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La LEGGE CRISTIANA della vita: "morire per vivere" (Ven Fulton J. Sheen)

«Non ci sarà mai una Risurrezione nelle nostre vite a meno che non ci sia una croce. La legge cristiana della vita è che dobbiamo morire per vivere. Non voglio dire morire fisicamente ma mortificazione e rinnegamento di sé, l'applicazione della croce su noi stessi. Non possiamo vivere con Gesù, a meno che non moriamo a noi stessi.

Noi non amiamo la croce nelle nostre vite, infatti ci piace fuggirla. In un'occasione i greci vennero da nostro Signore. Non sappiamo che cosa i greci abbiano chiesto a nostro Signore ma possiamo intuirlo grazie alla risposta di nostro Signore ai greci. Io penso che i greci abbiano detto a Nostro Signore – e questo accadde a due settimane dalla crocifissione: “Se tu resti qui tra questa gente, ti uccideranno. Perché non lasci questa terra? Vieni ad Atene. Siamo il paese degli uomini saggi. Abbiamo ucciso solo una grande mente nella nostra storia, fu Socrate e ce ne pentiamo ogni istante da quando gli abbiamo dato quel veleno. Perciò se resti qui, tu morirai. Se vieni ad Atene, vivrai”. Devono aver detto questo, perché nostro Signore non poteva citare loro il profeta, non poteva citare il capitolo 53 di Isaia e dire: “No, è stato profetizzato che devo subire il Venerdì Santo per avere la Pasqua”. Per cui chiamò in causa la natura, perché i greci avrebbero compreso quell'argomento e disse: “Se il seme non cade nella terra e muore rimane solo. Ma se muore, torna alla vita e porta frutto venti, cento volte tanto”. Questa era una lezione che i greci avrebbero potuto comprendere. Questa è la lezione di Giona e la lezione di nostro Signore e questa è l'essenza del Cristianesimo. Ricordatevi che il Cristianesimo non è facile, il Cristianesimo ha un costo: la grazia non è a buon mercato. Non possiamo attraversare semplicemente la vita fino al regno dei cieli.

Dobbiamo impegnarci per la nostra salvezza. Ci saranno croci che ci costruiamo da noi stessi con la mortificazione e il rinnegamento di sé ed altre croci che ci sono imposte. Che cosa ne facciamo di queste croci? Una salute malferma, per esempio e l'ingiustizia degli altri. Dobbiamo unirle insieme a nostro Signore sulla Croce al fine di guadagnarci la nostra salvezza.

Circa un anno fa stavo parlando con papa Paolo VI e gli dissi:
“Un nome appropriato il tuo. Quando Paolo viaggiò di città in città, fu lapidato. E tu sei lapidato da chi ti sta attorno”. “Sì – disse – apro la mia corrispondenza a mezzanotte e in quasi ogni lettera c'è una spina e quando poggio la testa sul mio cuscino un'ora più tardi, mi distendo davvero su una corona di spine. Ma non posso esprimerti quanta ineffabile gioia provo nel soffrire”. Poi citò il versetto 24 del primo capitolo della lettera di San Paolo ai Colossesi: “Completo nella mia carne ciò che manca ai patimenti di Cristo a favore del suo corpo che è la Chiesa”. In altre parole, soffro tutto questo in favore della Chiesa. È così che si usa la sofferenza. Penso che la più grande tragedia di questo mondo sia la sofferenza sprecata. La gente soffre e non ha nessuno da amare. L'amore non uccide il dolore, ma lo diminuisce.

Ho un amico che ha passato 14 anni in una prigione comunista ed è stato torturato perché ha sempre predicato il Vangelo agli altri prigionieri. Fu prelevato dagli altri prigionieri mentre stava parlando del nostro buon Signore, messo in un tubo e gli colpivano i talloni con un bastone di ferro, rigirandolo. Un'altra volta mi disse: “Mi misero in una cella con dei ratti affamati”. Gli chiesi: “Che cosa hai pensato stando in una cella con dei ratti affamati? “Ho pensato alle parole di nostro Signore sulla Croce "Elì Elì lamà sabactani"; furono le ultime parole pronunciate in aramaico da nostro Signore sulla Croce: "Dio mio Dio mio perché mi hai abbandonato?". Queste parole sono dette al passato. Per cui il Signore non dice perché mi stai abbandonando?" ma "perché l'hai fatto in passato?" Pertanto nostro Signore deve aver guardato alla gioia della resurrezione, con la gioia posta dinanzi a lui ha sopportato la Croce. Ha dunque considerato la sua crocifissione al passato perché sapeva che sarebbe tornato alla vita. Questo è il modo in cui ho guardato i ratti. Mi sono fidato del Signore, non sarei morto lì. Ero nelle sue mani, avrei considerato quei ratti una storia chiusa. Alcuni ratti restarono fermi a terra a filosofare, erano troppo affamati per muoversi, altri mordicchiarono gli stracci sui miei piedi e dopo cinque giorni non mi avevano neppure toccato. Così i comunisti mi tirarono fuori dalla prigione. Sapevano che era inutile tenermi lì con i ratti affannati”.

Riassumendo tutto: come cristiani abbiamo una legge: Venerdì Santo, Pasqua. Non si compie niente di degno senza il rinnegamento di sé e la mortificazione. Se avete una croce, sopportatela. È strumento di guarigione. Sarete contenti per essa e grazie ad essa, un giorno, la vostra salvezza è assicurata».

Video lezione integrale qui (Ven. Fulton John Sheen – “La nostra Croce: morire per avere la vita”)

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Ven. Fulton Sheen. Quando verrà il Pastore santo predetto, chiameranno questo vescovo, il Nuovo Apostolo delle genti, perché le sue parole in questi tempi rappresentano la Chiesa viva che porta la croce con questo grande Pastore, che dal Cielo ci guida e le cui parole sono sempre vive ed attuali.