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Dal Duomo di Milano - Via Crucis: Canti e meditazione del Cardinale A. Scola - 1 aprile 2014 Arcidiocesi di Milano Via Crucis con l’Arcivescovo «Lo spettacolo della Croce» (Lc 23,48) «Padre, perdona loro…Altro
Dal Duomo di Milano - Via Crucis: Canti e meditazione del Cardinale A. Scola - 1 aprile 2014

Arcidiocesi di Milano
Via Crucis con l’Arcivescovo
«Lo spettacolo della Croce
» (Lc 23,48)
«Padre, perdona loro» (Stazioni VIII-XI)
Duomo di Milano, 1 aprile 2014
Martedì della quarta settimana di Quaresima
Lc 23,27-28;20-25; Is 50,6-7; dai Sal 22; 37; 40; 70; 87; 108 passim; Lc 23,33-38
Papa Benedetto XVI; Beato Giovanni XXIII; Paul Claudel; San Bonaventura

Catechesi di S.E.R. Card. Angelo Scola, Arcivescovo di Milano

Nelle quattro stazioni di questa sera abbiamo percorso le ultime tappe del cammino doloroso di Gesù, fino alle terribili ore della sua agonia sulla Croce. Ciascuno di noi, almeno dei più anziani come me, ha ben in mente l’agonia di qualcuno dei propri cari. Lo strazio di essere lì, accanto a loro, ma incapaci di risparmiargli anche solo un istante di quella lotta durissima e solitaria. L’impotenza, nonostante l’amorevole vicinanza, a liberarli da quella tremenda solitudine e dallo spavento del proprio male e della morte. Da quel drammatico pomeriggio sul Calvario di duemila anni fa, nessun uomo che muore è solo. Gesù è con tutti gli uomini che muoiono. Condivide ogni spasimo della loro agonia e si dona loro. Di più, li perdona (per-dono: nel dono è stato inserito un moltiplicatore infinito). «Padre, perdona loro».

VIII. Gesù incontra le donne di Gerusalemme

Ancora un incontro. Anche le ore della Via Crucis, come gli anni della vita pubblica di Gesù, sono piene di incontri.
Quasi che il metodo con cui il Signore ha voluto farsi presente agli uomini ci fosse consegnato come estrema, preziosa, eredità. Gesù si svela a noi e svela noi a noi stessi attraverso l’incontro. «Voltandosi verso di loro disse: “Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli”» (Lc 23,28).

La vita è una cosa seria, ma noi, per la nostra costitutiva fragilità e forse per il contesto in cui siamo immersi, siamo portati a banalizzarla, a mettere il silenziatore sulla responsabilità delle nostre azioni o a scaricarla su persone e circostanze fuori di noi. «Il Signore ci avverte del pericolo in cui siamo. Ci mostra la serietà del peccato e la serietà del giudizio. Non siamo forse, nonostante tutte le nostre parole di sgomento di fronte al male e alle sofferenze degli innocenti, troppo inclini a banalizzare il mistero del male?… Ma guardando alle sofferenze del Figlio vediamo tutta la serietà del peccato» (Papa Benedetto XVI).

IX. Gesù cade la terza volta

«Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli sputi» (Is 50,6). In questo Canto del Servo che prefigura l’Innocente condannato a morte, il profeta ci mette di fronte ad un’iniziativa positiva verso la sofferenza e il dolore. Eppure questa incredibile, inaudita iniziativa di Gesù non è masochismo, ma l’andare fino in fondo nel dono di sé per amore, «sapendo di non restare confuso» (Is 50,7); certo, come un bambino che, saldamente ancorato alla mano del padre, va incontro a tutto.
«Impariamo da lui… a voler bene… anche a quelli che ci fanno del male… e che forse dinnanzi a Dio sono più buoni di noi» (Beato Giovanni XXIII).

X. Gesù è spogliato delle vesti

«Essi stanno a guardare e mi osservano… mi hanno ritenuto come una vergogna» (Sal 108,25).
Cristo, il nuovo Adamo, ha preso su di sé e in sé tutta la debolezza e la mortalità della carne del vecchio Adamo. In Adamo ed Eva la nudità del corpo da trasparente segno della natura comunionale della persona diventa, dopo il peccato, oggetto di vergogna. La com-passione totale di Cristo – «Essi non ti hanno lasciato niente, o Signore… Hanno preso tutto» (Paul Claudel) – che si lascia spogliare di ogni suo diritto divino, restituisce al nostro corpo la sua dignità originaria e lo destina alla resurrezione. Quante decisive conseguenze della spoliazione del Redentore! San Paolo le riassume: «Il corpo è per il Signore e il Signore è per il corpo» (1Cor 6,13). Nella splendida vetrata che abbiamo davanti il corpo del Crocifisso, così sereno e luminoso, ci offre un presagio di resurrezione.

XI. Gesù è inchiodato alla croce

«Padre perdona loro»: una delle ultime, preziose parole di Gesù sulla croce è spesa per ribadire, ancora una volta, la misericordia. A questa esperienza così indispensabile per la vita dell’uomo, della famiglia oltre che per la vita buona della società e del mondo, deve corrispondere l’assenso pieno e grato della nostra libertà: «Egli ti ama, ti guarda e ti ha riscattato, cammina con lui e vivi per lui. Ammira, ringrazia, ama, loda e adora» (San Bonaventura).

O dolce legno,
o dolce palo della Croce
che porti il peso dolce della misericordia,
noi ti ammiriamo e ti rendiamo grazie.
O Croce di Gesù,
che ci mostri il suo corpo
spogliato, piagato, inchiodato,
il suo corpo totalmente offerto per la nostra salvezza,
noi ti adoriamo: donaci di amarti.


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