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giovedì 2 maggio 2024

Papa Francesco «Signore, aumenta la nostra fede! È una bella preghiera!» Udienza Generale 01/05/2024 (foto, testo e video)

UDIENZA GENERALE

Aula Paolo VI
Mercoledì, 1° maggio 2024















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Il testo qui di seguito include anche parti non lette che sono date ugualmente come pronunciate.

Catechesi. I vizi e le virtù. 17. La fede


Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi vorrei parlare della virtù della fede. Insieme con la carità e la speranza, questa virtù è detta “teologale”. Le virtù teologali sono tre: fede, speranza e carità. Perché sono teologali? Perché le si può vivere solo grazie al dono di Dio. Le tre virtù teologali sono i grandi doni che Dio fa alla nostra capacità morale. Senza di esse noi potremmo essere prudenti, giusti, forti e temperanti, ma non avremmo occhi che vedono anche nel buio, non avremmo un cuore che ama anche quando non è amato, non avremmo una speranza che osa contro ogni speranza.

Che cos’è la fede? Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci spiega che la fede è l’atto con cui l’essere umano si abbandona liberamente a Dio (n. 1814). In questa fede, Abramo è stato il grande padre. Quando accettò di lasciare la terra dei suoi antenati per dirigersi verso la terra che Dio gli avrebbe indicato, probabilmente sarà stato giudicato folle: perché lasciare il noto per l’ignoto, il certo per l’incerto? Ma perché fare quello? È pazzo? Ma Abramo parte, come se vedesse l’invisibile. Questo dice la Bibbia di Abramo: “Andò come se vedesse l’invisibile”. È bello questo. E sarà ancora questo invisibile a farlo salire sul monte con il figlio Isacco, l’unico figlio della promessa, che solo all’ultimo momento sarà risparmiato dal sacrificio. In questa fede, Abramo diventa padre di una lunga schiera di figli. La fede lo ha reso fecondo.

Uomo di fede sarà Mosè, il quale, accogliendo la voce di Dio anche quando più di un dubbio poteva scuoterlo, continuò a restare saldo e a fidarsi del Signore, e persino a difendere il popolo che invece tante volte mancava di fede.

Donna di fede sarà la Vergine Maria, la quale, ricevendo l’annuncio dell’Angelo, che molti avrebbero liquidato perché troppo impegnativo e rischioso, risponde: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38). E con il cuore pieno di fede, con il cuore pieno di fiducia in Dio, Maria parte per una strada di cui non conosce né il tracciato né i pericoli.

La fede è la virtù che fa il cristiano. Perché essere cristiani non è anzitutto accettare una cultura, con i valori che l’accompagnano, ma essere cristiano è accogliere e custodire un legame, un legame con Dio: io e Dio; la mia persona e il volto amabile di Gesù. Questo legame è quello che ci fa cristiani.

A proposito della fede, viene in mente un episodio del Vangelo. I discepoli di Gesù stanno attraversando il lago e vengono sorpresi dalla tempesta. Pensano di cavarsela con la forza delle loro braccia, con le risorse dell’esperienza, ma la barca comincia a riempirsi d’acqua e vengono presi dal panico (cfr Mc 4,35-41). Non si rendono conto di avere la soluzione sotto gli occhi: Gesù è lì con loro sulla barca, in mezzo alla tempesta, e Gesù dorme, dice il Vangelo. Quando finalmente lo svegliano, impauriti e anche arrabbiati perché Lui li lascia morire, Gesù li rimprovera: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?» (Mc 4,40).

Ecco, dunque, la grande nemica della fede: non è l’intelligenza, non è la ragione, come, ahimè, qualcuno continua ossessivamente a ripetere, ma la grande nemica della fede è la paura. Per questo motivo la fede è il primo dono da accogliere nella vita cristiana: un dono che va accolto e chiesto quotidianamente, perché si rinnovi in noi. Apparentemente è un dono da poco, eppure è quello essenziale. Quando ci hanno portato al fonte battesimale, i nostri genitori, dopo aver annunciato il nome che avevano scelto per noi, si sono sentiti interrogare dal sacerdote – questo è successo nel nostro Battesimo –: «Che cosa chiedete alla Chiesa di Dio?». E i genitori hanno risposto: «La fede, il battesimo!».

Per un genitore cristiano, consapevole della grazia che gli è stata regalata, quello è il dono da chiedere anche per suo figlio: la fede. Con essa un genitore sa che, pur in mezzo alle prove della vita, suo figlio non annegherà nella paura. Ecco, il nemico è la paura. Sa anche che, quando cesserà di avere un genitore su questa terra, continuerà ad avere un Dio Padre nei cieli, che non lo abbandonerà mai. Il nostro amore è così fragile, e solo l’amore di Dio vince la morte.

Certo, come dice l’Apostolo, la fede non è di tutti (cfr 2 Ts 3,2), e anche noi, che siamo credenti, spesso ci accorgiamo di averne solo una piccola scorta. Spesso Gesù ci può rimproverare, come fece coi suoi discepoli, di essere “uomini di poca fede”. Però è il dono più felice, l’unica virtù che ci è concesso di invidiare. Perché chi ha fede è abitato da una forza che non è solo umana; infatti, la fede “innesca” la grazia in noi e dischiude la mente al mistero di Dio. Come disse una volta Gesù: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe» (Lc 17,6). Perciò anche noi, come i discepoli, gli ripetiamo: Signore, aumenta la nostra fede! (cfr Lc 17,5) È una bella preghiera! La diciamo tutti insieme? “Signore, aumenta la nostra fede”. La diciamo insieme: [tutti] “Signore, aumenta la nostra fede”. Troppo debole, un po’ più forte: [tutti] “Signore, aumenta la nostra fede!”. Grazie.

Guarda il video della catechesi

Saluti

...

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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare...

Il mio pensiero va infine ai giovani, ai malati, agli anziani e agli sposi novelli. Oggi, primo maggio, con tutta la Chiesa facciamo memoria di san Giuseppe Lavoratore ed iniziamo il mese mariano. Pertanto, a ciascuno di voi vorrei riproporre la santa Famiglia di Nazaret come modello di comunità domestica: comunità di vita, di lavoro e di amore.

E poi non dimentichiamo di pregare per la pace: preghiamo per i popoli che sono vittime della guerra. La guerra sempre è una sconfitta, sempre. Pensiamo alla martoriata Ucraina che soffre tanto. Pensiamo agli abitanti della Palestina e di Israele, che sono in guerra. Pensiamo ai Rohingya, al Myanmar, e chiediamo la pace. Chiediamo la vera pace per questi popoli e per tutto il mondo. Purtroppo oggi gli investimenti che danno più reddito sono le fabbriche delle armi. Terribile, guadagnare con la morte. Chiediamo la pace, che vada avanti la pace.

A tutti la mia benedizione!


Guarda il video integrale


mercoledì 1 maggio 2024

Papa Francesco a Venezia 28 aprile 2024 - Bellezza e fragilità - Le cinque ore intense del Papa a Venezia (commenti/sintesi e video)

VISITA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
A VENEZIA 

Domenica, 28 aprile 2024




Il Papa a Venezia richiama la vocazione della città a essere segno di fraternità e di cura della casa comune

Bellezza e fragilità



Nell’arte il “rifugio” che libera il mondo ferito da violenza, egoismo e discriminazione

Ammirato dalla «incantevole bellezza» di Venezia, ma al contempo preoccupato «per le tante problematiche che la minacciano» — dai cambiamenti climatici alle «fragilità» delle costruzioni, dei beni culturali e delle persone — Papa Francesco ha richiamato la vocazione della città lagunare a essere segno di fraternità e di cura della Casa comune. Un implicito riferimento alle encicliche sociali Fratelli tutti e Laudato si’ il suo, che è riecheggiato domenica mattina nel suggestivo scenario di piazza San Marco gremita di fedeli — oltre diecimila — durante la messa con cui il Pontefice ha concluso la visita pastorale di cinque ore nel capoluogo del Veneto.

Un viaggio in quattro tappe, iniziato nel carcere femminile della Giudecca, dove rivolgendosi alle detenute ha pronunciato il primo discorso, incentrato sulla funzione redentiva della reclusione che non deve togliere la dignità ma offrire nuove possibilità. Sempre nel penitenziario, nella cappella dedicata alla Maddalena, il vescovo di Roma ha poi incontrato gli artisti partecipanti all’esposizione presso il Padiglione della Santa Sede alla Biennale d’Arte, primo Papa a visitare questa realtà. Nella circostanza ha spiegato che proprio nell’arte è possibile trovare un “rifugio” capace di liberare il mondo ferito da egoismi e discriminazioni.

Lasciata l’isola della Giudecca, Francesco si è poi diretto in motovedetta alla basilica di Santa Maria della Salute per un festoso appuntamento coi giovani del Patriarcato e delle altre diocesi del Triveneto, esortandoli a essere «rivoluzionari della gratuità». Infine la messa in San Marco conclusa con la recita del Regina Caeli, quando ancora una volta ha lanciato appelli per Haiti, la martoriata Ucraina, Palestina e Israele, per i Rohingya e le altre «tante popolazioni che soffrono a causa di guerre e violenze».
(fonte: L'Osservatore Romano 29/04/2024)

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Le cinque ore intense del Papa a Venezia in un video

In meno di due minuti la visita di Francesco nella città lagunare tra canti, alzaremi, spostamenti in motoscafo e l’entusiasmo della gente

Guarda il video

Solo cinque ore, sufficienti tuttavia a scrivere capitoli - piccoli e grandi di storia - per una intera città come Venezia, certamente non ‘digiuna’ di presenze papali. È stata breve (con anche un ampio anticipo dei tempi del programma), ma veramente intensissima la visita di Papa Francesco nella città lagunare di domenica 28 aprile. Quarto Papa a visitarla, primo in assoluto a recarsi nella Biennale d’Arte, Francesco ha snodato il suo percorso tra calli e canali proprio a partire dal padiglione della Santa Sede allestito nel carcere della Giudecca. Con le detenute del penitenziario femminile la prima tappa: nel cortile della loro “ora d’aria”, il Pontefice è atterrato intorno alle 8 per salutare le autorità civili e quelle dell’istituto. Circa un’ora il Papa ha trascorso con le recluse, in un cortile verde, ascoltando frammenti di storie e accogliendo doni, ricambiando con parole di denuncia (sui problemi di sovraffollamento, carenza di risorse, violenze, sofferenze) e al contempo di speranza su un carcere che “può diventare un luogo di rinascita, morale e materiale, in cui la dignità non è messa in isolamento”. Parole di speranza pure ai giovani del Triveneto, circa 1.500, incontrati sul sagrato della Basilica di Santa Maria della Salute, raggiunta in motoscafo in una delle immagini più rappresentative della visita, in mezzo ai canti che risuonavano dal molo, l’alzaremi dei gondolieri e palloncini e stendardi che volavano dalle barche. A ragazzi e ragazze l’invito ad “alzarsi da terra perché siamo fatti per il cielo, alzarsi dalle tristezze per levare lo sguardo in alto, alzarsi per stare in piedi di fronte alla vita, non seduti sul divano”. “Remate con costanza per andare lontani”, l’esortazione del Vescovo di Roma ai giovani, alcuni dei quali lo hanno accompagnato simbolicamente nella passeggiata lungo il ponte galleggiante per raggiungere piazza San Marco per la Messa conclusiva di fronte alla maestosa Basilica. Due giri in papamobile, con strette di mano e benedizioni ai neonati. Nell’omelia Francesco ha parlato delle bellezze di questa città unica al mondo, “splendida ma fragile” e per questo bisognosa di cure e salvaguardia, altrimenti, ha ammonito, “potrebbe perfino cessare di esistere”. Ad autorità e abitanti quindi l’appello perché Venezia, da sempre “luogo di incontro e di scambio culturale”, possa essere “segno di bellezza accessibile a tutti, a partire dagli ultimi”.
(Vatican News 28/04/2024 A cura di Salvatore Cernuzio, video di Andrea Moneta)

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Per approfondire vedi anche i nostri post precedenti e il video integrale della visita a Venezia.
Guarda il video integrale


Intenzione di preghiera per il mese di Maggio 2024: Preghiamo per la formazione di religiose, religiosi e seminaristi. (commento, testo, video e tweet)

Intenzione di preghiera per il mese di Maggio 2024 
Preghiamo per la formazione di religiose, religiosi e seminaristi.

Preghiamo perché i religiosi, le religiose e i seminaristi  crescano nel proprio cammino vocazionale  attraverso una formazione umana, pastorale, spirituale e comunitaria,  che li porti a essere testimoni credibili del Vangelo. 

Papa Francesco: Ogni vocazione è un “diamante grezzo”  
da lucidare, da lavorare, da plasmare in tutte le sue facce.
  • Nel Video del Papa di maggio, Francesco rivolge la sua preghiera “perché le religiose, i religiosi e i seminaristi crescano nel proprio cammino vocazionale attraverso una formazione umana, pastorale, spirituale e comunitaria, che li porti a essere testimoni credibili del Vangelo”.
  • La loro preparazione, ricorda il Papa nel videomessaggio realizzato dalla sua Rete Mondiale di Preghiera, deve essere integrale, deve svilupparsi fin dal seminario e dal noviziato, a diretto contatto con la vita delle altre persone.
  • Francesco ricorda infine che la formazione non si conclude in un determinato momento, ma continua per tutta la vita. E passa per diversi aspetti: consapevolezza dei propri limiti, preghiera, dedizione alla testimonianza del Vangelo, preparazione alla vita in comunità, vicinanza con la vita della gente.
Guarda il video

Il testo in italiano del videomessaggio del Papa

Ogni vocazione è un “diamante grezzo” 
da lucidare, da lavorare, da plasmare in tutte le sue facce. 

Un buon sacerdote, una religiosa, devono essere prima di tutto 
un uomo, una donna, formati, plasmati dalla grazia del Signore. 

Persone consapevoli dei propri limiti e disposte a condurre una vita 
di preghiera, di dedizione alla testimonianza del Vangelo. 
La loro preparazione deve essere integrale, 
deve svilupparsi fin dal seminario e dal noviziato, 
a diretto contatto con la vita delle altre persone. 
Questo è fondamentale. 

La formazione non si conclude in un determinato momento, 
ma continua per tutta la vita, negli anni, arricchendo la persona 
intellettualmente, umanamente, affettivamente, spiritualmente. 

E così anche la preparazione alla vita in comunità: 
la vita comunitaria arricchisce molto, anche se a volte può essere difficile. 
Perché vivere insieme e vivere in comunità non sono la stessa cosa. 

Preghiamo perché i religiosi, le religiose e i seminaristi 
crescano nel proprio cammino vocazionale 
attraverso una formazione umana, pastorale, spirituale e comunitaria, 
che li porti a essere testimoni credibili del Vangelo.

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Nel Video del Papa di questo mese, Francesco dedica la sua intenzione di preghiera alla formazione di religiose, religiosi e seminaristi. Nel suo videomessaggio, diffuso dalla Rete Mondiale di Preghiera del Papa e prodotto in collaborazione con l’arcidiocesi di Los Angeles e con il supporto di Hallow, insiste sul fatto che “ogni vocazione è un ‘diamante grezzo’ da lucidare, da lavorare, da plasmare da ogni lato”.

Una formazione integrale e continua per tutta la vita

Nella Costituzione Apostolica Veritatis Gaudium circa le Università e le Facoltà Ecclesiastiche, il Papa sottolinea che la formazione integrale delle vocazioni sacerdotali e religiose deve includere le dimensioni umana, spirituale, pastorale e comunitaria. Deve anche tenere conto della diversità culturale e sociale. Nella stessa ottica, Francesco riprende questa richiesta nel video e insiste sul fatto che la formazione “porti a essere testimoni credibili del Vangelo”: la formazione non è dunque soltanto l’acquisizione di conoscenze, ma un’esperienza di incontro profondo con Gesù.

La formazione alla vita comunitaria

La vita comunitaria è un aspetto centrale della vita di un religioso, di una religiosa o di un sacerdote. Per il Papa, questo è uno dei punti chiave nella formazione e nella preparazione di coloro che rispondono a questa vocazione. In questo senso, spiega che, se questa esperienza “arricchisce molto”, a volte può anche “essere difficile”, “perché – aggiunge – vivere insieme e vivere in comunità non sono la stessa cosa”.

Per Francesco, vivere e relazionarsi con gli altri non è sempre facile, ma la vita comunitaria è sempre una scuola di santità in cui si cresce nelle diverse virtù umane e si impara ad andare oltre se stessi.

Anni importantissimi

Proprio la vita comunitaria ha un ruolo centrale nelle immagini del Video del Papa di questo mese, che accompagna le parole di Francesco: dalle partite di basket ai pasti insieme, passando per i momenti comuni di preghiera e di studio, oltre naturalmente all’Eucaristia e al servizio ai più poveri, ogni giovane seminarista, religiosa o religioso rafforza la propria vocazione nella condivisione delle esperienze e nel confronto costante con gli altri. Quelli della formazione sono anni importantissimi nella formazione di ogni consacrato, e le scene di vita girate nell’arcidiocesi di Los Angeles – che ha partecipato alla produzione di questo video – ne raccontano la bellezza, sottolineando vari aspetti del messaggio del Papa: su tutti, il concetto che la formazione è un cammino continuo, e che – come ripete il Santo Padre – “un buon sacerdote, una religiosa, devono essere prima di tutto un uomo, una donna, formati, plasmati dalla grazia del Signore”.

La gioia del Vangelo

A questo Video ha dato un contributo decisivo l’arcidiocesi di Los Angeles, che ha messo vari professionisti al servizio della Rete Mondiale di Preghiera del Papa per raccontare al meglio l’intenzione di preghiera mensile di Francesco. “Siamo grati di sostenere Papa Francesco nell’invitare le persone di tutto il mondo a pregare per i seminaristi e le religiose e i religiosi che cercano di discernere il bellissimo piano di Dio per la loro vita”, ha dichiarato Mons. José H. Gomez, Arcivescovo di Los Angeles. “Il nostro team digitale ha cercato di far trasparire la gioia che irradia i giovani uomini e le giovani donne che dedicano la loro vita al servizio di Dio e del suo popolo”, ha dichiarato Sarah Yaklic, Direttrice del digitale dell’Arcidiocesi di Los Angeles: “Speriamo che la gioia del Vangelo vista nel video del Papa di questo mese rafforzi coloro che già sono in formazione e incoraggi altri giovani a prendere in considerazione una vocazione religiosa”.

Un impegno rinnovato

Il Video del Papa di questo mese ha ricevuto anche il sostegno di Hallow, app di preghiera nata negli USA. Il suo cofondatore, Alessandro DiSanto, commenta: “È un vero onore e una benedizione poter sostenere il Santo Padre e l’iniziativa del Video del Papa. Come applicazione che si occupa di aiutare le persone in tutto il mondo a trovare la pace e un senso nel loro rapporto personale con Dio, siamo particolarmente entusiasti di sponsorizzare questo video sulla formazione di religiose, religiosi e seminaristi. Siamo incredibilmente grati a questi uomini e donne che hanno accettato eroicamente le loro vocazioni religiose: dai sacerdoti che raggiungono i fedeli con i sacramenti alle religiose che servono la nostra Chiesa in così tanti modi, facendo sacrifici. La nostra sincera speranza è che questo video accenda un rinnovato impegno a sostegno di coloro che stanno discernendo o vivendo una vocazione religiosa, per essere poi nel mondo le mani di Cristo”.

La missione con gli altri inviati

Padre Frédéric Fornos S.J., direttore internazionale della Rete Mondiale di Preghiera del Papa, analizza il contenuto del messaggio e commenta: “È positivo che Francesco ci ricordi, ancora una volta e alla luce della Veritatis Gaudium, l’importanza di una formazione integrale per i giovani che intraprendono il loro cammino nella vita religiosa o come seminaristi. Tale formazione deve abbracciare tutte le dimensioni della vita umana: affettiva, spirituale, pastorale e comunitaria. In un contesto ecclesiale segnato da abusi di potere, di coscienza e sessuali, che hanno radici strutturali e ideologiche, è fondamentale che la formazione promuova un’apertura alla dimensione umana e affettiva, facilitando la conoscenza di sé; che favorisca un’autentica esperienza di incontro con Cristo, perché la testimonianza di vita possa comunicare la Buona Novella agli altri; che promuova la convivenza in comunità, per imparare ad accettare e valorizzare le differenze e il lavoro di squadra; che comprenda il contesto interculturale e interreligioso; che assicuri una formazione accademica di qualità, per servire meglio la missione di Cristo. La necessità di una formazione integrale è imperativa. Non è sufficiente acquisire conoscenze. Inoltre, questa formazione integrale prepara i giovani non solo ad affrontare le sfide di oggi, ma anche ad agire come ponti di dialogo in un mondo caratterizzato da pluralità e diversità. La capacità di stabilire un dialogo costruttivo e di mantenere un’apertura verso l’altro è essenziale per la missione della Chiesa, mostrando un volto compassionevole, comprensivo e vicino a tutte le persone”.

Anche nel mese di Maggio l'intenzione di preghiera del Papa è stata divulgata con un tweet



martedì 30 aprile 2024

Papa Francesco a Venezia 28 aprile 2024 - Santa Messa Omelia: "Venezia, terra che fa fratelli." Regina Caeli: "Anche da qui vogliamo invocare l’intercessione della Vergine Maria per le tante situazioni di sofferenza nel mondo." (cronaca, foto, testo e video)

VISITA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
A VENEZIA 

Domenica, 28 aprile 2024



10:30 Al termine del discorso, accompagnato da una delegazione di giovani, il Santo Padre attraversa il ponte di barche che collega con Piazza San Marco.
All’imbocco di Piazza San Marco il Santo Padre è accolto da: 
-On. Luca Zaia, Presidente della Regione Veneto
-Dott. Darco Pellos, Prefetto di Venezia
-Dott. Luigi Brugnaro, Sindaco di Venezia
11:00 Piazza San Marco:
CELEBRAZIONE DELLA SANTA MESSA
Omelia del Santo Padre
Regina caeli
Al termine della Santa Messa, ringraziamento di S.E. Mons. Francesco Moraglia, Patriarca di Venezia.
12:30 Terminata la Celebrazione Eucaristica, il Santo Padre entra in forma privata nella Basilica di San Marco per venerare le Reliquie del Santo; quindi sale sulla motovedetta e raggiunge l’eliporto del Collegio Navale “F. Morosini” a Sant’Elena.
Il Santo Padre si congeda dalle Autorità civili e religiose che Lo hanno accolto.
13:00 Decollo da Venezia
14:30 Atterraggio all’eliporto del Vaticano

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Francesco: Venezia sia segno di inclusione, cura del Creato e bellezza accessibile a tutti

Il Papa celebra la Messa in Piazza San Marco a conclusione della visita nella città lagunare. Circa 10.500 fedeli presenti. Nell’omelia l’invito ai cristiani a portare frutti di giustizia e solidarietà e “scelte di attenzione” per la salvaguardia del patrimonio ambientale e di quello umano: “Comunità, quartieri, città, diventino luoghi ospitali, accoglienti, inclusivi”. Dal Pontefice il monito: "Senza cura e salvaguardia dello scenario naturale, Venezia potrebbe cessare di esistere"

Il Papa durante la Messa in Piazza San Marco a Venezia

“Gesù è venuto a portare agli uomini la vita eterna… Essa è un’acqua fresca, che egli dà, una fonte sempre zampillante”. La metafora dell’acqua, sulla quale Venezia sorge, e le parole di Albino Luciani, che di Venezia fu patriarca per circa un decennio. Si richiama a due simboli della città lagunare, Papa Francesco, nell’omelia della Messa celebrata in Piazza San Marco che conclude la visita di oggi, domenica 28 aprile, in questa città tra le più affascinanti d’Italia e del mondo della quale il Pontefice elenca “le problematiche che la minacciano” - cambiamenti climatici, fragilità di costruzioni e beni culturali, gestione del turismo, relazioni sociali sfilacciate – e alla quale lascia un preciso mandato:

Essere segno di bellezza accessibile a tutti, a partire dagli ultimi, segno di fraternità e di cura per la nostra casa comune

Il Papa in jeep in Piazza San Marco

L'arrivo con i giovani sul ponte e il giro in papamobile

Sono circa 10.500 i fedeli presenti alla celebrazione del Papa nel quadrante architettonico, già luogo di concerti e manifestazioni, di fronte alla maestosa basilica che conserva le reliquie del patrono. Quelle a cui Francesco rende omaggio privatamente subito dopo la liturgia per un intimo momento di preghiera prima del congedo dalla città. Nella piazza il Pontefice giunge dopo aver attraversato in papamobile il ponte galleggiante da Santa Maria della Salute, seguito da un gruppo di ragazzi e ragazze in rappresentanza dei 1.500 giovani del Triveneto salutati poco prima fuori dalla Basilica. Lo accompagnano cantando canti della Gmg o con cori di "W il Papa" e "Francesco uno di noi!".

Jorge Mario Bergoglio compie per due volte il giro tra i fedeli assiepati tra i colonnati del Palazzo Ducale e gli spazi riservati ai bar storici, con i camerieri in fila in divisa che agitano le mani. Poi sale sul palco dove è sistemata l'icona della Madonna della Salute che da settant'anni non era esposta al pubblico. Sulla sinistra, un pannello ricorda il motto scelto per la visita: “Rimanere nell’amore di Cristo”. Un versetto biblico ispirato alla pagina del Vangelo di Giovanni del tralcio e della vite, da cui il Papa snoda la sua omelia. “Gesù è la vite, noi siamo i tralci”, dice Francesco. Cristo “ci raccomanda di custodire il dono inestimabile che è il legame con Lui, da cui dipende la nostra vita e la nostra fecondità”.

Francesco attraversa il ponte da Santa Maria della Salute a San Marco

Rami secchi senza il legame col Signore

Ma la metafora della vite, mentre esprime “la cura amorevole di Dio per noi”, d’altra parte “ci mette in guardia”

Se spezziamo questo legame con il Signore, non possiamo generare frutti di vita buona e noi stessi rischiamo di diventare rami secchi. È brutto, questo, diventare rami secchi, quei rami, che vengono gettati via

Senza cura e salvaguardia, Venezia rischia di cessare di esistere

Sullo sfondo di questa immagine usata da Gesù, il Papa rammenta la lunga storia che lega Venezia al “lavoro delle vigne”, alla “produzione del vino”, alla “cura di tanti viticoltori” e ai “numerosi vigneti” nelle isole della Laguna e nei giardini tra le calli. Dentro questa memoria non è difficile cogliere il messaggio della parabola, sottolinea: il Signore “moltiplica la nostra gioia” e “fa nascere germogli anche quando il terreno della nostra vita diventa arido. E tante volte il nostro cuore diventa arido…”. Ma la metafora di Cristo può essere letta anche pensando a Venezia, “città costruita sulle acque, e riconosciuta per questa sua unicità come uno dei luoghi più suggestivi al mondo”.

Venezia è un tutt’uno con le acque su cui sorge, e senza la cura e la salvaguardia di questo scenario naturale potrebbe perfino cessare di esistere

Numerose problematiche

Così è pure la nostra vita: in noi scorre “la linfa” dell’amore di Dio, senza questo diventiamo “rami secchi, che non portano frutto”. Perciò quello che conta, rimarca il Papa, è “rimanere nel Signore”, inteso non come “qualcosa di statico” ma come invito a “metterci in movimento” dietro a Lui, a "crescere, crescere", a “lasciarci provocare dal suo Vangelo e diventare testimoni del suo amore”.

L’amore è “il frutto” che i cristiani sono chiamati a portare nella vita, nelle relazioni, nella società, nel lavoro. “Se oggi guardiamo a questa città di Venezia, ammiriamo la sua incantevole bellezza, ma siamo anche preoccupati per le tante problematiche che la minacciano”, dice il Papa, elencandone una ad una:

I cambiamenti climatici, che hanno un impatto sulle acque della Laguna e sul territorio; la fragilità delle costruzioni, dei beni culturali, ma anche quella delle persone; la difficoltà di creare un ambiente che sia a misura d’uomo attraverso un’adeguata gestione del turismo; e inoltre tutto ciò che queste realtà rischiano di generare in termini di relazioni sociali sfilacciate, di individualismo e solitudine

Piazza San Marco durante la Messa del Papa

Frutti di pace e solidarietà

In questo scenario, solo restando uniti a Cristo si possono portare “frutti di giustizia e di pace, frutti di solidarietà e di cura vicendevole”; si può optare per “scelte di attenzione per la salvaguardia del patrimonio ambientale ma anche di quello umano”: "Non dimentichiamo il patrimonio umano, la grande umanità nostra, quella che ha preso Dio per camminare con noi", scandisce a braccio Papa Francesco. “Abbiamo bisogno – evidenzia - che le nostre comunità cristiane, i nostri quartieri, le città, diventino luoghi ospitali, accoglienti, inclusivi”.
Artisti capaci di diffondere l'amore

Un augurio a tutti i veneziani conclude l’omelia del Papa, quello di “respirare il clima della Biennale, che raccoglie, esplora e diffonde la multiforme ricchezza delle arti”.

Anche il Vangelo trasformando e modellando la nostra vita, ci vuole rendere artisti capaci di diffondere ovunque i frutti dell’amore e della gioia

La celebrazione di Papa Francesco

La venerazione delle reliquie di San Marco

Al termine della celebrazione, Francesco si è recato all'interno della Basilica per un momento privato di venerazione delle reliquie di San Marco. In silenzio, il Pontefice si è fermato per qualche istante davanti all'altare che custodisce le reliquie del patrono di Venezia. Poi di nuovo nella Piazza un bagno di folla con il saluto alle suore e ai volontari, il bacio ai neonati e la benedizione a qualche fedele che riusciva ad avvicinarsi alla papamobile. Salito in motovedetta, Francesco ha fatto ritorno alla Giudecca; dallo stesso cortile del carcere è decollato l'elicottero papale, atterrato alle 14.40 in Vaticano.
(fonte: Vatican News, articolo di Salvatore Cernuzio 28/04/2024)


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OMELIA DEL SANTO PADRE  

Piazza San Marco (Venezia)


Gesù è la vite, noi siamo i tralci. E Dio, il Padre misericordioso e buono, come un agricoltore paziente ci lavora con premura perché la nostra vita sia ricolma di frutti. Per questo, Gesù ci raccomanda di custodire il dono inestimabile che è il legame con Lui, da cui dipende la nostra vita e la nostra fecondità. Egli ripete con insistenza: «Rimanete in me e io in voi. […] Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto» (Gv 15,4). Solo chi rimane unito a Gesù porta frutto. Soffermiamoci su questo.

Gesù sta per concludere la sua missione terrena. Nell’Ultima Cena con quelli che saranno i suoi apostoli, Egli consegna loro, insieme con l’Eucaristia, alcune parole-chiave. Una di esse è proprio questa: «rimanete», mantenete vivo il legame con me, restate uniti a me come i tralci alla vite. Usando questa immagine, Gesù riprende una metafora biblica che il popolo conosceva bene e che incontrava anche nella preghiera, come nel salmo che dice: «Dio degli eserciti, ritorna! / Guarda dal cielo e vedi / e visita questa vigna» (Sal 80,15). Israele è la vigna che il Signore ha piantato e di cui si è preso cura. E quando il popolo non porta i frutti d’amore che il Signore si attende, il profeta Isaia formula un atto di accusa utilizzando proprio la parabola di un agricoltore che ha dissodato la sua vigna, l’ha ripulita dai sassi, vi ha piantato viti pregiate aspettandosi che producesse vino buono, ma essa, invece, dà soltanto acini acerbi. E il profeta conclude: «Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti / è la casa d’Israele; / gli abitanti di Giuda / sono la sua piantagione preferita. / Egli si aspettava giustizia / ed ecco spargimento di sangue, / attendeva rettitudine / ed ecco grida di oppressi» (Is 5,7). Gesù stesso, riprendendo Isaia, racconta la drammatica parabola dei vignaioli omicidi, mettendo in risalto il contrasto tra il lavoro paziente di Dio e il rifiuto del suo popolo (cfr Mt 21,33-44).

Dunque, la metafora della vite, mentre esprime la cura amorevole di Dio per noi, d’altra parte ci mette in guardia, perché, se spezziamo questo legame con il Signore, non possiamo generare frutti di vita buona e noi stessi rischiamo di diventare rami secchi. È brutto, questo, diventare rami secchi, quei rami che vengono gettati via.

Fratelli e sorelle, sullo sfondo dell’immagine usata da Gesù, penso anche alla lunga storia che lega Venezia al lavoro delle vigne e alla produzione del vino, alla cura di tanti viticoltori e ai numerosi vigneti sorti nelle isole della Laguna e nei giardini tra le calli della città, e a quelli che impegnavano i monaci a produrre vino per le loro comunità. Dentro questa memoria, non è difficile cogliere il messaggio della parabola della vite e dei tralci: la fede in Gesù, il legame con Lui non imprigiona la nostra libertà ma, al contrario, ci apre ad accogliere la linfa dell’amore di Dio, il quale moltiplica la nostra gioia, si prende cura di noi con la premura di un bravo vignaiolo e fa nascere germogli anche quando il terreno della nostra vita diventa arido. E tante volte il nostro cuore diventa arido.

Ma la metafora uscita dal cuore di Gesù può essere letta anche pensando a questa città costruita sulle acque, e riconosciuta per questa sua unicità come uno dei luoghi più suggestivi al mondo. Venezia è un tutt’uno con le acque su cui sorge, e senza la cura e la salvaguardia di questo scenario naturale potrebbe perfino cessare di esistere. Così è pure la nostra vita: anche noi, immersi da sempre nelle sorgenti dell’amore di Dio, siamo stati rigenerati nel Battesimo, siamo rinati a vita nuova dall’acqua e dallo Spirito Santo e inseriti in Cristo come i tralci nella vite. In noi scorre la linfa di questo amore, senza il quale diventiamo rami secchi, che non portano frutto. Il Beato Giovanni Paolo I, quando era Patriarca di questa città, disse una volta che Gesù «è venuto a portare agli uomini la vita eterna […]». E continuava: «Quella vita sta in lui e da lui passa ai suoi discepoli, come la linfa sale dal tronco ai tralci della vite. Essa è un’acqua fresca, che egli dà, una fonte sempre zampillante» (A. Luciani, Venezia 1975-1976. Opera Omnia. Discorsi, scritti, articoli, vol. VII, Padova 2011, 158).

Fratelli e sorelle, questo è ciò che conta: rimanere nel Signore, dimorare in Lui. Pensiamo a questo, un minuto: rimanere nel Signore, dimorare in Lui. E questo verbo – rimanere – non va interpretato come qualcosa di statico, come se volesse dirci di stare fermi, parcheggiati nella passività; in realtà, ci invita a metterci in movimento, perché rimanere nel Signore significa crescere; sempre rimanere nel Signore significa crescere, crescere nella relazione con Lui, dialogare con Lui, accogliere la sua Parola, seguirlo sulla strada del Regno di Dio. Perciò si tratta di metterci in cammino dietro a Lui: rimanere nel Signore e camminare, metterci in cammino dietro a Lui, lasciarci provocare dal suo Vangelo e diventare testimoni del suo amore.

Per questo Gesù dice che chi rimane in Lui porta frutto. E non si tratta di un frutto qualsiasi! Il frutto dei tralci in cui scorre la linfa è l’uva, e dall’uva proviene il vino, che è un segno messianico per eccellenza. Gesù, infatti, il Messia inviato dal Padre, porta il vino dell’amore di Dio nel cuore dell’uomo e lo riempie di gioia, lo riempie di speranza.

Cari fratelli e sorelle, questo è il frutto che siamo chiamati a portare nella nostra vita, nelle nostre relazioni, nei luoghi che frequentiamo ogni giorno, nella nostra società, nel nostro lavoro. Se oggi guardiamo a questa città di Venezia, ammiriamo la sua incantevole bellezza, ma siamo anche preoccupati per le tante problematiche che la minacciano: i cambiamenti climatici, che hanno un impatto sulle acque della Laguna e sul territorio; la fragilità delle costruzioni, dei beni culturali, ma anche quella delle persone; la difficoltà di creare un ambiente che sia a misura d’uomo attraverso un’adeguata gestione del turismo; e inoltre tutto ciò che queste realtà rischiano di generare in termini di relazioni sociali sfilacciate, di individualismo e solitudine.

E noi cristiani, che siamo tralci uniti alla vite, vigna del Dio che ha cura dell’umanità e ha creato il mondo come un giardino perché noi possiamo fiorirvi e farlo fiorire, noi cristiani, come rispondiamo? Restando uniti a Cristo potremo portare i frutti del Vangelo dentro la realtà che abitiamo: frutti di giustizia e di pace, frutti di solidarietà e di cura vicendevole; scelte di attenzione per la salvaguardia del patrimonio ambientale ma anche di quello umano: non dimentichiamo il patrimonio umano, la grande umanità nostra, quella che ha preso Dio per camminare con noi; abbiamo bisogno che le nostre comunità cristiane, i nostri quartieri, le città, diventino luoghi ospitali, accoglienti, inclusivi. E Venezia, che da sempre è luogo di incontro e di scambio culturale, è chiamata ad essere segno di bellezza accessibile a tutti, a partire dagli ultimi, segno di fraternità e di cura per la nostra casa comune. Venezia, terra che fa fratelli. Grazie.

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Al termine della celebrazione eucaristica in Piazza San Marco il Patriarca di Venezia Francesco Moraglia ha rivolto queste parole di ringraziamento al Santo Padre nel momento finale della sua visita alla Città e alla Chiesa di Venezia.
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Il Pontefice ha concluso guidando la recita del Regina Caeli per poi venerare in privato nella basilica di San Marco le reliquie del santo evangelista. Quindi, in motovedetta è tornato nella Casa di reclusione femminile della Giudecca da dove, dopo essersi congedato dalle autorità civili e religiose che lo avevano accolto all’arrivo, è partito in elicottero alla volta del Vaticano, dove è atterrato alle ore 14.40.









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REGINA CAELI


Cari fratelli e sorelle!

Prima di concludere la nostra celebrazione, desidero salutare tutti voi che avete partecipato. Ringrazio di cuore il Patriarca, Francesco Moraglia, e con lui i collaboratori e i volontari. Sono grato alle Autorità civili e alle Forze dell’ordine che hanno facilitato lo svolgimento di questa visita. Grazie a tutti!

Anche da qui, come ogni domenica, vogliamo invocare l’intercessione della Vergine Maria per le tante situazioni di sofferenza nel mondo.

Penso ad Haiti, dove è in vigore lo stato di emergenza e la popolazione è disperata per il collasso del sistema sanitario, la scarsità di cibo e le violenze che spingono alla fuga. Affidiamo al Signore i lavori e le decisioni del nuovo Consiglio Presidenziale di Transizione, insediatosi giovedì scorso a Port-au-Prince, affinché, con il rinnovato sostegno della Comunità internazionale, possa condurre il Paese a raggiungere la pace e la stabilità di cui tanto ha bisogno.

Penso alla martoriata Ucraina, alla Palestina e a Israele, ai Rohingya e a tante popolazioni che soffrono a causa di guerre e violenze. Il Dio della pace illumini i cuori perché cresca in tutti la volontà di dialogo e di riconciliazione.

Cari fratelli e sorelle, grazie ancora per la vostra accoglienza! Grazie al Patriarca. Vi porto con me nella preghiera; e anche voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me, perché questo lavoro non è facile!

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