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Beato Clemente Marchisio - 16 dicembre. Beato Clemente Marchisio - 16 dicembre - Famiglia CrisitanaAltro
Beato Clemente Marchisio - 16 dicembre.
Beato Clemente Marchisio - 16 dicembre - Famiglia Crisitana
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Compiuti gli studi nel Seminario di Torino, sacerdote di Cristo, Clemente lo diventò davvero il 20 settembre 1856, a
Susa, per l’imposizione delle mani del Vescovo Mons. Oddone, perché l’Arcivescovo di Torino, Mons. Fransoni, dai “democratici” politici del tempo, era stato costretto all’esilio a Lione.
Nel Convitto Ecclesiastico di Torino, sotto la guida di Don Giuseppe Cafasso, guardando …Altro
Compiuti gli studi nel Seminario di Torino, sacerdote di Cristo, Clemente lo diventò davvero il 20 settembre 1856, a

Susa, per l’imposizione delle mani del Vescovo Mons. Oddone, perché l’Arcivescovo di Torino, Mons. Fransoni, dai “democratici” politici del tempo, era stato costretto all’esilio a Lione.
Nel Convitto Ecclesiastico di Torino, sotto la guida di Don Giuseppe Cafasso, guardando all’esempio dei santi preti torinesi, quali lo stesso Cafasso, Don Cottolengo e Don Bosco, completò e perfezionò la sua formazione.
Per due anni, viceparroco a Cambiano, poi a Vigone, a soli 27 anni, era inviato parroco a Rivalba, un piccolo centro di campagna, dove subito trovò molte difficoltà. Le sue armi pacifiche e invincibili erano la preghiera, la celebrazione fervorosa della Santa Messa ogni giorno, la predicazione assidua delle grandi Verità della Fede, con la sua passione ardente per Gesù e la sua affezione grande alla Madonna, il Rosario immancabilmente sgranato intero ogni giorno: così iniziò la sua conquista delle anime a Dio.
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Beato Clemente Marchisio Sacerdote 16 Dic.
La vicenda terrena del B. Clemente Marchisio è un segno evidente che grandi opere spesso nascono nelle circostanze più umili. Dal cuore di un semplice sacerdote piemontese dell’Ottocento, parroco di un piccolo paese collinare, sorse un’opera ancora oggi fiorente.
Clemente Marchisio nacque a Racconigi il 1° marzo 1833. Era il primo di cinque figli di un …Altro
Beato Clemente Marchisio Sacerdote 16 Dic.
La vicenda terrena del B. Clemente Marchisio è un segno evidente che grandi opere spesso nascono nelle circostanze più umili. Dal cuore di un semplice sacerdote piemontese dell’Ottocento, parroco di un piccolo paese collinare, sorse un’opera ancora oggi fiorente.
Clemente Marchisio nacque a Racconigi il 1° marzo 1833. Era il primo di cinque figli di un calzolaio. Di natura vivace, ricevette una prima istruzione nella propria città natale. Abitava nei pressi della chiesa dei Domenicani e lì quotidianamente si recava per servire la Messa. Fin da fanciullo acquisì una grande devozione verso la Madonna e il Rosario. Mentre era avviato ad intraprendere la professione del padre, un giorno manifestò quanto da tempo sentiva nel cuore: consacrarsi a Dio come sacerdote. I genitori, sebbene sorpresi, non si opposero anche se il primo problema da affrontare era la mancanza del denaro necessario allo studio. La Divina Provvidenza venne incontro al futuro beato: don Giovanni Battista Sacco lo aiutò, sostenendolo anche economicamente. Nel seminario di Bra si impose un regime di vita alquanto esigente, incentrato nella preghiera, nello studio e nel lavoro. Con dispensa pontificia, poiché non aveva raggiunto i ventiquattro anni, venne ordinato sacerdote il 20 settembre 1856 a Susa dalle mani di Monsignor Oddone. Il vescovo di Torino era in esilio a Lione.
Dopo l’ordinazione frequentò a Torino il Biennio di perfezionamento presso il Convitto di San Francesco. Era la santa scuola per sacerdoti retta da S. Giuseppe Cafasso, trasferita in seguito presso il Santuario della Consolata. Clemente si distinse tanto che fu prescelto dal “Santo della forca” come compagno nelle frequenti visite ai carcerati e ai condannati a morte. I due anni trascorsi a fianco del Cafasso trasformarono profondamente il suo animo. Disse: “ne uscii completamente diverso, pienamente conscio della dignità del sacerdote”. Nella capitale subalpina erano gli anni di Don Bosco, di S. Leonardo Murialdo, del B. Federico Albert, del B. Michele Rua, del B. Francesco Faa di Bruno, del B. Giovanni Maria Boccardo; vivo era il ricordo del Cottolengo.
Nel 1858 venne nominato viceparroco di Cambiano, ma la schiettezza nel denunciare determinate situazioni gli procurò l’allontanamento. Dopo un breve periodo a Vigone, la destinazione definitiva fu Rivalba Torinese, un piccolo centro collinare di neppure mille abitanti dove fece il suo ingresso il 18 novembre 1860 a soli ventisette anni: reggerà la parrocchia, spendendosi senza riserve, per quarantatre anni.
La chiesa di Rivalba non era in buone condizioni, tra le prime iniziative pensò di porre mano alla costruzione di un nuovo edificio. Raccolse il materiale necessario ma, non arrivando l’autorizzazione civile necessaria, si limitò alla sua ristrutturazione. Era la prima di una lunga serie di complicazioni che alcuni suoi parrocchiani gli procurarono. A quei tempi la povertà dei contadini di collina era peggiore di quelli della pianura. Una parte della popolazione gli era ostile e lui rispondeva alle volte in maniera impulsiva. Si arrivò alle denunce e alle minacce fisiche e con atti di disturbo eclatanti venivano persino interrotte le omelie. Don Clemente, scoraggiato in un primo momento, invece di cedere, accentuò il suo fervore di parroco. La predicazione più efficace la fece con l’esempio. Si alzava alle 5 e dopo due ore di preghiera celebrava la Santa Messa. La recita del Rosario apriva e chiudeva la sua giornata. La devozione principale era verso l’Eucaristia. Un giorno fece questa confidenza: “ Anch’io mi trovo a volte accasciato sotto il peso delle tribolazioni; ma ti assicuro che, dopo cinque minuti passati con fede viva dinanzi a Gesù Sacramentato, mi sento pienamente rinvigorito, a tal punto che tutto quello che prima mi pareva troppo duro e insopportabile mi diventa facile e leggero”.
Come dice S. Paolo la fede senza le opere è morta. Erano gli anni della crisi delle campagne, si emigrava in città alla ricerca di fortuna. Per venire incontro ai suoi parrocchiani Don Clemente diede vita a diverse iniziative. Il materiale edilizio inutilizzato per la mancata costruzione della nuova chiesa fu impiegato per edificare un asilo infantile e un laboratorio tessile per le giovani che così non erano costrette a recarsi a Torino alla ricerca di lavoro come domestiche (1871). Ristrutturò anche il millenario castello (oggi culla della sua fondazione).
Una svolta arrivò quando le suore Albertine, che avevano gestito il primo laboratorio, lasciarono il paese. Dietro consiglio dell’Arcivescovo di Torino Mons. Gastaldi, don Clemente lo affidò ad alcune tra le migliori ragazze che vi erano impegnate. Era il nucleo di una nuova famiglia religiosa: l’Istituto delle Figlie di S. Giuseppe (1877). Rosalia Sismonda, conosciuta due anni prima a Sciolze, sarà il suo braccio destro.
Il XIX secolo vide un fiorire straordinario di Istituti religiosi dediti a varie opere di carità cristiana: dall’assistenza ai poveri e ai malati, al ricovero e all’istruzione dei bambini e degli adolescenti. In particolare il Piemonte divenne terra di santi, nonostante, come nel resto d’Italia, non mancassero le persecuzioni contro la Chiesa, anche da parte dello Stato. Ai diversi istituti si aggiunse quello di Rivalba. Pochi anni dopo però don Clemente ebbe un’ispirazione originale. Le sue suore avrebbero lavorato per rendere maggiormente degno il culto del Sacrificio Eucaristico, dedicandosi alla preparazione delle ostie e del vino. Loro compito era inoltre confezionare i paramenti e quanto serviva ai sacerdoti per officiare. L’istituto venne dedicato a S. Giuseppe. Il piccolo paesello, di neppure mille abitanti, divenne il centro di un’opera che avrebbe varcato presto i confini regionali e quelli nazionali. Nel 1883 aprì una Casa a Roma e Papa Leone XIII esclamò gioioso: “Finalmente Nostro Signore, con questa Congregazione, ha pensato a se stesso”. Erano le “suore delle ostie”.
I suoi parrocchiani si resero conto che il loro pastore aveva qualità davvero non comuni. Le sue attenzioni per i poveri e i malati erano continue, le porte della canonica erano sempre aperte a tutti.
Ebbe una fede vivissima per la Vergine. Durante la giornata, ad ogni suono delle ore, raccomandava di affidarsi alla Madonna per la grazia della purezza. Andò a Lourdes nel 1875, prima della fondazione del suo istituto. Tutte le volte che era a Torino andava alla Consolata, per le grazie speciali visitava Oropa, quando si recava a Roma tappa obbligata era Loreto.
Nel 1894 raccolse i suoi pensieri e le sue meditazioni sull’Eucaristia, e sulla lotta contro di essa, nel libro “La SS. Eucaristia combattuta dal satanismo”. Di mano propria lo distribuì durante il secondo Congresso Eucaristico Nazionale di Torino che si tenne alla presenza di cinquanta vescovi e numerosissimi sacerdoti. Commentando l’Apocalisse, don Clemente illustrò il tentativo continuo del demonio di allontanare l’uomo dal momento sublime della sua unione in terra con Dio: la Comunione. Avvicinare l’uomo a Dio era il centro dei suoi pensieri. Per ottenere tale scopo era importante che l’Eucaristia fosse celebrata in modo ineccepibile. Il pane e il vino dovevano essere preparati con una selezione attenta della farina e dell’uva. Per questo motivo le Figlie di S. Giuseppe aprirono diversi laboratori in tutta Italia: il lavoro da fare era immenso.
L’attività del B. Clemente fu intensissima, pellegrinò anche in molte parrocchie per le missioni al popolo. Per diffondere la sua opera viaggiò per tutta l’Italia, raccogliendo ovunque attestati di stima da vescovi e cardinali. Fra questi anche il Patriarca di Venezia, il futuro Papa S. Pio X.
Raggiunta l’età di settanta anni era maturo per il Cielo. Celebrò la sua ultima messa il mattino del 14 dicembre 1903. Per tutta la sua esistenza aveva ripetuto “la Messa è la mia vita”. Si spense nella sua Rivalba il 16 dicembre, mormorando i nomi di Gesù, di Giuseppe e della Madonna. Aveva messo in pratica, fino all’ultimo, quanto spesso aveva ripetuto alle sue suore “Avanti, fede, umiltà, obbedienza e mai tristezza alcuna. Mai scoraggiamento”. Le sue “figlie”, sparse in tutta la penisola, erano oltre seicento. Il suo amico S. Pio X riconobbe ufficialmente l’Istituto nel 1907 e lo volle per la sacrestia di S. Pietro.
Oggi, oltre che alla preparazione delle ostie e del vino, le Figlie di S. Giuseppe si occupano di catechesi e di animazione liturgica, anche in terra di missione.
Beatificato da Papa Giovanni Paolo II con Federico Albert, un altro sacerdote torinese, il 30 settembre 1984, le sue spoglie sono venerate nella parrocchia di Rivalba.

PREGHIERA

Santissima Trinità, Padre, Figlio, Spirito Santo, unico Dio,
ti lodiamo e ti ringraziamo per i doni
e le grazie concesse al B. Clemente Marchisio
e per avergli ispirato di fondare una Famiglia Religiosa,
dedicata all’onore e al decoro del SS. Sacramento dell’Eucaristia.
Ti supplichiamo di rivelarci la potenza del tuo amore
e della tua misericordia, concedendoci per sua intercessione
la grazia che tanto imploriamo.
Amen

Autore: Daniele Bolognini