vincolati da alcun voto", tuttavia "parteciperanno a tutti i meriti e privilegi della comunità" (Q. III, p. 393).
Come si deduce dalla descrizione di suor Faustina, non si tratta di una congregazione in senso stretto, ma di una unica grande comunità di persone, di varie condizioni e vocazioni, che sono unite dal mistero della Divina Misericordia. E' una comunità di persone, che attraverso la pratica della devozione alla Misericordia divina vive con lo spirito evangelico di fiducia e di misericordia e cerca di realizzare i compiti che Gesù ha affidato a suor Faustina: invocare la misericordia di Dio per il mondo e proclamare in modo particolare questo mistero di fede al mondo intero.
Gli stessi compiti - professare e proclamare la misericordia di Dio al mondo smarrito, fare opere di misericordia e invocare la pietà di Dio sull'umanità - sono stati affidati dal Santo Padre Giovanni Paolo II a tutta la Chiesa. Del resto la Chiesa ha vissuto questo spirito nei primi secoli della cristianità, di cui ci parlano gli scritti dei Padri della Chiesa.
Oggi viviamo in un'epoca di decadimento di molti valori fondamentali non solo cristiani, ma "semplicemente della morale umana, della cultura morale". Da qui nasce l'invocazione alla misericordia di Dio e la proclamazione di questa verità di fede sembra una condizione indiscutibile per la rinascita dell'umanità e della pace nel mondo. "Per quanto forte possa essere la resistenza della storia umana, per quanto marcata l'eterogeneità della civiltà contemporanea, per quanto grande la negazione di Dio nel mondo umano, tuttavia tanto più grande deve essere la vicinanza a quel mistero che nascosto da secoli in Dio, è poi stato realmente partecipato nel tempo all'uomo mediante Gesù Cristo" (Dives in misericordia, 15).
Al centro della grande comunità di devoti e di apostoli della Divina Misericordia c'è la figura di suor Faustina. Ella, in modo perfetto, ha realizzato nella sua vita lo spirito e i compiti che Gesù ha posto davanti a lei e alla "nuova congregazione". I tentativi di fondare la "nuova congregazione" erano per lei esperienza della "notte mistica". Grazie ad essa suor Faustina ha raggiunto le vette della mistica ed è diventata un modello visibile della via alla santità e dell'apostolato per tutti coloro che sono attratti dal mistero di Dio e dal desiderio di rendere felici gli altri.
In Polonia e oltre i suoi confini molti sacerdoti, molte congregazioni religiose e persone laiche si sono unite in diversi modi a questa grande comunità di devoti e apostoli della Misericordia di Dio. Sono sorti e continuano a nascere nuovi istituti di vita consacrata, che si dedicano a tale scopo, gruppi di preghiera e quelli che all'orazione uniscono l'attività caritativa, vivendo nel mondo. Ci sono pure molte persone che non appartengono ad alcun gruppo, ma vivono lo spirito della devozione alla Divina Misericordia e in questo modo appartengono a quella grande comunità di devoti e apostoli della Divina Misericordia.
Speriamo che le persone coinvolte in questa opera siano sempre più numerose, poiché‚ il mondo ha bisogno di vivi testimoni di Dio e di mani unite nella preghiera per impetrare la misericordia, perché‚ - come ha detto Gesù a suor Faustina - "l'umanità non troverà pace, finché‚ non si rivolgerà con fiducia alla Mia misericordia" (Q. I, p. 132).

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Paul

RU486 TALKING : PARLA LEI, LA PILLOLINA

Anche in Italia, a Torino, in questi giorni, è morta purtroppo una donna dopo aver assunto la Ru486
LA REPUBBLICA, 14 APRILE 2014
Morta dopo la Ru486 a Torino, l'autopsia non chiarisce le cause
Sopralluogo del Nucleo antisofisticazioni dei carabinieri nella struttura dove mercoledì sera è deceduta Anna Maria, la donna di 37 anni che aveva appena assunto la Ru486. Polemica sul Methergin, un farmaco …Altro
Anche in Italia, a Torino, in questi giorni, è morta purtroppo una donna dopo aver assunto la Ru486

LA REPUBBLICA, 14 APRILE 2014
Morta dopo la Ru486 a Torino, l'autopsia non chiarisce le cause
Sopralluogo del Nucleo antisofisticazioni dei carabinieri nella struttura dove mercoledì sera è deceduta Anna Maria, la donna di 37 anni che aveva appena assunto la Ru486. Polemica sul Methergin, un farmaco somministratole ma che è in disuso. La Procura: omicidio colposo. Per conoscere le cause si dovrà attendere l'esito dei test tossicologici

Non ha portato a risultati evidenti l'autopsia sul corpo della donna di 37 anni morta dopo un aborto volontario tramite la pillola Ru486 disposta dalla Procura di Torino. Per scoprire l'eventuale causa della morte sarà dunque necessario attendere i risultati degli approfondimenti istologici e tossicologici, per cui saranno necessarie alcune settimane.

È durata cinque ore l'ispezione dei carabinieri del Nas nell'ospedale torinese Martini dove è morta Anna Maria, la donna di 37 anni che aveva abortito con la pillola Ru486. I militari sono stati inviati a sequestrare la documentazione clinica che riguarda questo caso e non hanno per ora ricevuto indicazione di procedere con l'analisi delle cartelle cliniche anche delle altre pazienti. L'inchiesta aperta in procura e coordinata dal pm Gianfranco Colace, ipotizza il reato di omicidio colposo ed è al momento senza indagati. Alla donna, come scritto da Repubblica, sarebbe stato somministrato, dopo la Ru486, un farmaco della Novartis che si chiama Methergin e che la casa farmaceutica aveva ritirato in alcuni Paesi dal 2011 e che invece in alcuni ospedali italiani è ancora utilizzato.

Da una prima ricostruzione sembra che, a parte la somministrazione del Methergin, il protocollo sia stato rispettato con attenzione. D'altra parte non esistono indicazioni precise e univoche su quali farmaci aggiuntivi possono essere dati dopo la Ru486 nel caso di perdite molto abbondanti come è successo alla donna poi deceduta. Quel giorno infatti sembra che Anna Maria avesse preso il medicinale che serve per espellere l'embrione e che avesse crampi addominali molto violenti e dolorosi. Solo a quel punto i medici avrebbero deciso di darle il Methergin, il farmaco che potrebbe avere scatenato la crisi che ha poi portato al decesso.

La donna, dopo la prima iniezione prevista dal protocollo, era rientrata a casa per poi tornare in ospedale mercoledì e ricevere la seconda dose di farmaci che provoca l'espulsione del feto. Poco dopo è avvenuta la somministrazione di Methergin, quindi la donna si è sentita male: prima ha accusato difficoltà a respirare, poi ha perso conoscenza. E' stata rianimata diverse volte fino alla morte avvenuta in serata, provocata con ogni probabilità da un'embolia polmonare. Proprio sull'uso del Methergin e più in generale sulle procedure legate all'aborto chimico si sono ora

accese le polemiche negli ambienti medici: manca un vero protocollo che, al di là dell'uso della Ru486, stabilisca in modo certo quali farmaci aggiuntivi vadano somministrati.
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Morta dopo aborto
Paul

RU486, the Pill Kill. Possiamo considerare la RU486 come un potente veleno per eliminare vite umane …

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Morta dopo la Ru486 a Torino, l'autopsia non chiarisce le cause
Sopralluogo del Nucleo antisofisticazioni dei carabinieri nella struttura dove mercoledì sera è deceduta Anna Maria, la donna di 37 anni che aveva appena assunto la Ru486. Polemica sul Methergin, un farmaco somministratole ma che è in disuso. La Procura: omicidio colposo. Per conoscere le cause si dovrà attendere l'esito dei test tossicologici

Non ha portato a risultati evidenti l'autopsia sul corpo della donna di 37 anni morta dopo un aborto volontario tramite la pillola Ru486 disposta dalla Procura di Torino. Per scoprire l'eventuale causa della morte sarà dunque necessario attendere i risultati degli approfondimenti istologici e tossicologici, per cui saranno necessarie alcune settimane.

È durata cinque ore l'ispezione dei carabinieri del Nas nell'ospedale torinese Martini dove è morta Anna Maria, la donna di 37 anni che aveva abortito con la pillola Ru486. I militari sono stati inviati a sequestrare la documentazione clinica che riguarda questo caso e non hanno per ora ricevuto indicazione di procedere con l'analisi delle cartelle cliniche anche delle altre pazienti. L'inchiesta aperta in procura e coordinata dal pm Gianfranco Colace, ipotizza il reato di omicidio colposo ed è al momento senza indagati. Alla donna, come scritto da Repubblica, sarebbe stato somministrato, dopo la Ru486, un farmaco della Novartis che si chiama Methergin e che la casa farmaceutica aveva ritirato in alcuni Paesi dal 2011 e che invece in alcuni ospedali italiani è ancora utilizzato.

Da una prima ricostruzione sembra che, a parte la somministrazione del Methergin, il protocollo sia stato rispettato con attenzione. D'altra parte non esistono indicazioni precise e univoche su quali farmaci aggiuntivi possono essere dati dopo la Ru486 nel caso di perdite molto abbondanti come è successo alla donna poi deceduta. Quel giorno infatti sembra che Anna Maria avesse preso il medicinale che serve per espellere l'embrione e che avesse crampi addominali molto violenti e dolorosi. Solo a quel punto i medici avrebbero deciso di darle il Methergin, il farmaco che potrebbe avere scatenato la crisi che ha poi portato al decesso.

La donna, dopo la prima iniezione prevista dal protocollo, era rientrata a casa per poi tornare in ospedale mercoledì e ricevere la seconda dose di farmaci che provoca l'espulsione del feto. Poco dopo è avvenuta la somministrazione di Methergin, quindi la donna si è sentita male: prima ha accusato difficoltà a respirare, poi ha perso conoscenza. E' stata rianimata diverse volte fino alla morte avvenuta in serata, provocata con ogni probabilità da un'embolia polmonare. Proprio sull'uso del Methergin e più in generale sulle procedure legate all'aborto chimico si sono ora

accese le polemiche negli ambienti medici: manca un vero protocollo che, al di là dell'uso della Ru486, stabilisca in modo certo quali farmaci aggiuntivi vadano somministrati.
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HOLLY PATTERSON, died after RU-486

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Sopralluogo del Nucleo antisofisticazioni dei carabinieri nella struttura dove mercoledì sera è deceduta Anna Maria, la donna di 37 anni che aveva appena assunto la Ru486. Polemica sul Methergin, un farmaco …Altro
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Morta dopo la Ru486 a Torino, l'autopsia non chiarisce le cause
Sopralluogo del Nucleo antisofisticazioni dei carabinieri nella struttura dove mercoledì sera è deceduta Anna Maria, la donna di 37 anni che aveva appena assunto la Ru486. Polemica sul Methergin, un farmaco somministratole ma che è in disuso. La Procura: omicidio colposo. Per conoscere le cause si dovrà attendere l'esito dei test tossicologici

Non ha portato a risultati evidenti l'autopsia sul corpo della donna di 37 anni morta dopo un aborto volontario tramite la pillola Ru486 disposta dalla Procura di Torino. Per scoprire l'eventuale causa della morte sarà dunque necessario attendere i risultati degli approfondimenti istologici e tossicologici, per cui saranno necessarie alcune settimane.

È durata cinque ore l'ispezione dei carabinieri del Nas nell'ospedale torinese Martini dove è morta Anna Maria, la donna di 37 anni che aveva abortito con la pillola Ru486. I militari sono stati inviati a sequestrare la documentazione clinica che riguarda questo caso e non hanno per ora ricevuto indicazione di procedere con l'analisi delle cartelle cliniche anche delle altre pazienti. L'inchiesta aperta in procura e coordinata dal pm Gianfranco Colace, ipotizza il reato di omicidio colposo ed è al momento senza indagati. Alla donna, come scritto da Repubblica, sarebbe stato somministrato, dopo la Ru486, un farmaco della Novartis che si chiama Methergin e che la casa farmaceutica aveva ritirato in alcuni Paesi dal 2011 e che invece in alcuni ospedali italiani è ancora utilizzato.

Da una prima ricostruzione sembra che, a parte la somministrazione del Methergin, il protocollo sia stato rispettato con attenzione. D'altra parte non esistono indicazioni precise e univoche su quali farmaci aggiuntivi possono essere dati dopo la Ru486 nel caso di perdite molto abbondanti come è successo alla donna poi deceduta. Quel giorno infatti sembra che Anna Maria avesse preso il medicinale che serve per espellere l'embrione e che avesse crampi addominali molto violenti e dolorosi. Solo a quel punto i medici avrebbero deciso di darle il Methergin, il farmaco che potrebbe avere scatenato la crisi che ha poi portato al decesso.

La donna, dopo la prima iniezione prevista dal protocollo, era rientrata a casa per poi tornare in ospedale mercoledì e ricevere la seconda dose di farmaci che provoca l'espulsione del feto. Poco dopo è avvenuta la somministrazione di Methergin, quindi la donna si è sentita male: prima ha accusato difficoltà a respirare, poi ha perso conoscenza. E' stata rianimata diverse volte fino alla morte avvenuta in serata, provocata con ogni probabilità da un'embolia polmonare. Proprio sull'uso del Methergin e più in generale sulle procedure legate all'aborto chimico si sono ora

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GENITORE 1 e GENITORE 2 ? CONSEGUENZE DELLA TEORIA DEL GENDER

FILOSOFIa , o meglio ideologia del GENDER
E' una teoria a largo respiro, che intende promuovere una nuova antropologia fondata essenzialmente in un artificio intellettuale che separa il sesso maschile e femminile ( dato biologico) dal genere, quale dato sociale e culturale. Mentre i sessi sarebbero due, dato naturale, il genere sarebbe indipendente da esso, per cui avremmo non più soltanto genere …Altro
FILOSOFIa , o meglio ideologia del GENDER
E' una teoria a largo respiro, che intende promuovere una nuova antropologia fondata essenzialmente in un artificio intellettuale che separa il sesso maschile e femminile ( dato biologico) dal genere, quale dato sociale e culturale. Mentre i sessi sarebbero due, dato naturale, il genere sarebbe indipendente da esso, per cui avremmo non più soltanto genere maschile e femminile, ma ben 23 generi a seconda delle diverse sensibilità delle persone, mutabile anche nel corso dell'esistenza.
Nella filosofia del GENDER o del genere,insomma, il sesso o meglio l'orientamento sessuale non è più un dato originario della natura che l’uomo deve accettare e riempire personalmente di senso, bensì un ruolo sociale del quale si decide autonomamente, mentre finora era la società a decidervi. I diversi orientamenti sessuali (lesbismo, omosessualità, transessualismo, ecc.) sarebbero “naturali varianti della sessualità umana”, a disposizione della scelta autonoma dell’individuo. Il genere sarebbe dunque la costruzione sociale o culturale del sesso, ovvero chiunque potrebbe determinare il proprio genere e modificarlo a suo piacimento (secondo la “Australian human rights commission”l’essere umano si distingue in ben ventitré generi: uomini, donne, omosessuali, bisessuali, transgender, trans, transessuali, intersex, androgini, agender, crossdresser, drag king, drag queen, genderfluid, genderqueer, intergender, neutrois, pansessuali, pan gender, third gender, third sex, sistergirl e brotherboy).
Dalla teoria del gender correttamente applicata alle legislazioni ( come accaduto negli USA ed in alcuni stati europei, come Germania, Francia Spagna, Inghilterra, derivano delle conseguenze pratiche, quali ad esempio la previzione dell'insegnamento di questa teoria nelle scuole, le leggi contro l'omofobia e le leggi per il matrimonio e l'adozione per coppie dello stesso sesso.
I tentativi delle organizzazioni internazionali di far scomparire vocaboli come madre e padre, in favore di definizioni prive di caratterizzazione sessuale, come ‘progetto parentale’ o ‘genitorialità’, e la stessa sostituzione delle parole uomo e donna con un termine neutro, ‘genere’, tendono ad annullare la differenza sessuale e la specificità dei ruoli di madre e padre”.
Insomma ci troviamo di fronte ad uno strumento ideologico volto a superare la naturale differenza uomo donna, maschio femmina, con un progetto planetario ben definito : quello di riconoscere ed aprire ad ogni tipo di unione tra due persone, indipendentemente dal sesso.
Tra i relatori avremo occasione di avere l'On. Eugenia Roccella, che, in un libro, ha messo a fuoco per la prima volta in modo diretto e documentato questo progetto che si risolve in una avversione anticattolica dell’ONU e dell’UE. Il titolo è esplicito: “Contro il cristianesimo. L’ONU e l’Unione Europea come nuova ideologia”. Le autrici sono Eugenia Roccella e Lucetta Scaraffia.
Nell’introduzione al volume, Roccella e Scaraffia individuano la radice della nuova ideologia nella
“separazione fra sessualità e procreazione”. Ne vedono lo sbocco “oltre i confini dell’aborto, nel ritorno
strisciante all’eugenetica”. E concludono:
“Più che di un modello di comportamento sessuale diverso, ma concettualmente analogo a quelli che
l’hanno preceduto nella storia, si tratta di una vera e propria utopia, perche si fonda sull’idea che gli esseri umani possano trovare la felicità nella realizzazione dei propri desideri sessuali, senza limiti morali, biologici, sociali e relazionali legati alla procreazione. Un’utopia che ha le sue radici nella rivoluzione sessuale occidentale degli anni Sessanta, e che risulta tuttora indiscussa anche se non sembra aver mantenuto le sue promesse. Un’utopia che ne riecheggia un’altra, di infausta memoria: che la selezione dei nuovi esseri umani possa creare un’umanità migliore, più sana, più bella.
“L’imposizione di questa utopia ai paesi del Terzo Mondo sembra costituire lo scopo principale dell’attività di molte organizzazioni internazionali, e condiziona aiuti finanziari e rapporti diplomatici.
“A questa si affianca, anzi, ne è il logico complemento, l’utopia irenica di chi crede che solo l’abolizione delle religioni – soprattutto quelle monoteiste – possa realizzare la fine dei conflitti per l’umanità. Si tratta di un pensiero così diffuso e così ben radicato che non si può facilmente mettere in discussione, soprattutto nelle sedi internazionali. E chi osa farlo, come la Chiesa cattolica, viene criticato, penalizzato e accusato di voler ostacolare la costruzione di un radioso futuro di armonia”.
* * *
Il libro è tutto da leggere. Basta qui richiamarne alcuni spunti di particolare interesse:
– l’indebolimento negli anni, attraverso successive varianti, della carta dei diritti universali del 1948, ove ad esempio l’originario diritto di “cambiare religione” si riduce ad “avere o adottare una religione” e infine, nel 1981, solo ad “avere una religione”;
– la tesi delle organizzazioni dell’ONU secondo cui la famiglia “rappresenta l’istituzione per eccellenza ove si definisce la subordinazione femminile” e quindi va combattuta e tendenzialmente smantellata;
– l’invenzione e la messa in opera su vasta scala della formula “salute riproduttiva”, secondo cui “il diritto alla vita è riservato solo alle donne, mentre una politica di severo contenimento demografico si oppone alla nascita dei figli”;
– la dettagliata ricostruzione del sostegno dato dall’ONU – e anche da esponenti cattolici – a “eventi e
organismi interreligiosi finalizzati a sostituire le religioni tradizionali con una religione unica, mondiale,basata sulla dichiarazione dei diritti dell’uomo”;
– la decisione della Santa Sede, annunciata nel 2000, di sospendere il proprio contributo finanziario
all’UNICEF, perché “trasformato da baluardo in difesa dei bambini e delle madri in ennesima agenzia per il controllo delle nascite”;
– i ripetuti attacchi della commissione sui diritti umani del parlamento europeo, nelle sue relazioni annuali, contro la Chiesa cattolica accusata di “fondamentalismo” in ogni campo, ma soprattutto in quello sessuale;
– l’intreccio strettissimo, fin dal primo Novecento, tra antinatalismo ed eugenetica, e la continuazione di quest’ultima sotto nuove vesti anche dopo il discredito ottenuto col nazismo;
– i casi esemplari di Iran, Cina, India, Bangladesh, dove la povertà e l’assenza di meccanismi democratici consolidati hanno reso le donne facili vittime di sperimentazione di contraccettivi rischiosi per la salute, di sterilizzazioni di massa e aborti forzati;
– il presupposto delle organizzazioni dell’ONU secondo cui l’offerta di aborto e contraccezione è, in
qualunque contesto, il primo elemento di emancipazione per le donne e il solo perseguito di fatto: come in Iran, dove i programmi per il controllo della fertilità hanno avuto grande successo ma le donne continuano a essere soggette all’oppressione maschile;
– l’impressionante contrasto tra l’impegno antinatalista profuso dalle organizzazioni internazionali nei paesi poveri e l’invarianza nell’ultimo decennio del numero delle donne morte per parto, più di mezzo milione l’anno.
Scrive a questo proposito Eugenia Roccella:
“I dati confermano come i cosiddetti servizi alla salute riproduttiva siano rivolti moltissimo alla prevenzione e interruzione delle gravidanze indesiderate, ma pochissimo alle cure per le gravidanze desiderate. Il modo principale con cui si intende ridurre la mortalità da parto è ridurre, semplicemente, il numero dei parti, e aumentare quello degli aborti”.
E ancora, a proposito dei linguaggi adottati in questo campo da ONU ed UE:
“Ad ogni appuntamento internazionale si apre una lotta terminologica che a un osservatore estraneo
potrebbe apparire incomprensibile. Ma dietro le differenze semantiche si nasconde lo scontro sui concetti.
Per esempio, la scomparsa di vocaboli come madre e padre, in favore di definizioni prive di caratterizzazione sessuale, come ‘progetto parentale’ o ‘genitorialità’, e la stessa sostituzione delle parole uomo e donna con un termine neutro, ‘genere’, tendono ad annullare la differenza sessuale e la specificità dei ruoli di madre e padre.
“C’è un progetto culturale molto diffuso, e in parte inconsapevole, che mira a sganciarsi il più possibile dal diritto naturale, fondamento dei diritti umani. Se non c’è più un diritto naturale inalienabile che garantisca l’eguaglianza degli esseri umani (per esempio per quanto riguarda il diritto alla vita e alla libertà personale), tutto diventa contrattabile e relativo. Rafael Salas, ex direttore dell’UNFPA, ha sostenuto che le spaventose violazioni dei diritti umani attuate in Cina durante gli anni della politica del figlio unico non erano tali per i cinesi. Aborti forzati, abbandono e uccisione dei neonati, secondo Salas, erano metodi che ‘per le loro norme culturali non erano affatto coercitivi’. Questo è relativismo etico: ma è chiaro che si tratta di una concezione che porta alla distruzione dell’idea stessa dei diritti umani”.
Paul

GENITORE 1 e GENITORE 2 ? CONSEGUENZE DELLA TEORIA DEL GENDER

Secondo la FILOSOFIA DEL GENDER "Ciascuno si costruisce il proprio “genere” fluttuando liberamente tra il maschile e il femminile, transitando per tutte le possibilità intermedie ".
In occasione della Conferenza di Pechino, Giovanni Paolo II scrisse una
famosa Lettera alle donne nel cui testo — richiamando la felice espressione «genio della donna»
(Mulieris dignitatem, n.30s)7— riaffermava che …Altro
Secondo la FILOSOFIA DEL GENDER "Ciascuno si costruisce il proprio “genere” fluttuando liberamente tra il maschile e il femminile, transitando per tutte le possibilità intermedie ".

In occasione della Conferenza di Pechino, Giovanni Paolo II scrisse una
famosa Lettera alle donne nel cui testo — richiamando la felice espressione «genio della donna»
(Mulieris dignitatem, n.30s)7— riaffermava che «femminilità e mascolinità sono tra loro
complementari non solo dal punto di vista fisico e psichico, ma ontologico. È soltanto grazie alla dualità del “maschile” e del “femminile” che l’umano si realizza appieno». Questa lettera, unita aquella indirizzata nel 2004 ai vescovi — Sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo —, dall’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il card. Joseph Ratzinger, vede possibile un dialogo col neofemminismo «dell’uguaglianza differenziata», ma prende le distanze dal femminismo radicale o emancipazionista, sostenitore del gender. In particolare, in tale lettera la differenza sessuale è vista «come realtà iscritta profondamente nell’uomo e nella donna: la sessualità caratterizza l’uomo e la donna non solo sul piano fisico, ma
anche su quello psicologico e spirituale, improntando ogni loro espressione. Essa non può essere ridotta a puro e insignificante dato biologico, ma è una componente fondamentale della personalità, un suo modo di essere, di manifestarsi, di comunicare con gli altri, di sentire, di esprimere e di vivere l’amore umano»8.
All’opposto, la prospettiva del gender —, come spiega un documento dell’Instraw —
«distingue tra ciò che è naturale e biologico e ciò che è costruito socialmente e culturalmente, e intende rciascuno si costruisce il proprio “genere” fluttuando liberamente tra il maschile e il femminile, transitando per tutte le possibilità intermedieinegoziare i confini tra il naturale e la sua inflessibilità, e il sociale». Questo comporta il rifiuto dell’idea che l’identità sessuale sia iscritta nella natura, nei cromosomi, e affermare che «»9. La teoria del gender, infatti, sviluppa questi
presupposti: la differenza sessuale non è unica — quella maschio/femmina — bensì molteplice, legata ai diversi orientamenti sessuali, di razza e cultura, nonché alla condizione sociale, «fino a destituire totalmente di significato la dualità maschio/femmina, operando una separazione sempre più netta tra la differenza sessuale biologica e la costruzione dell’identità, sociale e psicologica»
In realtà, la teoria del gender mira essenzialmente alla totale normalizzazione della sessualità omosessuale e rappresenta il primo passo verso lo sganciamento dell’identità sessuale dalla realtà biologica, tanto che il gender incontra il suo logico sviluppo nella prospettiva dell’identità sessuale come scelta mobile e revocabile, anche più volte nel corso della vita dalla stessa persona. Esso si propone come un movimento che, rimettendo in discussione le identità ritenute normative, nega la differenza biologica fra i sessi e punta a renderli uguali.
Paul

GENITORE 1 e GENITORE 2 ? CONSEGUENZE DELLA TEORIA DEL GENDER

GENITORE 1 e 2, in ossequio alla ideologia del GENDER, studiata per diffondere l'omosessualismo nel mondo, in nome di un malinteso senso di uguaglianza.
Filosofia del Gender
Conferenza - Dibattito
20 ottobre 2013 Teatro Salesiano Civitavecchia
Luisa Santolini

Un cenno storico:
1791 “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina” di Olympe de Gouges: la donna nasce libera e con gli stessi …Altro
GENITORE 1 e 2, in ossequio alla ideologia del GENDER, studiata per diffondere l'omosessualismo nel mondo, in nome di un malinteso senso di uguaglianza.

Filosofia del Gender

Conferenza - Dibattito
20 ottobre 2013 Teatro Salesiano Civitavecchia

Luisa Santolini


Un cenno storico:

1791 “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina” di Olympe de Gouges: la donna nasce libera e con gli stessi diritti degli uomini.
1792 “Rivendicazione dei diritti delle donne” di Mary Wollstonecraft : riconoscimento concreto alle donne dei diritti umani. Si delinea il paradigma dell’uguaglianza, nel significato di affrancamento e liberazione delle donne dall’oppressione sociale.
1851 “L’emancipazione delle donne” e “La soggezione delle donne” di Harriet Taylor e John Stuart Mill : confutare la pretesa inferiorità delle donne e individuare i modi per superare la subordinazione delle donne rispetto al potere dell’uomo. Si prefigura la libertà delle donne intesa come liberazione dalla cura della famiglia, come affrancamento dalla schiavitù nella famiglia, schiavitù esercitata non con la forza ma con il ricatto dell’affetto, che impedisce la ribellione collettiva. La discriminazione sessuale è ritenuta ingiusta e dunque si ritiene che la differenza sessuale debba essere irrilevante per l’accesso alla sfera pubblica.
XX secolo: entra in crisi la rivendicazione dell’uguaglianza perché si scopre
a - che in realtà esisteva solo una uguaglianza formale (affermazione della parità) e non sostanziale (accesso alla vita pubblica e alla carriera),
b - che le donne rischiavano di essere semplicemente uguali agli uomini anche in negativo, perché l’ignoranza delle differenze o la cancellazione delle differenze omologava la donna al maschio,
c - che “un individuo” in senso astratto privo di caratteristiche specifiche finiva per esprimere una soggettività indeterminata e indefinita priva di connotazioni specifiche legata alla realtà delle donne.
Inizia un nuovo paradigma: dalla rivendicazione dell’uguaglianza alla affermazione della differenza: si vuole un diritto alla differenza che si faccia carico della diversità sessuale. Da assimilazione all’uomo alla valorizzazione della specificità femminile.
La differenza al femminile si sviluppa in due filoni: la differenza “debole” che vuole estendere alle donne diritti già riconosciuti all’uomo e la differenza “forte” che vuole per le donne diritti esclusivi e specifici. Sono stati anni di rivendicazioni a volte confuse, di leggi non sempre coerenti alle aspettative, a volte ambivalenti e ambigue, a volte coraggiose ma con esiti sbagliati: si potrebbe parlare in questo caso di una eterogenesi dei fini, ricordando per esempio che il diritto giusto e naturale della tutela della gravidanza e della maternità di epoca recente ha avuto esiti anche negativi perché tutto ciò ha reso più difficile alle donne trovare un posto di lavoro in età feconda.
E si arriva ai giorni nostri, con il rischio di una discriminazione a rovescio che tende a garantire alle donne ( non in campo sociale e politico ma in quello della propria libertà e autodeterminazione) una condizione di privilegio rispetto all’uomo in una sorta di escalation di diritti che solo un serio ripensamento da parte delle donne potrà fermare (libertà sessuale, possibilità di disporre arbitrariamente del proprio corpo e della propria capacità riproduttiva, diritto all’aborto inteso come autodeterminazione e come diritto di decidere in solitudine la sorte del feto in quanto parte del proprio corpo, diritto alla contraccezione e alla sterilizzazione e quindi alla scissione tra sessualità e procreazione, il diritto ad un figlio ad ogni costo, il diritto ad un figlio “sano”, il diritto di procreare a prescindere dall’unione sessuale e quindi il diritto di accesso alle tecniche di procreazione artificiale anche in assenza di sterilità, il diritto di decidere non solo quando riprodursi – anche in età di menopausa - ma come riprodursi, il diritto alla fecondazione eterologa, il diritto a scindere la maternità dalla gravidanza – utero in affitto – e quindi il diritto alla irrilevanza della gestazione per avere un figlio, il diritto alla clonazione o alla autofecondazione (ipotesi per ora fantascientifica ma possibile in futuro) e quindi il diritto alla irrilevanza della diversità sessuale per la riproduzione. Dopo due secoli di battaglie si avrà come possibile esito la creazione di una drammatica asimmetria con l’uomo, spettatore perdente, perché a lui non è concesso di riprodursi e dunque non serve. In un delirio di onnipotenza la donna potrebbe non avere più bisogno dell’uomo. Si prospettano scenari di liberazione della donna non solo dal proprio corpo, ma dalla presenza in senso assoluto dell’uomo, con l’avvento di una totale polarità al femminile.

La Teoria del Genere.

Fin qui la storia passata presente e futura.

A partire dagli anni ’70, l’eccessivo rilievo della sessualità ha prodotto paradossalmente l’eclisse della identità sessuale, quando si fa strada l’idea che il sesso non sia semplicemente un dato biologico ma che comporti una elaborazione culturale in funzione della ripartizione dei ruoli nelle società di appartenenza. Il femminismo passa dalla differenza sessuale alla in-differenza attraverso l’uso della categoria del gender. Secondo questa ideologia la cultura occidentale si è sempre basata su strutture binarie come uomo/donna, naturale/artificiale, corpo/mente e su queste avrebbe costruito delle asimmetrie che giustificavano pratiche di dominio sulle donne, sugli animali, sulla natura. Al contrario queste differenze sono mere costruzioni culturali che possono essere superate o distrutte con l’aiuto della tecnologia che diventa così uno strumento di liberazione dalle pratiche di dominio e di oppressione. Culturale è dunque la differenza tra un uomo e una donna e puramente convenzionale (e non essenziale) è il matrimonio tradizionale. La differenza uomo-donna non più solo come differenza biologica, ma come identità psicologica e sociale, finendo con il ritenere irrilevante la diversità sessuale e invece determinanti la propria identità e il proprio orientamento psicologico. Così la categoria genere nel tempo ha significato ruoli che fino a quel momento erano stati considerati naturali e che invece la riflessione femminista prima e culturale poi ritengono sovrapposizioni per nulla naturali ma funzionali a posizioni di potere maschile. Si è estremizzata la libertà, la autodeterminazione, il grande totem del nostro tempo. La categoria genere è diventata in poco tempo autonome rispetto alla differenza sessuale biologica fino rivendicare una autonomia assoluta dichiarando la fine del dato naturale e il primato del dato culturale, in altre parole la affermazione senza riserve della preferenza individuale soggettiva. Si è arrivati a negare un dato di partenza, il più banale, il più ovvio: la persone nasce sessuata e lo è non solo nel suo fenotipo, ma nei suoi cromosomi, nei suoi ormoni, nelle sue cellule, nella conformazione della sua psiche, nel suo dato ontologico.
In altre parole il genere, che un tempo indicava il genere maschile e femminile ( e neutro nelle lingue anglosassoni), col tempo assume un significato diverso comecontrapposizione tra natura e cultura: indica cioè la rappresentazione psicologica e simbolica, il condizionamento sociale e la costruzione storico-culturale della identità maschile e femminile a prescindere dalla natura. “Donne non si nasce ma si diventa” di Simon de Bouvoir, cioè si acquisisce una identità femminile o maschile in base al proprio vissuto interiore, in base al proprio modo di vivere la sessualità, in base alle funzioni e ai ruoli che la società codifica come maschili e femminili e che noi apprendiamo dai comportamenti diffusi dell’ ambiente. Si “è” uomini e donne alla nascita (l’essere indica una condizione di fatto), ma si diventa maschio o femmina in base alle scelte psicologiche individuali, alle aspettative sociali e alle abitudini culturali. Si nasce uomo, ci si comporta da uomo, ci si percepisce come uomo: ma questa sequenza, questa coincidenza tra nascita e comportamento si possono mescolare con l’altro sesso e avere esiti diversi anche più di una volta nel corso della vita. In questa prospettiva il matrimonio eterosessuale viene considerato la istituzione che esplicita in modo soffocante la gerarchizzazione del sessismo maschilista e la maternità come origine e fonte della oppressione femminile.

La differenza sessuale diventa relativa, la natura irrilevante, tutto si riduce ad una scelta individuale, il genere non deve essere costretto nel sesso, ma deve essere libero di esprimersi in base alle pulsioni e agli istinti, così la riappropriazione del corpo consentirà la trasformazione della società e della famiglia. Si auspica la “liberazione dalla famiglia tradizionale”: la famiglia non è negata, ma ridefinita, ridisegnata come luogo di affetti o unione tra individui a prescindere dalla appartenenza sessuale e senza delimitazione del numero (famiglie poligamiche o piandriche) senza figli o con figli ottenuti con l’adozione o con le tecnologie riproduttive, ritenendo che ciò che conta per la identificazione del bambino sia solo il rapporto affettivo.
Un cenno solo al movimento queer che rappresenta l’ala estrema delle gender teorie: queer dilata e oltrepassa il gender e si contrappone ad ogni normalità affinchè la eterosessualità non sia egeminica, obbligatoria e normativa. Queer indica la fluidità del genere che sfugge ad ogni categorizzazione naturale o sociale per essere “altro”. Si costituisce la comunità LGBT acronimo che indica un termine collettivo che si riferisce a lesbiche, gay, bisessuali, trans gender, con l’obiettivo del ribaltamento dei ruoli tradizionali: mascolinizzazione della donna e femminilizzazione dell’uomo, sia nel senso biologico, che psichico e sociale. Non ci sarà più oppressione perché non ci saranno più né donne né uomini e non ci sarà più famiglia perché la riproduzione sarà solo produzione meccanica e seriale. Sparisce il discorso fondato sul sesso, sul gender e sulla famiglia perché tali categorie non avranno più alcun significato. Di conseguenza l’autentica liberazione di una donna sta nel non considerarla più una “madre naturale” bensì nel consentire alla tecnologia di gestire questo processo nel quale non gioca più alcun ruolo la differenza di genere. Dunque lo scopo non è di mettere il matrimonio omosessuale accanto ad un altro, ma di fare del matrimonio un contratto qualsiasi tra “esseri” qualsiasi, in cui la specificità sessuale non interviene più e in cui le modalità di filiazione sono irrilevanti.

Dietro l’uso della parola Gender si nasconde dunque una concezione dell’uomo, dei rapporti interpersonali e della società, con enormi implicazioni sull’etica, sulla politica e sul diritto, come presa di posizione della cultura contro la natura.
Tutto si iscrive nella cornice del pensiero post moderno, un pensiero antimetafisico (la natura è un fatto contingente in senso meccanicistico e materialistico),antropologicamente empirista (l’individuo è pura pulsione e istinto non mediato dalla ragione), relativista (è impossibile la conoscenza attraverso la ragione di una qualunque verità nella natura, dunque norme e valori sono tutti uguali, hanno pari dignità e non sono giudicabili non essendoci un criterio oggettivo per poter esprimere un giudizio),individualista (non esiste altro che il proprio io con i relativi desideri/istinti), scientista (la scienza e la tecnologia possono risolvere ogni problema e soddisfare ogni desiderio),pragmatico ( regole e scelte, norme e valori devono essere tutti tollerabili, cioè pragmaticamente accettabili), anarchico (nega l’esistenza e la rilevanza del diritto naturale, separa radicalmente diritto ed etica, rifiuta il diritto positivo pubblico o se lo accetta è per una presa d’atto neutrale delle nuove esigenze sociali emergenti ed alternative), avaloriale (nel senso che non esistono e non sono comunque conoscibili valori comuni), antifamiliare (va legalizzata ogni opzione individuale, garantendo le diverse forme di famiglia e di matrimonio in modo paritetico, matrimonio che è e rimane una faccenda privata tra due persone, un contratto privato, una negoziazione tra due persone, da gestire in base alla volontà dei contraenti e a prescindere dal sesso di appartenenza.

Uno scenario da incubo a mio avviso, che però sta entrando nel diritto vigente, sia a livello nazionale che internazionale.
Lo scenario internazionale

Ci si allontana sempre di più dalla Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo che all’Art. 16 definisce la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna come nucleo naturale e fondamentale della società e afferma che la famiglia ha diritto di essere protetta dalla società e dallo Stato.
Infatti l’ONU sta “promuovendo la prospettiva di genere”, sostenendo anche finanziariamente i piani esplicitati nelle Conferenze del Cairo (1994) e di Pechino (1995) e “la diffusione dell’ Agenda di Genere”, in ambito istituzionale pubblico e privato.
Alla Conferenza del Cairo si è parlato dei diritti sessuali e riproduttivi (leggi sesso sicuro e aborto garantito) come diritti fondamentali delle donne, della libertà sessuale, della contraccezione e della sterilizzazione anche senza consenso come mezzi per il controllo demografico.
L’Istituto internazionale di ricerca per l’avanzamento delle donne (INSTRAW), che fa parte dell’Onu ritiene “opportuno rinegoziare i confini tra il naturale, e la sua relativa inflessibilità, e il sociale, e la sua relativa modificabilità”.
Il Comitato Latino Americano e dei Caraibi per la difesa dei diritti delle donne (CLADSEM) ha fatto circolare una “Proposta per la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo secondo la prospettiva di genere”, chiedendo di riconoscere i diritti degli omosessuali, dei bisessuali, dei transessuali ed ermafroditi; il diritto ad una educazione sessuale libera, il diritto alla sessualità ed all’orientamento sessuale, il diritto alla contraccezione, all’aborto, alla sterilizzazione, il diritto all’unione con individui di sesso opposto o simile al proprio.
Il 3 maggio 2008 l’Onu ha emanato la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità nell’ambito della quale, in nome della non discriminazione dei disabili, viene introdotto il riferimento alla salute riproduttiva e alla necessità di “incorporare la prospettiva di genere” nel contesto dei Diritti umani. L’espressione Genere è usata in modo ambiguo, tanto che il nostro CNB ha indicato al Parlamento la non univocità dell’espressione “genere”, per quando la Convenzione sarà ratificata.
Il Parlamento Europeo nel 1994 ha votato una risoluzione per la parità dei diritti degli omosessuali in cui si evoca l’orientamento sessuale.
Nel 2006 il Parlamento europeo e il Consiglio d’Europa hanno emanato una Direttiva (nell’ambito della attuazione del principio delle pari opportunità e del pari trattamento di uomini e donne nel lavoro) che estende la non discriminazione alle persone che hanno “rassegnato il genere” che in italiano è stato tradotto come “cambiamento di sesso”.
La Corte europea dei diritti dell’uomo e la Corte di giustizia hanno emesso delle sentenze che sostengono il diritto all’identità di genere come conformazione della sessualità alla scelta.
La Carta di Nizza (2000 – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea) all’Art.21 vieta la discriminazione sul sesso con espliciti riferimenti alle tendenze sessuali e all’Art. 9 riconosce il diritto di sposarsi e di mettere su famiglia senza specificare se questo debba avvenire tra un uomo e una donna, lasciando quindi la porta aperta al riconoscimento dei matrimoni omosessuali.
Per ragioni di tempo e di spazio non si possono citare le innumerevoli sentenze e leggi e convenzioni e mozioni che sono state prodotte da quasi tutti i Paesi membri della UE, anche in materia di adozioni da parte delle coppie omosessuali.
Anche in Italia ci sono state disposizioni urgenti (decreto sicurezza del 1° novembre 2007) in cui si sanziona chi compie atti omofobici affermando il divieto di discriminazione per “orientamento sessuale e identità di genere”.

Le prospettive

La filosofia del gender così non rimane confinata nel mondo degli addetti ai lavori e al dibattito tra esperti e scienziati, ma si insinua a livello politico, sociale e giuridico con molta rapidità e senza che nella cosiddetta società civile ci sia una adeguata e meditata presa di coscienza critica. Si gioca sulla ambiguità, sulla cosiddetta “Agenda di Genere”, sulla ignoranza di cosa significhi veramente la parola genere, che ormai è entrata nel lessico quotidiano senza sollevare obiezioni.
Questo ha preoccupanti conseguenze immediate:

a – tocca una visione più ampia ( la visione antropologica ) che rischia di trasformare in modo drammatico la nostra società perché non è vero che tutto questo riguarda solo la nostra sfera privata, perchè tutto questo contribuisce a disgregare il mondo sociale. Pensare solo a quello che fa piacere o che ci fa stare bene o che ci realizza significa andare verso una barbarie di egoismo e di autoreferenzialità che cancella la solidarietà, il senso del bene comune, il desiderio di relazionarsi agli altri in modo autentico. L’individualismo non assicura la felicità ed è inadeguato a rispondere alle aspettative che ognuno ha sulla propria vita, anzi instaura una violenza che è tipica di chi è insofferente ai legami e non conosce il rispetto dovuto alla dignità della persona umana ( e tutti i giorni la cronaca ci consegna tragedie impastate di violenza)
b – si arriva a decisioni politiche che equiparano giuridicamente tipi di vita differenti e dichiarano indifferenti le relazioni tra un uomo e una donna e quelle tra due persone dello stesso sesso. Vedi pdl sulla omofobia o la legge del Consiglio Regionale della Toscana su proposta unanime della Giunta il 10 Nov. 2004 ( La Regione garantisce il diritto alla autodeterminazione di ogni persona in ordine....alla propria identità di genere”)
c – si misconosce la verità e la realtà della famiglia trattando in modo uguale realtà diverse e si “appiattisce il concetto di uguaglianza, che non consiste nel dare a tutti la stessa cosa ma nel dare a ciascuno ciò che gli è coerente” . “La famiglia non può essere umiliata e modellata da rappresentazioni similari, che in modo felpato costituiscono un vulnus progressivo alla sua specifica identità e che non sono necessarie per tutelare diritti individuali in larga misura già garantiti dall’ordinamento”. L’io si sviluppa non nel chiuso del proprio individualismo, ma quando si apre all’altro. La famiglia è una preziosa custode delle differenze e della loro alleanza, “la famiglia resta lo spazio delle “grandi differenze” che si completano e si promuovono a vicenda”. Sappiamo che non tutto è sempre ideale: ci sono conflitti, incomprensioni, sofferenze, ma alla fine la famiglia è il solo e prezioso rifugio sicuro in cui ognuno si riconosce e si ritrova per quello che è. “La famiglia non è un nido virtuale dove rifugiarsi per sfuggire dal mondo reale, ma un luogo dove si dà il giusto nome alle cose”, dove si impara la differenza tra il bene e il male e si capisce che non esistono diritti senza assumersi dei doveri.

In altre parole dobbiamo essere consapevoli delle enormi implicazioni sul piano umano e sociale che sta avendo e avrà questa “battaglia del gender” come qualcuno l’ha definita: implicazioni sulla educazione, sulle scelte di vita delle persone, sulla visione di società che vogliamo consegnare ai nostri figli e va registrato, con una certa apprensione, che la valanga di critiche a questa teoria, che non è stata mai scientificamente provata, non sono note al grande pubblico: sono critiche motivate e provate sul piano scientifico, sul piano filosofico, sul piano biologico, sul piano fenomenologico, sul piano psicanalitico, sul piano della antropologia strutturale, sul piano etnografico ed etnologico. Eppure tutti parlano di Genere senza rendersi conto di quello a cui alludono e senza comprendere che dobbiamo affrontare e dibattere questi temi per avere chiaro il quadro che ci si prospetta, per averne una consapevolezza critica e prenderne le distanze in ogni occasione, a difesa dell’uomo, della sua natura e della sua verità.

“La teoria del gender è la punta di lancia di una battaglia ideologica volta a distruggere quello che viene chiamato “l’essenzialismo” della cultura occidentale.” Per quanto detto in queste pagine sembra proprio che sia così e la possibilità che la tecnologia permetta di intervenire sul corpo per la costruzione di un essere misto che sia una miscela di naturale e di artificiale conferma questa cupa profezia. E tutto deve essere legittimo, tollerabile, sopportabile, garantito. Tutto è sullo stesso terreno.
Noi stiamo dicendo ai nostri figli che è tutto uguale e che ogni tipo di scelta nella vita è del tutto legittima e indifferente.
Ma tutto questo è fallace perché ad una asimmetria che ci si propone di distruggere se ne sostituisce un’altra più pervasiva che è una visione materialista e scientista che concepisce la persona come una macchina da manipolare a volontà, attraverso la tecnologia nuovo totem del nostro tempo.
Si tratta di un grande inganno che si accompagna a quello riduce ogni realtà ad un processo culturale: un idealismo radicale che sposa il materialismo più radicale.
Siamo di fronte ad una battaglia ispirata da una avversione profonda per le radici stesse della civiltà e della cultura occidentale. Avversione che viene da lontano e ha messo radici. Tutto ciò ha ben poco a che fare con il rispetto degli omosessuali, con la lotta contro l’omofobia, con la tolleranza e con il rispetto delle diversità: semmai è vero il contrario perché sono proprio le diversità che si vogliono abbattere. Difendere i diritti degli omosessuali non solo è giusto ma è doveroso, ma “l’ostinazione a impadronirsi del fortino del “matrimonio” e a demolire tutte le parole connesse ( come “padre e madre”) indica altri obiettivi. Primo tra i quali quello di additare al pubblico ludibrio come omofobo chiunque si opponga al matrimonio gay o alle adozioni gay o ad una legge sulla omofobia (la quale legge non vincerà l’omofobia per decreto perché questo richiede un processo lungo, faticoso, paziente e perseverante sul piano culturale ed educativo e non su quello legislativo).

Conclusione

Vale la pena di ricordare le parole che il Cardinale Bagnasco ha pronunciato lo scorso Settembre all’apertura della settimana sociale dedicata alla Famiglia:
“La differenza dei sessi costituisce la travatura di ogni essere umano e non può essere confusa senza che ne segua la disorganizzazione globale della persona e della società. Il fatto è che nel giro una tale persuasione ha preso una tale evidenza da diventare un problema. Come siamo arrivati a questo punto? E soprattutto chi ha paura della differenza?
La famiglia non è una invenzione stagionale e come tale soggetta a cicliche ridefinizioni. La roccia della differenza è fondamentale per ritessere l’umano che rischia diversamente di essere polverizzato in un indistinto egualitarismo che cancella la differenza sessuale e quella generazionale eliminando così la possibilità di essere padre e madre, figlio e figlia. La domanda che resta alla fine non è quella che risuona frequentemente “che mondo lasceremo ai nostri figli?” ma una più inquietante “ A quali figli lasceremo questo mondo?”

Bibliografia:

Gilles Bernheim - gran Rabbino di Francia “Quello che spesso si dimentica di dire” ottobre 2012 – Casa Editrice Cattolica e Casa Editrice Cultura Cattolica

Bagnasco Cardinale Angelo: Prolusione alla settimana sociale . Torino settembre 2013

Palazzani Laura : “Identità di genere? Dalla differenza alla indifferenza sessuale nel diritto” San Paolo Editore 2008

D’Agostino Francesco : “Introduzione alla biopolitica” Aracne Editrice s.r.l. Novembre 2009
Paul

GENITORE 1 e GENITORE 2 ? CONSEGUENZE DELLA TEORIA DEL GENDER

FAVOLE GAY E LIBRETTI UNAR NELLE SCUOLE E ASILI DELL'UMBRIA. I GENITORI VOGLIONO RITIRARE I FIGLI. SARANNO TUTTI OMOFOBI?
Febbraio 20, 2014
Redazione
Ancora polemiche per la diffusione dei libretti gender in alcuni istituti umbri. Il tutto è avvenuto senza avvisare i genitori che raccolgono firme per bloccare l’attività: «Visione antropologica ideologica»
I genitori vogliono ritirare i figli …Altro
FAVOLE GAY E LIBRETTI UNAR NELLE SCUOLE E ASILI DELL'UMBRIA. I GENITORI VOGLIONO RITIRARE I FIGLI. SARANNO TUTTI OMOFOBI?

Febbraio 20, 2014
Redazione

Ancora polemiche per la diffusione dei libretti gender in alcuni istituti umbri. Il tutto è avvenuto senza avvisare i genitori che raccolgono firme per bloccare l’attività: «Visione antropologica ideologica»

I genitori vogliono ritirare i figli dall’asilo. Succede in Umbria dove in alcune scuole (da Città di Castello a Perugia, fino a Marsciano e Terni) sono stati distribuiti i libretti dell’Unar e alcune favole gay. I libretti dell’Unar, già al centro di un’interpellanza parlamentare e fortemente criticati dal cardinale Angelo Bagnasco, non smettono quindi di creare polemiche.

QUAL E’ IL SEGRETO DI PAPA’. Per quanto riguarda le favole, i quotidiani locali raccontano che ad essere stata diffusa è quella intitolata Qual è il segreto di papà?, di cui vi avevamo già parlato qui. Storia di due uomini omosessuali che rivelano la loro relazione ai piccoli. I genitori delle scuole si sono lamentati di non essere nemmeno stati avvisati del progetto e stanno raccogliendo firme per bloccare la l’attività all’asilo, la cui partecipazione da parte dei minori non prevede nemmeno l’esenzione.
Lorena Pesaresi, assessore al Comune di Perugia con delega alle Pari opportunità, ha dichiarato che la cosiddetta “cultura di genere” «va promossa e inserita nei percorsi educativi». Secondo l’assessore «abbiamo organizzato dei seminari rivolti ai genitori, chiedendo la collaborazione dei circoli didattici, ottenendo un buon riscontro da parte delle coppie che hanno dato la loro adesione volontaria». Un progetto curato da «professionalità molto valide» che, almeno per Perugia, interessa tre scuole medie, una primaria, un asilo e un istituto superiore. Il programma prevede incontri su sessualità, omosessualità, educazione alle differenze. Per l’ineffabile Pesaresi «l’obiettivo è quello di superare gli stereotipi perché bambini e bambine si nasce, ma uomini e donne si diventa».

SPOT IDEOLOGICO. Chi non la pensa come lei è Simone Pillon, presidente del Forum delle associazioni familiari dell’Umbria: «Si tratta di una visione antropologica ideologica, diffusa senza criteri scientifici». «Tutto è stato fatto sui minori senza coinvolgere le famiglie – ha detto ancora Pillon – e senza che progetti di questo tipo fossero previsti nei piani delle offerte formative delle scuole». «Si tratta di uno “spot” ideologico, che rilancia un messaggio tre volte perverso perché fa passare il divorzio come un avvenimento positivo, perché contiene elementi che sono l’antitesi della “bigenitorialità” che deve essere garantita anche nelle famiglie in crisi e perché fa leva sull’autorevolezza di un corpo dello Stato, in questo caso la polizia, per veicolare l’ideologia di genere». Pillon ha annunciato la redazione di un «decalogo per le famiglie dei figli oggetto di questo tipo di soprusi»: «Progetti come questo violano il codice civile, che invece assegna alle famiglie il diritto dovere di mantenere, istruire ed educare la prole. Fino a qualche anno fa, per cose del genere, si sarebbe incorsi nel reato di corruzione di minore».

TUTTA COLPA DEI CATTOLICI. Alcuni rappresentanti politici di centrodestra e Lega Nord si sono subito schierati con i genitori. Al contrario, l’associazione Omphalos Arcigay Arcilesbica si è scagliata contro la «la vergognosa campagna mistificatrice della più potente lobby del mondo è irresponsabile e dannoso per i nostri giovani. Il racconto sulle “pericolose teorie del gender”, scritto sulle pagine del giornale dei vescovi, è esattamente l’ostacolo che quotidianamente l’educazione alla diversità incontra nel suo tentativo di approcciarsi alle scuole».

Favole gay e libretti Unar nelle scuole e asili dell'Umbria | Tempi.it
Paul

GENITORE 1 e GENITORE 2 ? CONSEGUENZE DELLA TEORIA DEL GENDER

CATTIVO ESEMPIO DI BOLOGNA
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Le vie del politicamente corretto, si sa, sono quasi infinite. Se a Venezia sono andati sul classico proponendo di cancellare dai moduli scolastici “padre” e “madre” per far posto direttamente a “genitore 1” e “genitore 2”, al comune di Bologna hanno escogitato una terza via: non ci sarà la distinzione tra “genitore 1” e “genitore 2” per evitare, immaginiamo, lotte intestine per stabilire la gerarchia, ma “genitore richiedente” e “altro genitore”.

La scusa è sempre la solita: evitare discriminazioni nei confronti dei bambini con genitori omosessuali e con famiglie con un solo genitore, le quali, peraltro, sono sempre esistite senza che a nessuno sia mai venuto in mente di pensare che dire “mamma” e “papà” fosse discriminatorio nei loro confronti.

Ma il vento è cambiato e ora la priorità è quella di cambiare il linguaggio obbligando a cambiare il nome alle cose anche con motivazioni risibili.

A Venezia la proposta della consigliera Seibezzi era rimasta lettera morta, nonostante a farle da sponsor fosse arrivata il ministro Kyenge, a Bologna, invece, essendo il cambio dei moduli un atto esclusivamente amministrativo, si potrebbe in teoria procedere anche senza passare dal Consiglio comunale. «Essendo ormai diventato un caso politico a livello nazionale sicuramente lunedì prossimo ne discuteremo magari presentando una mozione bipartisan visto che anche il Pd adesso frena», afferma Valentina Castaldini, presidente della commissione Affari generali di Palazzo D'Accursio che spiega: «Sarebbe più opportuno parlare di cose serie e non di questo che è un falso problema».

«Non abbiamo mai pensato», ha spiegato l’assessore comunale all’Istruzione Marilena Pillati (Pd), «di inserire “genitore 1” e “genitore 2” o altri termini che possano stabilire una gerarchia tra i genitori, ponendoci al di fuori di quanto prevede l’ordinamento italiano. Non ci è mai prevenuta una richiesta in tal senso né la cosa è mai stata presa in considerazione».

La richiesta di adeguare i moduli scolastici era arrivata dalla consigliera comunale di Sel Cathy La Torre che chiedeva, in aggiunta, al Comune di dichiararsi favorevole all’equal marriage, al riconoscimento delle famiglie anche omogenitoriali e all’introduzione di una legge per contrastare l’omofobia. «

La premessa», ha precisato Pillati, «è che i moduli per la richiesta di qualsiasi servizio educativo e scolastico contengono già la parola “genitore”, visto che formalmente a fare richiesta dei servizi è un solo “genitore”, che può essere indifferentemente il padre o la madre. L'unico riferimento a “padre” e “madre” è presente nella parte della modulistica dove si parla della condizione lavorativa. È qui che per un fatto di coerenza interna ai moduli stiamo valutando di sostituire i termini distinguendo sempre tra il genitore che ha fatto richiesta e l'altro genitore, ovviamente se c'è».

L’obiettivo, insomma, è chiaro: si vuole cancellare “mamma” e “papà” per togliere ogni riferimento al sesso dei genitori.

L’Arcigay si dice soddisfatta e applaude un «atto di grande buonsenso e di buona politica» auspicando che gli altri comuni facciano altrettanto. Molti, invece, i critici, a cominciare dal leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini che è anche bolognese: «È una farsa che rischia di fare dei danni irreparabili», ha detto, «nel giro di pochi mesi si è passati dal referendum sulle scuole paritarie, a questa pericolosa mistificazione burocratica che intende mettere in discussione due figure che nella nostra società hanno un valore preciso, fondante e certamente non divisivo. Surrettiziamente invece si vuole far passare l'idea che la genitorialità possa essere diversa da quella naturale».

Critiche anche da Pdl, Lega Nord («L'amministrazione ha svenduto l'identità di mamma e papà agli equilibri di maggioranza», ha detto il capogruppo del Carroccio Bernardini) e della Fism che rappresenta le scuole paritarie. Il Pd, per bocca del consigliere comunale Tommaso Petrella, frena: «Ci siamo fatti ridere dietro da mezza Italia, vedrete che alla fine si torna indietro e si corregge la cosa».
Paul

GENITORE 1 e GENITORE 2 ? CONSEGUENZE DELLA TEORIA DEL GENDER

Avanza la dittatura. Nel silenzio
di Luigi Negri*01-02-2014A
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Martedì prossimo il Parlamento europeo voterà un progetto (la Relazione Lunacek, ndr) teso ad obbligare tutti gli Stati membri dell’Unione a riconoscere i matrimoni omosessuali e qualsiasi altra forma di coppia, nonché ad iniziare i bambini e i giovani a una visione pansessualistica della realtà sociale …Altro
Avanza la dittatura. Nel silenzio

di Luigi Negri*01-02-2014A
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Martedì prossimo il Parlamento europeo voterà un progetto (la Relazione Lunacek, ndr) teso ad obbligare tutti gli Stati membri dell’Unione a riconoscere i matrimoni omosessuali e qualsiasi altra forma di coppia, nonché ad iniziare i bambini e i giovani a una visione pansessualistica della realtà sociale. Una visione in cui di fatto vengono riconosciute alle devianze, anche le più patologiche, il valore di diritti, personali e sociali.
E’ un segnale sinistro di un coagularsi della mentalità laicista anticattolica - anzi più decisamente antiumana - in modo che essa sia imposta senza colpo ferire, e in cui anche il minimo riferimento dialettico sembra essere considerato quasi come un delitto di lesa maestà.
Maestà di chi? La maestà risiede nei popoli dell’Unione ed essi devono essere messi in grado di valutare con realismo e responsabilità le proposte che, appunto, dovrebbero permanere come proposte su questi temi di così grande rilievo per la vita dei popoli e delle nazioni.
Pertanto per la responsabilità che ho nei confronti della comunità cristiana - ma aldilà di essa, nei confronti di tantissimi uomini di buona volontà che incontro nel mio quotidiano impegno pastorale - sono cordialmente e ammiratamente d’accordo con le iniziative che Manif pour Tous in Europa e in Italia sta mettendo in atto (domenica 2 febbraio è prevista una manifestazione anche a Roma, ndr) per iniziare almeno un’opera di grande sensibilizzazione nei confronti di queste vicende di carattere etico sociale e dei tentativi ideologici che si stanno compiendo. Mi sembra l’espressione di una laicità sana, di una laicità che per protestare contro posizioni che si rivelano in effetti violente non fa riferimento ad altro che alla propria libera coscienza, alla propria capacità di responsabilità, alla volontà di servire il bene comune del popolo e della nazione.
Ma oltre che questo clima di caccia alle streghe per cui in Europa si cominciano ad arrestare cittadini rei soltanto di portare una maglietta che porta l’immagine di una famiglia normale, tradizionale; oltre questo clima di pressione impositiva, colpisce gravemente e stupisce il silenzio reiterato di tutte quelle realtà istituzionali che a vari livelli e nei vari ambiti della vita sociale sarebbero tenuti a una presa di posizione significativamente dialettica nei confronti di quello che si sta sostanzialmente imponendo.
Questo silenzio non impedirà alla storia di giudicarlo come una debolezza imperdonabile, che diviene di fatto collusione e quindi corresponsabilità. Ben altri furono gli atteggiamenti che, soprattutto da parte del popolo cattolico, si tennero in momenti gravi per la democrazia del paese.
In questa prospettiva un altro fattore mi ha colpito. Ho partecipato in qualità di arcivescovo di una diocesi italiana, alla serie di manifestazioni che si sono tenute in occasione della Giornata della memoria delle ingiustizie e dei delitti compiuti nei confronti della presenza ebraica nel nostro paese. Non ho potuto evitare un certo disagio quando soprattutto nella presentazione storica degli avvenimenti – non da parte delle istituzioni, ma da parte di partecipanti a titolo di impegno culturale - si è corso il rischio di ricostruzioni parziali in cui certi fattori degli eventi così tragici erano minimizzati. Ad esempio la grande presenza della Chiesa in Italia, la difesa di migliaia e migliaia di ebrei che per questo aiuto poterono sfuggire a destini terribili. Ma aldilà di questo mi ha colpito l’esilità della speranza che si voleva costruire su questa memoria, dove spesso prevaleva un atteggiamento di rivalsa.
Su che cosa si costruisce la speranza dei giovani, un futuro buono per la nostra società?
Si costruisce sulla memoria di un passato ignobile che certo non è da dimenticare, non può essere dimenticato, ma che non costituisce una base solida su cui porre quella speranza affidabile, umanamente affidabile, di cui ha parlato il grande papa Benedetto XVI nella sua enciclica Spe Salvi?

Ho pensato amaramente in questi giorni che se il marchingegno diabolico delle ideologie e dei sistemi totalitari è stato brutalmente imposto a popoli come la maggior parte di quelli europei, che erano stati maturati da secoli di una autentica e profonda educazione cristiana e umana; che se nonostante questo i popoli subirono questa violenza, resistendo molte volte nella loro coscienza e in moltissimi altri casi anche nella espressione della loro vita culturale e sociale. Allora, se certi sistemi sono stati imposti a quel tempo, quale resistenza potrà esserci alla dittatura che si sta preparando?

Essa è una dittatura del massmediatico, del politicamente e del culturalmente corretto, che trova una tradizione cattolica ignorata dalla maggior parte dei giovani, ignorata perché la maggior parte di quelli che doveva parlargliene non gliene ha parlato in modo adeguato; trova una trama di vita sociale debolissima sul piano personale, sul piano della coscienza umana, sul piano della consapevolezza dei valori etici fondamentali; insomma trova un popolo disintegrato, che rischia di subire una dittatura senza neanche la nobiltà dell’opposizione.
Non sono riuscito a uscire da queste manifestazioni, che hanno avuto per me personalmente il valore di una grande testimonianza, con una speranza sul presente e sul futuro, se non una sola: quella di non demordere quotidianamente dal mio impegno di essere educatore del popolo cristiano alla fede, e del popolo umano con l’esperienza del fascino del vero, del bene, del bello e del giusto. Ma l’amarezza è che forse si riducono ogni giorno di più le fila di coloro che si assumono questa responsabilità. E anche qui tanto silenzio incomprensibile non potrà che essere giudicato anch’esso a suo tempo se non come un tradimento.
* Arcivescovo di Ferrara-Comacchio
Paul

GENITORE 1 e GENITORE 2 ? CONSEGUENZE DELLA TEORIA DEL GENDER

«Sulla sana laicità del nostro popolo e della nostra società, incombe un pericolo gravissimo», avverte oggi su Libero l’arcivescovo di Ferrara, Luigi Negri: «Lo stato, per difendere una certa opzione e i suoi sostenitori, specificamente coloro che professano teoricamente l’omosessualità e la praticano nella società, penalizza in maniera gravissima e irreversibile le altre opinioni e le altre …Altro
«Sulla sana laicità del nostro popolo e della nostra società, incombe un pericolo gravissimo», avverte oggi su Libero l’arcivescovo di Ferrara, Luigi Negri: «Lo stato, per difendere una certa opzione e i suoi sostenitori, specificamente coloro che professano teoricamente l’omosessualità e la praticano nella società, penalizza in maniera gravissima e irreversibile le altre opinioni e le altre opzioni».
LEGGE IDEOLOGICA. La legge sull’omofobia, che sarà discussa in Parlamento, per la prima volta «a più di settant’anni dal fascismo» introduce «un reato di opinione che evoca i tempi torbidi delle ideologie statali che sembravano superati per sempre. Tempi in cui lo Stato, scegliendo posizioni ideologiche, le imponeva» e «sacrificava quelle non coincidenti con la sua». «Il nostro popolo – denuncia Negri – rischia di perdere quella libertà di espressione fondamentale, di scelte, di opzioni, di opinioni e di concezioni della vita che costituiscono il nucleo profondo dell’esperienza laicale».
SACERDOTI PERSEGUIBILI. Spiega l’arcivescovo di Ferrara: «Chi continuerà a fare riferimento alla grande tradizione eterosessuale dell’occidente che ha trovato nel magistero della chiesa cattolica e nella pratica della vita cristiana in questi secoli una grande e significativa testimonianza, rischia di essere inquisito se esprime pubblicamente le proprie convinzioni». «I sacerdoti e i vescovi che nell’ambito delle celebrazioni liturgiche pubbliche citeranno brani di San Paolo inerenti alla scorrettezza delle posizioni omosessuali, o il Catechismo della Chiesa Cattolica o buona parte della Dottrina Sociale della Chiesa, – avverte – potrebbero essere denunciati alle autorità pubbliche».
DIFENDERE LA LIBERTÀ. La cristianità italiana, dice Negri, non deve dimenticare «l’insegnamento di Giovanni Paolo II nella “centesimus annus”», e continuare a difendere la propria libertà. Perché «tutte le volte che si lavora per la propria libertà si lavora per la libertà di tutti e tutte le volte che si perde o si vede ridotta la propria libertà, la si perde o la si riduce per tutti». «Negli ultimi tre anni sono stati più di centomila i cristiani massacrati in spregio alla libertà di coscienza nella stragrande maggioranza dei Paesi del mondo». Possibile che la «difesa dell’omosessualità» sia prioritaria rispetto a questo «problema concreto» e alla libertà di coscienza?