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gioiafelice
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Intervista a ALESSANDRO BERGONZONI. Chi sono i tuoi maestri?Io ho amanti non maestri. Anche se ne ho avuti tanti: dal teatro alla comicità, dai fratelli Marx ad artisti come Gastone Novelli e Pollock …Altro
Intervista a ALESSANDRO BERGONZONI.

Chi sono i tuoi maestri?Io ho amanti non maestri. Anche se ne ho avuti tanti: dal teatro alla comicità, dai fratelli Marx ad artisti come Gastone Novelli e Pollock, sono tutti maestri. Ma come ricordavo agli studenti di un liceo tecnico nei giorni scorsi, il maestro è come un libro, finito di leggerlo non lo dovete chiudere, ma continuare.
Mancano gli scrittori. Dicono che in Italia si scrive troppo e si legge poco. Io dico il contrario: si legge troppo, si scrive niente. A forza di maestri ci siamo rincoglioniti. I migliori si sono rincoglioniti perché si sono sentiti allattati dai maestri, i peggiori hanno trovato la scusa nei maestri, una scusa per dire “ci pensano i maestri, ci penseranno i don Ciotti”.
Noi tutti i giorni votiamo. Paghiamo un pizzo tutti i giorni. Io cittadino pago il pizzo alla pubblicità, al femminicidio, alla superficialità, alla televisione, a certi giornali, a certa satira da bar.
Posso dire che non ho solo maestri, ho anche maestri: c’è il buddista, il missionario, il grande medico, il fratello, il figlio, la figlia. Ma il lavoro è quello di continuarli, di proseguire Martin Luther King, madre Teresa, chi vuoi tu. Nei grandi concerti li sbattono sugli schermi a fare il filmatino, per emozionare. Gli esempi sono finiti. L’esempio sono io. Siamo noi.

Serve coraggio a portare sui palchi, nelle piazze, nei musei questi temi? Se la parola coraggio è quel concetto di sfida che vediamo nelle trasmissioni sportive e di intrattenimento quello non serve a nulla. Ho bisogno di un altro tipo di coraggio: è un urlo. Prima rifondiamo la parola coraggio ma al volo, dandoci dentro, parecchio. Altrimenti non basta. Quello che serve è la parola frequenza. Spostare questo tipo di luce, serve luce. Io mi sento urgente, ho una forma di corrente. E’ la frequenza. Manca frequenza non coraggio. Noi non tiriamo su l’antenna, non abbiamo la recezione. Siamo collegati con degli strumenti ma non riusciamo a mandare un’intenzione a sei chilometri o a dieci centimetri di distanza. Facciamo fatica a parlare con chi abbiamo davanti, facciamo fatica a irrorare. Manca irrorazione. C’è molta solitudine e pochi “soli”. “Soli” si sorge. ---

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