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Sud Sudan: dramma umanitario a tre anni dall'indipendenza. Il 9 luglio di tre anni fa il Sud Sudan diventava ufficialmente indipendente. Il Paese più giovane del mondo è sull'orlo della catastrofe …Altro
Sud Sudan: dramma umanitario a tre anni dall'indipendenza.

Il 9 luglio di tre anni fa il Sud Sudan diventava ufficialmente indipendente. Il Paese più giovane del mondo è sull'orlo della catastrofe umanitaria, diviso dal conflitto che dallo scorso dicembre oppone il presidente Salva Kiir, di etnia Dinka, al suo ex vice Riek Machar, di etnia Nuer. Sei mesi di guerra hanno causato almeno 10mila morti e un milione di profughi, su una popolazione di 8 milioni persone. Ricco di petrolio, il Sud Sudan deve assistere al dramma della carestia che mette a rischio 900mila bambini. Per una testimonianza, Davide Maggiore ha raggiunto telefonicamente a Juba Enrica Valentini, direttrice del Catholic Radio Network, rete di emittenti cattoliche promossa dalla Conferenza episcopale locale:

R. – La situazione ovviamente non è rosea e molte persone sono scoraggiate: tutte le speranze che avevano dall’indipendenza, che il Paese potesse migliore e svilupparsi, si sono affievolite. Quello che la gente si aspetta, appunto, è che non ci sia una soluzione a breve del conflitto e delle differenze che ci sono tra i vari attori in gioco. Ma c’è anche – dall’altro lato - gente che ha ancora speranze: molti hanno detto che c’è ancora la volontà per un cambiamento. Indubbiamente questo anniversario dell’indipendenza è un momento per tutti per riflettere. Il tema che è stato scelto per la giornata quest’anno è “One people, one nation – Una sola popolazione, una nazione” è un po’ un invito per tutti a ricordare l’idea che l’indipendenza è venuta per unire le persone.

D. – Abbiamo accennato alla crisi in corso: quale sembra essere, dal vostro punto di osservazione, la situazione politica del Paese?
R. – L’impressione è che non ci sia veramente la volontà di sedersi e discutere. Quanto ai risultati che per ora sono venuti dai colloqui ad Addis Abeba, sono molto sulla carta e ben poco in pratica: ognuna delle parti rimane fissa sulle proprie idee, sulle proprie decisioni… L’altro elemento è che nelle ultime settimane è venuta fuori una grande discussione sul federalismo, vista come una delle possibili soluzioni alla situazione politica: ma c’è veramente poca chiarezza tra la popolazione - ma anche a livello politico - su cosa effettivamente significhi federalismo. E questo ha accentuato la tensione ultimamente.

D. – In questo contesto, cosa può fare la Chiesa?
R. – Continuare a enfatizzare il significato della parola “unità” e questo lo può fare con le parole, ma anche con l’esempio. Credo che anche la collaborazione tra le varie chiese, che è stata portata avanti negli anni, ma anche nei colloqui di pace, è un esempio pratico che la gente può tenere a mente e poi replicare nella vita quotidiana.

D. – Recentemente dal Sud Sudan sono arrivati allarmi dal punto di vista umanitario. Secondo una serie di organizzazioni non governative britanniche, si rischia la carestia….
R. – Sì! Tutta una serie di diversi elementi hanno portato ad aggravare la situazione. La stagione delle piogge è il momento in cui la gente incomincia a coltivare, ma questa stagione delle piogge non è stata sfruttata al massimo, perché la gente non ha potuto ricevere sementi e attrezzi che di solito vengono distribuiti. L’altro elemento è quello relativo agli sfollati, che hanno lasciato i loro campi e quindi ora non c’è nessuno che li possa coltivare. Molti sono in campi di accoglienza, ma hanno paura di andare fuori a coltivare la terra: temono ritorsioni. In altre zone la pioggia non è arrivata abbandonante come al solito e quindi anche le coltivazioni, che potevano essere state cominciate, soffrono della mancanza di pioggia.

D. – Resta comunque il nodo dei rapporti con il Sudan del Nord, con Khartoum: come influiscono sulla situazione sud sudanese?
R. – E’ difficile capirlo… Ufficialmente il Sudan si è schierato a favore di una soluzione pacifica, in modo tale che la zona rimanga stabile, perché questo poi favorisce anche i loro interessi economici; ma, dall’altro lato, ci sono state voci di supporto a milizie varie e anche lì non è così semplice capire se sono milizie legate al governo di Khartoum o ai vari movimenti anti-Khartoum che però sono presenti in Sudan.

it.radiovaticana.va/…/1102659