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4 Oct. San Francisco de Asís. Acitv on Apr 20, 2009 Francisco de Asís nació en Asís (Italia) en 1182. Era hijo de Pedro Bernardone un comerciante rico de la ciudad; y de Donna Pica Bourlemont.Más
4 Oct. San Francisco de Asís.
Acitv on Apr 20, 2009 Francisco de Asís nació en Asís (Italia) en 1182. Era hijo de Pedro Bernardone un comerciante rico de la ciudad; y de Donna Pica Bourlemont.
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السلام و كل خير (Arabic) Мир и всичко добро! (Bulgarian) 平安幸福! (Chinese tr.) Mir i dobro! (Croatian) Pokoj a dobro! (Czech) Fred og alt godt! (Danish) Vrede en alle goeds! (Dutch) Peace and all good! (English, USA/UK) Peace and all goodness! (English, USA, alternative) Pacon kaj ĉiu bonon (Esperanto) Bakea eta ongia! (Euskera-Basque) Paix et bonheur! (French) Friede und alles Gute! (German) Eirini kai Kalo! (Greek)Eirene kai agatha! (old Greek) Shalom v'kol tuv! (Hebrew) Shanti aur shubh kaamnaa (Hindi) Áldás, békesseg! (Hungarian) Siochan agus maitheas! (Irish) Pace e bene! (Italian) 平和と善 (Japanese) 평화와 선 (Pyeonghwa wa Suhn) (Korean) ئاشتى و هه موو باشية ك (Kurdish) Pax et bonum! (Latin) Paċi u risq! (Maltese) Fred og alt godt! (Norwegian) Pokój i dobro! (Polish) Paz e Bem ! (Portuguese) Pacea si Binele! (Romanian) Мира и добра! (Russian) Paci e bonu (Sicilian) Pokoj a dobro! (Slovak) Mir in dobro! (Slovenian) ¡Paz y bien! (Spanish) Frid och allt gott ! (Swedish) Samathanamum nallathum (Tamil, Sri Lanka) Shanti mariyu shubhamu (Telugu, India) Huzur ve iyilik üstüne olsun! (Turkish) Миру й добра! (Ukrainian) Kaane Wöön und ollas Guade! (Viennese) Bình An và Thiện Hảo (Vietnamese)
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Irapuato
San Francesco d'Assisi Patrono d'Italia
4 ottobre
Nel suo 'Testamento' scritto poco prima di morire, Francesco annotò: “Nessuno mi insegnava quel che io dovevo fare; ma lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo il Santo Vangelo”.
Per questo è considerato il più grande santo della fine del Medioevo; egli fu una figura sbocciata completamente dalla grazia e dalla sua interiorità, …Más
San Francesco d'Assisi Patrono d'Italia
4 ottobre

Nel suo 'Testamento' scritto poco prima di morire, Francesco annotò: “Nessuno mi insegnava quel che io dovevo fare; ma lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo il Santo Vangelo”.
Per questo è considerato il più grande santo della fine del Medioevo; egli fu una figura sbocciata completamente dalla grazia e dalla sua interiorità, non spiegabile per niente con l'ambiente spirituale da cui proveniva.
Ma proprio a lui toccò in un modo provvidenziale, di dare la risposta agli interrogativi più profondi del suo tempo.
Avendo messo in chiara luce con la sua vita i principi universali del Vangelo, con una semplicità e amabilità stupefacenti, senza imporre mai nulla a nessuno, ebbe un influsso straordinario, che dura tuttora, non solo nel mondo cristiano ma anche al di fuori di esso.

Origini e gioventù
Francesco, l'apostolo della povertà, in effetti era figlio di ricchi, nacque ad Assisi nei primi del 1182 da Pietro di Bernardone, agiato mercante di panni e dalla nobile Giovanna detta “la Pica”, di origine provenzale.
In omaggio alla nascita di Gesù, la religiosissima madonna Pica, volle partorire il bambino in una stalla improvvisata al pianterreno della casa paterna, in seguito detta “la stalletta” o “Oratorio di s. Francesco piccolino”, ubicata presso la piazza principale della città umbra.
La madre in assenza del marito Pietro, impegnato in un viaggio di affari in Provenza, lo battezzò con il nome di Giovanni, in onore del Battista; ma ritornato il padre, questi volle aggiungergli il nome di Francesco che prevarrà poi sul primo.
Questo nome era l'equivalente medioevale di 'francese' e fu posto in omaggio alla Francia, meta dei suoi frequenti viaggi e occasioni di mercato; disse s. Bonaventura suo biografo: “per destinarlo a continuare il suo commercio di panni franceschi”; ma forse anche in omaggio alla moglie francese, ciò spiega la familiarità con questa lingua da parte di Francesco, che l'aveva imparata dalla madre.
Crebbe tra gli agi della sua famiglia, che come tutti i ricchi assisiani godeva dei tanti privilegi imperiali, concessi loro dal governatore della città, il duca di Spoleto Corrado di Lützen.
Come istruzione aveva appreso le nozioni essenziali presso la scuola parrocchiale di San Giorgio e le sue cognizioni letterarie erano limitate; ad ogni modo conosceva il provenzale ed era abile nel mercanteggiare le stoffe dietro gli insegnamenti del padre, che vedeva in lui un valido collaboratore e l'erede dell'attività di famiglia.
Non alto di statura, magrolino, i capelli e la barbetta scura, Francesco era estroso ed elegante, primeggiava fra i giovani, amava le allegre brigate, spendendo con una certa prodigalità il denaro paterno, tanto da essere acclamato “rex iuvenum” (re dei conviti) che lo poneva alla direzione delle feste.

Combattente e sua conversione
Con la morte dell'imperatore di Germania Enrico IV (1165-1197) e l'elezione a papa del card. Lotario di Segni, che prese il nome di Innocenzo III (1198-1216), gli scenari politici cambiarono; il nuovo papa sostenitore del potere universale della Chiesa, prese sotto la sua sovranità il ducato di Spoleto compresa Assisi, togliendolo al duca Corrado di Lützen.
Ciò portò ad una rivolta del popolo contro i nobili della città, asserviti all'imperatore e sfruttatori dei loro concittadini, essi furono cacciati dalla rocca di Assisi e si rifugiarono a Perugia; poi con l'aiuto dei perugini mossero guerra ad Assisi (1202-1203).
Francesco, con lo spirito dell'avventura che l'aveva sempre infiammato, si buttò nella lotta fra le due città così vicine e così nemiche.
Dopo la disfatta subita dagli assisiani a Ponte San Giovanni, egli fu fatto prigioniero dai perugini a fine 1203 e restò in carcere per un lungo terribile anno; dopo che i suoi familiari ebbero pagato un consistente riscatto, Francesco ritornò in famiglia con la salute ormai compromessa.
La madre lo curò amorevolmente durante la lunga malattia; ma una volta guarito egli non era più quello di prima, la sofferenza aveva scavato nel suo animo un'indelebile solco, non sentiva più nessuna attrattiva per la vita spensierata e i suoi antichi amici non potevano più stimolarlo.
Come ogni animo nobile del suo tempo, pensò di arruolarsi nella cavalleria del conte Gualtiero di Brenne, che in Puglia combatteva per il papa; ma giunto a Spoleto cadde in preda ad uno strano malessere e la notte ebbe un sogno rivelatore con una voce misteriosa che lo invitava a “servire il padrone invece che il servo” e quindi di ritornare ad Assisi.
Colpito dalla rivelazione, tornò alla sua città, accolto con preoccupazione dal padre e con una certa disapprovazione di buona parte dei concittadini.
Lasciò definitivamente le allegre brigate per dedicarsi ad una vita d'intensa meditazione e pietà, avvertendo nel suo cuore il desiderio di servire il gran Re, ma non sapendo come; andò anche in pellegrinaggio a San Pietro in Roma con la speranza di trovare chiarezza.
Ritornato deluso ad Assisi, continuò nelle opere di carità verso i poveri ed i lebbrosi, ma fu solo nell'autunno 1205 che Dio gli parlò; era assorto in preghiera nella chiesetta campestre di San Damiano e mentre fissava un crocifisso bizantino, udì per tre volte questo invito: “Francesco va' e ripara la mia chiesa, che come vedi, cade tutta in rovina”.
Pieno di stupore, Francesco interpretò il comando come riferendosi alla cadente chiesetta di San Damiano, pertanto si mise a ripararla con il lavoro delle sue mani, utilizzando anche il denaro paterno.
A questo punto il padre, considerandolo ormai irrecuperabile, anzi pericoloso per sé e per gli altri, lo denunziò al tribunale del vescovo come dilapidatore dei beni di famiglia; notissima è la scena in cui Francesco denudatosi dai vestiti, li restituì al padre mentre il vescovo di Assisi Guido II, lo copriva con il mantello, a significare la sua protezione.
Il giovane fu affidato ai benedettini con la speranza che potesse trovare nel monastero la soddisfazione alle sue esigenze spirituali; i rapporti con i monaci furono buoni, ma non era quella la sua strada e ben presto riprese la sua vita di “araldo di Gesù re”, indossò i panni del penitente e prese a girare per le strade di Assisi e dei paesi vicini, pregando, servendo i più poveri, consolando i lebbrosi e ricostruendo oltre San Damiano, le chiesette diroccate di San Pietro alla Spira e della Porziuncola.

La vocazione alla povertà e l'inizio della sua missione
Nell'aprile del 1208, durante la celebrazione della Messa alla Porziuncola, ascoltando dal celebrante la lettura del Vangelo sulla missione degli Apostoli, Francesco comprese che le parole di Gesù riportate da Matteo (10, 9-10) si riferivano a lui: “Non procuratevi oro, né argento, né moneta di rame nelle vostre cinture, né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché l'operaio ha diritto al suo nutrimento. E in qualunque città o villaggio entriate, fatevi indicare se ci sia qualche persona degna, e lì rimanete fino alla vostra partenza”.
Era la risposta alle sue preghiere e domande che da tempo attendeva; comprese allora che le parole del Crocifisso a San Damiano non si riferivano alla ricostruzione del piccolo tempio, ma al rinnovamento della Chiesa nei suoi membri; depose allora i panni del penitente e prese la veste “minoritica”, cingendosi i fianchi con una rude corda e coprendosi il capo con il cappuccio in uso presso i contadini del tempo e camminando a piedi scalzi.
Iniziò così la vita e missione apostolica, sposando “madonna Povertà” tanto da essere poi definito “il Poverello di Assisi”, predicando con l'esempio e la parola il Vangelo come i primi apostoli.
Francesco apparve in un momento particolarmente difficile per la vita della Chiesa, travagliata da continue crisi provocate dal sorgere di movimenti di riforma ereticali e lotte di natura politica, in cui il papato era allora uno dei massimi protagonisti.
In un ambiente corrotto da ecclesiastici indegni e dalle violenze della società feudale, egli non prese alcuna posizione critica, né aspirò al ruolo di riformatore dei costumi morali della Chiesa, ma ad essa si rivolse sempre con animo di figlio devoto e obbediente.
Rendendosi interprete di sentimenti diffusi nel suo tempo, prese a predicare la pace, l'uguaglianza fra gli uomini, il distacco dalle ricchezze e la dignità della povertà, l'amore per tutte le creature di Dio e al disopra di ogni cosa, la venuta del regno di Dio.

Inizio dell'Ordine dei Frati Minori
Ben presto attirati dalla sua predicazione, si affiancarono a Francesco, quelli che sarebbero diventati suoi inseparabili compagni nella nuova vita: Bernardo di Quintavalle un ricco mercante, Pietro Cattani dottore in legge, Egidio contadino e poco dopo anche Leone, Rufino, Elia, Ginepro ed altri fino al numero di dodici, proprio come gli Apostoli, formanti una specie di 'fraternità' di chierici e laici, che vivevano alla luce di un semplice proposito di ispirazione evangelica.
Il loro era un vivere alla lettera il Vangelo, senza preoccupazioni teologiche e senza ambizioni riformatrici o contestazioni morali, indicando così una nuova vita a chi voleva vivere in carità e povertà all'interno della Chiesa; per la loro obbedienza alla gerarchia ecclesiastica, il vescovo di Assisi Guido prese a proteggerli, seguendoli con interesse e permettendo loro di predicare.
Ai primi del 1209 il gruppo si riuniva in una capanna nella località di Rivotorto, nella pianura sottostante la città di Assisi, presso la Porziuncola, iniziando così la “prima scuola” di formazione, dove durante un intero anno Francesco trasmise ai compagni il suo carisma, alternando alla preghiera, l'assistenza ai lebbrosi, la questua per sostenersi e per riparare le chiese danneggiate.
Giacché ormai essi sconfinavano fuori dalla competenza della diocesi, e ciò poteva procurare problemi, il vescovo Guido consigliò Francesco e il suo gruppo di recarsi a Roma dal papa Innocenzo III per farsi approvare la prima breve Proto-Regola del nuovo Ordine dei Frati Minori.
Regola che fu approvata oralmente dal papa, dopo un suggestivo incontro con il gruppetto, vestito dalla rozza tunica e scalzo, colpito fra l'altro da “quel giovane piccolo dagli occhi ardenti”; nacque così ufficialmente l'Ordine dei Frati Minori, che riceveva la tonsura entrando a far parte del clero; sembra che in quest'occasione Francesco abbia ricevuto il diaconato.

Chiara e le clarisse
Tutta Assisi parlava delle 'bizzarie' del giovane Francesco, che viveva in povertà con i compagni laggiù nella pianura e che spesso saliva in città a predicare il Vangelo con il permesso del vescovo, augurando a tutti “pace e bene”; nella primavera del 1209 aveva predicato perfino nella cattedrale di S. Rufino, dove nell'attigua piazza abitava la nobile famiglia degli Affreduccio e sicuramente in quell'occasione, fra i fedeli che ascoltavano, c'era la giovanissima figlia Chiara.
Colpita dalle sue parole, prese ad innamorarsi dei suoi ideali di povertà evangelica e cominciò a contattarlo, accompagnata dall'amica Bona di Guelfuccio e inviandogli spesso un poco di denaro.
Nella notte seguente la Domenica delle Palme del 1211, abbandonò di nascosto il suo palazzo e correndo al buio attraverso i campi, giunse fino alla Porziuncola dove chiese a Francesco di dargli Dio, quel Dio che lui aveva trovato e col quale conviveva.
Francesco, davanti all'altare della Vergine, le tagliò la bionda e lunga capigliatura (ancora oggi conservata) consacrandola al Signore.
Poi l'accompagnò al monastero delle benedettine a Bastia, per sottrarla all'ira dei parenti, i quali dopo un colloquio con Chiara che mostrò loro il capo senza capelli, si convinsero a lasciarla andare.
Successivamente Chiara e le compagne che l'avevano raggiunta, si spostò dopo alterne vicende, nel piccolo convento annesso alla chiesetta di San Damiano, dove nel 1215 a 22 anni Chiara fu nominata badessa; Francesco dettò alle “Povere donne recluse di S. Damiano” (il nome 'Clarisse' fu preso dopo la morte di s. Chiara) una prima Regola di vita, sostituita più tardi da quella della stessa santa.
Chiara con le compagne, sarà l'incarnazione al femminile dell'ideale francescano, a cui si assoceranno tante successive Congregazioni di religiose.

L'ideale missionario
Francesco non desiderò solo per sé e i suoi frati, l'evangelizzazione del mondo cristiano deviato dagli originari principi evangelici, ma anche raggiungere i non credenti, specie i saraceni, come venivano chiamati allora i musulmani.
Se in quell'epoca i rapporti fra il mondo cristiano e quello musulmano erano tipicamente di lotta, Francesco volle capovolgere questa mentalità, vedendo per primo in loro dei fratelli a cui annunciare il Vangelo, non con le armi ma offrendolo con amore e se necessario subire anche il martirio.
Mandò per questo i suoi frati prima dai Mori in Spagna, dove vennero condannati a morte e poi graziati dal Sultano e dopo in Marocco, dove il gruppo di frati composti da Berardo, Pietro, Accursio, Adiuto, Ottone, mentre predicavano, furono arrestati, imprigionati, flagellati e infine decapitati il 16 gennaio 1220.
Il ritorno in Portogallo dei corpi dei protomartiri, suscitò la vocazione francescana nell'allora canonico regolare di S. Agostino, il dotto portoghese e futuro santo, Antonio da Padova.
Francesco non si scoraggiò, nel 1219-1220 volle tentare personalmente l'impresa missionaria diretto in Marocco, ma una tempesta spinse la nave sulla costa dalmata, il secondo tentativo lo fece arrivare in Spagna, occupata dai musulmani, ma si ammalò e dovette tornare indietro, infine un terzo tentativo lo fece approdare in Palestina, dove si presentò al sultano egiziano Al-Malik al Kamil nei pressi del fiume Nilo, che lo ricevette con onore, ascoltandolo con interesse; il sultano non si convertì, ma Francesco poté dimostrare che il dialogo dell'amore poteva essere possibile fra le due grandi religioni monoteiste, dalle comuni origini in Abramo.

La seconda Regola
Verso la metà del 1220, Francesco dovette ritornare in Italia per rimettere ordine fra i suoi frati, cresciuti ormai in numero considerevole, per cui l'originaria breve Regola era diventata insufficiente con la sua rigidità.
Il Poverello non aveva inteso fondare conventi ma solo delle 'fraternità', piccoli gruppi di fratelli che vivessero in mezzo al mondo, mostrando che la felicità non era nel possedere le cose ma nel vivere in perfetta armonia secondo i comandamenti di Dio.
Ma la folla di frati ormai sparsi per tutta l'Italia, poneva dei problemi di organizzazione, di formazione, di studio, di adattamento alle necessità dell'apostolato in un mondo sempre in evoluzione; quindi il vivere in povertà non poteva condizionare gli altri aspetti del vivere nel mondo.
Nell'affollato “capitolo delle stuoia”, tenutosi ad Assisi nel 1221, Francesco autorizzò il dotto Antonio venuto da Lisbona, d'insegnare ai frati la sacra teologia a Bologna, specie a quelli addetti alla predicazione e alle confessioni.
La nuova Regola fu dettata da Francesco a frate Leone, accolta con soddisfazione dal cardinale protettore dell'Ordine, Ugolino de' Conti, futuro papa Gregorio IX e da tutti i frati; venne approvata il 29 novembre 1223 da papa Onorio III.
In essa si ribadiva la povertà, il lavoro manuale, la predicazione, la missione tra gl'infedeli e l'equilibrio tra azione e contemplazione; si permetteva ai frati di avere delle Case di formazione per i novizi, si stemperò un poco il concetto di divieto della proprietà.

Il presepe vivente di Greccio
La notte del 24 dicembre 1223, Francesco si sentì invadere il cuore di tenerezza e di slancio volle rivivere nella selva di Greccio, vicino Rieti, l'umile nascita di Gesù Bambino con figure viventi.
Nacque così la bella e suggestiva tradizione del Presepio nel mondo cristiano, che sarà ripresa dall'arte e dalla devozione popolare lungo i secoli successivi, con l'apporto dell'opera di grandi artisti, tale da costituire un filone dell'arte a sé stante, comprendenti orafi, scenografi, pittori, scultori, costumisti, architetti; il cui apice per magnificenza, realismo, suggestività, si ammira nel Presepe settecentesco napoletano.

Il suo Calvario personale
Ormai minato nel fisico per le malattie, per le fatiche, i continui spostamenti e digiuni, Francesco fu costretto a distaccarsi dal mondo e dal governo dell'Ordine, che aveva creato pur non avendone l'intenzione.
Nell'estate del 1224 si ritirò sul Monte della Verna (Alverna) nel Casentino, insieme ad alcuni dei suoi primi compagni, per celebrare con il digiuno e intensa partecipazione alla Passione di Cristo, la “Quaresima di San Michele Arcangelo”.
La mattina del 14 settembre, festa della Esaltazione della Santa Croce, mentre pregava su un fianco del monte, vide scendere dal cielo un serafino con sei ali di fiamma e di luce, che gli si avvicinò in volo rimanendo sospeso nell'aria.
Fra le ali del serafino, Francesco vide lampeggiare la figura di un uomo con mani e piedi distesi e inchiodati ad una croce; quando la visione scomparve lasciò nel cuore di Francesco un ammirabile ardore e nella carne i segni della crocifissione; per la prima volta nella storia della santità cattolica, si era verificato il miracolo delle stimmate.
Disceso dalla Verna, visibilmente dolorante e trasformato, volle ritornare ad Assisi; era anche prostrato da varie malattie, allo stomaco, alla milza e al fegato, con frequenti emottisi, inoltre la vista lo stava lasciando, a causa di un tracoma contratto durante il suo viaggio in Oriente.

Il lungo declino fisico, il “Cantico delle creature”, la morte
Dopo le ultime prediche all'inizio del 1225, Francesco si rifugiò a San Damiano, nel piccolo convento annesso alla chiesetta da lui restaurata tanti anni prima e dove viveva Chiara e le sue suore.
E in questo suggestivo e spirituale luogo di preghiera, egli compose il famoso “Cantico di frate Sole” o “Cantico delle Creature”, sublime poesia, ove si comprende quanto Francesco fosse penetrato nella più intima realtà della natura, contemplando sotto ogni creatura l'adorabile presenza di Dio.
Se la fede gli aveva fatto riscoprire la fratellanza universale degli uomini, tutti figli dello stesso Padre, nel 'Cantico' egli coglieva il legame d'amore che lega tutte le creature, animate ed inanimate, tra loro e con l'uomo, in un abbraccio planetario di fratelli e sorelle che hanno un solo scopo, dare gloria a Dio.
In questo periodo, ospite per un certo tempo nel palazzo vescovile, dettò anche il suo famoso 'Testamento', l'ultimo messaggio d'amore del Poverello ai suoi figli, affinché rimanessero fedeli a madonna Povertà.
Poi per l'interessamento del cardinale Ugolino e di frate Elia, Francesco accettò di sottoporsi alle cure dei medici della corte papale a Rieti; poi ancora a Fabriano, Siena e Cortona, ma nell'estate del 1226 non solo non era migliorato, ma si fece sempre più evidente il sorgere di un'altra grave malattia, l'idropisia.
Dopo un'altra sosta a Bagnara sulle montagne vicino a Nocera Umbra, perché potesse avere un po' di refrigerio, i frati visto l'aggravarsi delle sue condizioni, decisero di trasportarlo ad Assisi e su sua richiesta all'amata Porziuncola, dove a tarda sera del 3 ottobre 1226, Francesco morì recitando il salmo 141, adagiato sulla nuda terra, aveva circa 45 anni.
Le allodole, amanti della luce e timorose del buio, nonostante che fosse già sera, vennero a roteare sul tetto dell'infermeria, a salutare con gioia il santo, che un giorno (fra Camara e Bevagna), aveva invitato gli uccelli a cantare lodando il Signore; e in altra occasione in un campo verso Montefalco aveva tenuto loro una predica, che gli uccelli immobili ascoltarono, esplodendo poi in cinguetii e voli di gioia.
La mattina del 4 ottobre, il suo corpo fu traslato con una solenne processione dalla Porziuncola alla chiesa parrocchiale di S. Giorgio ad Assisi, dove era stato battezzato e dove aveva cominciato nel 1208 la predicazione.
Lungo il percorso il corteo si fermò a San Damiano, dove la cassa fu aperta, affinché santa Chiara e le sue “povere donne” potessero baciargli le stimmate.
Nella chiesa di San Giorgio rimase tumulato fino al 1230, quando venne portato nella Basilica inferiore, costruita da frate Elia, diventato Ministro Generale dell'Ordine.
Intanto il 16 luglio 1228, papa Gregorio IX a meno di due anni dalla morte, proclamò santo il Poverello d'Assisi, alla presenza della madre madonna Pica, del fratello Angelo e altri parenti, del vescovo Guido di Assisi, di numerosi cardinali e vescovi e di una folla di popolo mai vista, fissandone la festa al 4 ottobre.

Il culto, Patronati
Gli episodi della sua vita e dei suoi primi seguaci, furono raccolti e narrati nei “Fioretti di San Francesco”, opera di anonimo trecentesco, che contribuì nel tempo alla larga diffusione del suo culto, unitamente alla prima e seconda 'Vita', scritte dal suo discepolo Tommaso da Celano (1190-1260), su richiesta di papa Gregorio IX.
Alcuni episodi sono entrati nell'iconografia del santo e riprodotti dall'arte, come la predica agli uccelli, il roseto in cui si rotolò per sfuggire alla tentazione, il lupo che ammansì a Gubbio, il ricevimento delle Stimmate, ecc.
È patrono dell'Umbria e di molte città, fra le quali San Francisco negli USA che da lui prese il nome; innumerevoli sono le chiese, le parrocchie, i conventi, i luoghi pubblici che portano il suo nome; come pure tanti altri santi e beati, venuti dopo di lui, che ebbero al battesimo o adottarono nella vita religiosa il suo nome.
Il grande santo di Assisi, che lo storico e scrittore, don Enrico Pepe definisce “Patrimonio dell'umanità”, fu riconosciuto da papa Pio XII, come il “più italiano dei santi e più santo degli italiani” e il 18 giugno 1939, lo proclamò Patrono principale d'Italia.
Il cammino dei suoi 'Frati Minori'
La Regola composta da s. Francesco su istanza del cardinale Ugolino de' Conti, futuro papa Gregorio IX e approvata solennemente da Onorio III nel 1223, era formata da 12 capitoli, essa prescriveva una rigida e assoluta povertà, il lavoro per procurasi il cibo e l'elemosina come mezzo sussidiario di sostentamento.
Capo dell'Ordine, che si propagò rapidamente al punto che, vivente ancora il fondatore, annoverava già 13 Province, fu un Ministro Generale. Le costituzioni furono redatte da San Bonaventura da Bagnoregio.
Mentre ancora l'organizzazione del nuovo Movimento religioso si stava consolidando, scoppiarono i primi contrasti. I membri dell'Ordine si divisero in due fazioni: la prima intendeva adottare forme meno severe di vita comunitaria e prescindere dall'obbligo assoluto della povertà, al fine di rendere meno difficile lo sviluppo dell'Ordine stesso; la seconda al contrario, si proponeva di uniformarsi alla lettera e allo spirito delle norme lasciate dal fondatore.
I numerosi tentativi per placare i dissensi non ebbero effetto, anzi questi si acuirono di più quando Gregorio IX con la bolla “Quo elongati” (1230), concesse ai frati, che presero in seguito il nome di 'Conventuali', la possibilità di ricevere beni e di amministrarli per le loro esigenze.
Nel campo opposto, correnti definite ereticali, come quelle degli spirituali e dei fraticelli, rappresentarono l'ala estrema del francescanesimo e agitarono un programma di rinnovamento religioso misto ad un'auspicabile rinascita politico-sociale, che sarebbe dovuto sfociare nell'avvento del regno dello Spirito, ma si attirarono scomuniche e persecuzioni dalle autorità ecclesiastiche e feudali.
La divisione in due Movimenti, Osservanti e Conventuali, fu sanzionata nel 1517 da papa Leone X; nel 1525 papa Clemente VII approvò il nuovo ramo dei frati Cappuccini, guidato dal frate Minore Osservante Matteo da Bascio della Marca d'Ancona, dediti ad una più austera disciplina, povertà assoluta e vita eremitica; altre famiglie francescane riformate sorsero nei secoli (Alcantarini, Riformati, Amadeiti) in seno o a fianco degli Osservanti, ma tutti obbedivano al Ministro Generale dell'Osservanza.
L'Ordine francescano comprende anche il ramo femminile, le Clarisse e il Terz'Ordine dei laici o Terziari francescani, fondati dallo stesso s. Francesco nel 1221, per raccogliere i numerosi seguaci già sposati e di ogni ordine sociale.
L'Ordine, ai cui membri dei diversi rami, Leone XIII nel 1897, ingiunse di prendere il nome comune di Frati Minori, è tra i più importanti della Chiesa. Oltre alle pratiche religiose e ascetiche, essi furono e sono dediti alla predicazione, ad un apostolato di tipo sociale in luoghi di cura, e soprattutto all'opera missionaria.

Cantico delle Creature

Altissimo, onnipotente, bon Signore
Tue so' le laude, la gloria et l'honore
et onne benedictione.
A te solo, Altissimo, se konfanno
Et nullo homo ene digno te mentovare.
Laudato si', mi' Signore, cum tucte le tue creature,
specialmente messer lo frate sole
lo quale è iorno et allumini noi per lui,
et ellu è bellu e radiante, cum grande splendore:
de te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si', mi' Signore, per sora luna e le stelle:
in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle.
Laudato si', mi' Signore, per frate vento
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale alle tue creature dai sostentamento.
Laudato si', mi' Signore, per sora acqua,
la quale è molto utile et humile
et pretiosa et casta.
Laudato si', mi' Signore, per frate focu
per lo quale enallumini la nocte
ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
Laudato si', mi' Signore, per sora nostra madre terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti fiori et herba.
Laudato si', mi' Signore, per quelli ke perdonano
per lo tuo amore,
et sostengo' infirmitate et tribolatione.
Beati quelli ke le sosterranno in pace
ka da te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si', mi' Signore,
per sora nostra morte corporale
da la quale nullo homo vivente po' skappare.
Guai a quelli ke morranno ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà
ne le sue sanctissime volutati,
ka la morte secunda nol farrà male.
Laudate et benedicete mi' Signore,
et rengratiate et serviteli
cum grande humilitate.
(S. Francesco d'Assisi)

Autore: Antonio Borrelli
Irapuato
"San Francisco de Asís", película: San Francisco de Asís película
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Irapuato
"El caballero de Asís", dibujos animados: El Caballero de Asís
Irapuato
Vida de San Francisco
www.corazones.org/santos/francisco_asis.htm
Nació en Asís (Italia), en el año 1182. Después de una juventud disipada en diversiones, se convirtió, renunció a los bienes paternos y se entregó de lleno a Dios. Abrazó la pobreza y vivió una vida evangélica, predicando a todos el amor de Dios. Dio a sus seguidores unas sabias normas, que luego fueron aprobadas por la Santa …Más
Vida de San Francisco
www.corazones.org/santos/francisco_asis.htm
Nació en Asís (Italia), en el año 1182. Después de una juventud disipada en diversiones, se convirtió, renunció a los bienes paternos y se entregó de lleno a Dios. Abrazó la pobreza y vivió una vida evangélica, predicando a todos el amor de Dios. Dio a sus seguidores unas sabias normas, que luego fueron aprobadas por la Santa Sede. Fundó una Orden de frailes y su primera seguidora mujer, Santa Clara que funda las Clarisas, inspirada por El.

Un santo para todos
Ciertamente no existe ningún santo que sea tan popular como él, tanto entre católicos como entre los protestantes y aun entre los no cristianos. San Francisco de Asís cautivó la imaginación de sus contemporáneos presentándoles la pobreza, la castidad y la obediencia con la pureza y fuerza de un testimonio radical.
Llegó a ser conocido como el Pobre de Asís por su matrimonio con la pobreza, su amor por los pajarillos y toda la naturaleza. Todo ello refleja un alma en la que Dios lo era todo sin división, un alma que se nutría de las verdades de la fe católica y que se había entregado enteramente, no sólo a Cristo, sino a Cristo crucificado.

Nacimiento y vida familiar de un caballero
Francisco nació en Asís, ciudad de Umbría, en el año 1182. Su padre, Pedro Bernardone, era comerciante. El nombre de su madre era Pica y algunos autores afirman que pertenecía a una noble familia de la Provenza. Tanto el padre como la madre de Francisco eran personas acomodadas.
Pedro Bernardone comerciaba especialmente en Francia. Como se hallase en dicho país cuando nació su hijo, la gente le apodó "Francesco" (el francés), por más que en el bautismo recibió el nombre de Juan.

En su juventud, Francisco era muy dado a las románticas tradiciones caballerescas que propagaban los trovadores. Disponía de dinero en abundancia y lo gastaba pródigamente, con ostentación. Ni los negocios de su padre, ni los estudios le interesaban mucho, sino el divertirse en cosas vanas que comúnmente se les llama "gozar de la vida". Sin embargo, no era de costumbres licenciosas y era muy generoso con los pobres que le pedían por amor de Dios.

Hallazgo de un tesoro
Cuando Francisco tenía unos 20, estalló la discordia entre las ciudades de Perugia y Asís, y en la guerra, el joven cayó prisionero de los peruginos. La prisión duró un año, y Francisco la soportó alegremente. Sin embargo, cuando recobró la libertad, cayó gravemente enfermo. La enfermedad, en la que el joven probó una vez más su paciencia, fortaleció y maduró su espíritu. Cuando se sintió con fuerzas suficientes, determinó ir a combatir en el ejército de Galterío y Briena, en el sur de Italia. Con ese fin, se compró una costosa armadura y un hermoso manto. Pero un día en que paseaba ataviado con su nuevo atuendo, se topó con un caballero mal vestido que había caído en la pobreza; movido a compasión ante aquel infortunio, Francisco cambió sus ricos vestidos por los del caballero pobre. Esa noche vio en sueños un espléndido palacio con salas colmadas de armas, sobre las cuales se hallaba grabado el signo de la cruz y le pareció oír una voz que le decía que esas armas le pertenecían a él y a sus soldados.

Francisco partió a Apulia con el alma ligera y la seguridad de triunfar, pero nunca llegó al frente de batalla. En Espoleto, ciudad del camino de Asís a Roma, cayó nuevamente enfermo y, durante la enfermedad, oyó una voz celestial que le exhortaba a "servir al amo y no al siervo". El joven obedeció. Al principio volvió a su antigua vida, aunque tomándola menos a la ligera. La gente, al verle ensimismado, le decían que estaba enamorado. "Sí", replicaba Francisco, "voy a casarme con una joven más bella y más noble que todas las que conocéis". Poco a poco, con mucha oración, fue concibiendo el deseo de vender todos sus bienes y comprar la perla preciosa de la que habla el Evangelio.

Aunque ignoraba lo que tenía que hacer para ello, una serie de claras inspiraciones sobrenaturales le hizo comprender que la batalla espiritual empieza por la mortificación y la victoria sobre los instintos. Paseándose en cierta ocasión a caballo por la llanura de Asís, encontró a un leproso. Las llagas del mendigo aterrorizaron a Francisco; pero, en vez de huir, se acercó al leproso, que le tendía la mano para recibir una limosna. Francisco comprendió que había llegado el momento de dar el paso al amor radical de Dios. A pesar de su repulsa natural a los leprosos, venció su voluntad, se le acercó y le dio un beso. Aquello cambió su vida. Fue un gesto movido por el Espíritu Santo, pidiéndole a Francisco una calidad de entrega, un "sí" que distingue a los santos de los mediocres.

San Buenaventura nos dice que después de este evento, Francisco frecuentaba lugares apartados donde se lamentaba y lloraba por sus pecados. Desahogando su alma fue escuchado por el Señor. Un día, mientras oraba, se le apareció Jesús crucificado. La memoria de la pasión del Señor se grabó en su corazón de tal forma, que cada vez que pensaba en ello, no podía contener sus lágrimas y sollozos.

"Francisco, repara mi Iglesia, pues ya ves que está en ruinas"
A partir de entonces, comenzó a visitar y servir a los enfermos en los hospitales. Algunas veces regalaba a los pobres sus vestidos, otras, el dinero que llevaba. Les servía devotamente, porque el profeta Isaías nos dice que Cristo crucificado fue despreciado y tratado como un leproso. De este modo desarrollaba su espíritu de pobreza, su profundo sentido de humildad y su gran compasión. En cierta ocasión, mientras oraba en la iglesia de San Damián en las afueras de Asís, le pareció que el crucifijo le repetía tres veces: "Francisco, repara mi casa, pues ya ves que está en ruinas".

El santo, viendo que la iglesia se hallaba en muy mal estado, creyó que el Señor quería que la reparase; así pues, partió inmediatamente, tomó una buena cantidad de vestidos de la tienda de su padre y los vendió junto con su caballo. Enseguida llevó el dinero al pobre sacerdote que se encargaba de la iglesia de San Damián, y le pidió permiso de quedarse a vivir con él. El buen sacerdote consintió en que Francisco se quedase con él, pero se negó a aceptar el dinero. El joven lo depositó en el alféizar de la ventana. Pedro Bernardone, al enterarse de lo que había hecho su hijo, se dirigió indignado a San Damián. Pero Francisco había tenido buen cuidado de ocultarse.
Renuncia a la herencia de su padre
Al cabo de algunos días pasados en oración y ayuno, Francisco volvió a entrar en la población, pero estaba tan desfigurado y mal vestido, que la gente se burlaba de él como si fuese un loco. Pedro Bernardone, muy desconcertado por la conducta de su hijo, le condujo a su casa, le golpeó furiosamente (Francisco tenía entonces 25 años), le puso grillos en los pies y le encerró en una habitación.

La madre de Francisco se encargó de ponerle en libertad cuando su marido se hallaba ausente y el joven retornó a San Damián. Su padre fue de nuevo a buscarle ahí, le golpeó en la cabeza y le conminó a volver inmediatamente a su casa o a renunciar a su herencia y pagarle el precio de los vestidos que le había tomado. Francisco no tuvo dificultad alguna en renunciar a la herencia, pero dijo a su padre que el dinero de los vestidos pertenecía a Dios y a los pobres.

Su padre le obligó a comparecer ante el obispo Guido de Asís, quien exhortó al joven a devolver el dinero y a tener confianza en Dios: "Dios no desea que su Iglesia goce de bienes injustamente adquiridos". Francisco obedeció a la letra la orden del obispo y añadió: "Los vestidos que llevo puestos pertenecen también a mi padre, de suerte que tengo que devolvérselos". Acto seguido se desnudó y entregó sus vestidos a su padre, diciéndole alegremente: "Hasta ahora tú has sido mi padre en la tierra. Pero en adelante podré decir: “Padre nuestro, que estás en los cielos”.' Pedro Bernardone abandonó el palacio episcopal "temblando de indignación y profundamente lastimado".

El Obispo regaló a Francisco un viejo vestido de labrador, que pertenecía a uno de sus siervos. Francisco recibió la primera limosna de su vida con gran agradecimiento, trazó la señal de la cruz sobre el vestido con un trozo de tiza y se lo puso.

Llamado a la renuncia y a la negación
Enseguida, partió en busca de un sitio conveniente para establecerse. Iba cantando alegremente las alabanzas divinas por el camino real, cuando se topó con unos bandoleros que le preguntaron quién era. El respondió: "Soy el heraldo del Gran Rey". Los bandoleros le golpearon y le arrojaron en un foso cubierto de nieve. Francisco prosiguió su camino cantando las divinas alabanzas. En un monasterio obtuvo limosna y trabajo como si fuese un mendigo. Cuando llegó a Gubbio, una persona que le conocía le llevó a su casa y le regaló una túnica, un cinturón y unas sandalias de peregrino. Francisco los usó dos años, al cabo de los cuales volvió a San Damián.
Para reparar la iglesia, fue a pedir limosna en Asís, donde todos le habían conocido rico y, naturalmente, hubo de soportar las burlas y el desprecio de más de un mal intencionado. El mismo se encargó de transportar las piedras que hacían falta para reparar la iglesia y ayudó en el trabajo a los albañiles. Una vez terminadas las reparaciones en la iglesia de San Damián, Francisco emprendió un trabajo semejante en la antigua iglesia de San Pedro. Después, se trasladó a una capillita llamada Porciúncula, que pertenecía a la abadía benedictina de Monte Subasio. Probablemente el nombre de la capillita aludía al hecho de que estaba construida en una reducida parcela de tierra.

La Porciúncula se hallaba en una llanura, a unos cuatro kilómetros de Asís y, en aquella época, estaba abandonada y casi en ruinas. La tranquilidad del sitio agradó a Francisco tanto como el título de Nuestra Señora de los Ángeles, en cuyo honor había sido erigida la capilla.

Francisco la reparó y fijó en ella su residencia. Ahí le mostró finalmente el cielo lo que esperaba de él, el día de la fiesta de San Matías del año 1209.
En aquella época, el evangelio de la misa de la fiesta decía: "Id a predicar, diciendo: El Reino de Dios ha llegado... Dad gratuitamente lo que habéis recibido gratuitamente... No poseáis oro ... ni dos túnicas, ni sandalias, ni báculo ...He aquí que os envío como corderos en medio de los lobos..." (Mat.10 , 7-19). Estas palabras penetraron hasta lo más profundo en el corazón de Francisco y éste, aplicándolas literalmente, regaló sus sandalias, su báculo y su cinturón y se quedó solamente con la pobre túnica ceñida con un cordón. Tal fue el hábito que dio a sus hermanos un año más tarde: la túnica de lana burda de los pastores y campesinos de la región. Vestido en esa forma, empezó a exhortar a la penitencia con tal energía, que sus palabras hendían los corazones de sus oyentes. Cuando se topaba con alguien en el camino, le saludaba con estas palabras: "La paz del Señor sea contigo".

Dones extraordinarios
Dios le había concedido ya el don de profecía y el don de milagros. Cuando pedía limosna para reparar la iglesia de San Damián, acostumbraba decir: "Ayudadme a terminar esta iglesia. Un día habrá ahí un convento de religiosas en cuyo buen nombre se glorificarán el Señor y la universal Iglesia". La profecía se verificó cinco años más tarde en Santa Clara y sus religiosas. Un habitante de Espoleto sufría de un cáncer que le había desfigurado horriblemente el rostro. En cierta ocasión, al cruzarse con San Francisco, el hombre intentó arrojarse a sus pies, pero el santo se lo impidió y le besó en el rostro. El enfermo quedó instantáneamente curado. San Buenaventura comentaba a este propósito: "No sé si hay que admirar más el beso o el milagro".

Nueva orden religiosa y visita al Papa
Francisco tuvo pronto numerosos seguidores y algunos querían hacerse discípulos suyos. El primer discípulo fue Bernardo de Quintavalle, un rico comerciante de Asís. Al principio Bernardo veía con curiosidad la evolución de Francisco y con frecuencia le invitaba a su casa, donde le tenía siempre preparado un lecho próximo al suyo. Bernardo se fingía dormido para observar cómo el siervo de Dios se levantaba calladamente y pasaba largo tiempo en oración, repitiendo estas palabras: "Deus meus et omnia" (Mi Dios y mi todo). Al fin, comprendió que Francisco era "verdaderamente un hombre de Dios" y enseguida le suplicó que le admitiese corno discípulo.

Desde entonces, juntos asistían a misa y estudiaban la Sagrada Escritura para conocer la voluntad de Dios. Como las indicaciones de la Biblia concordaban con sus propósitos, Bernardo vendió cuanto tenía y repartió el producto entre los pobres.
Pedro de Cattaneo, canónigo de la catedral de Asís, pidió también a Francisco que le admitiese como discípulo y el santo les "concedió el hábito" a los dos juntos, el 16 de abril de 1209. El tercer compañero de San Francisco fue el hermano Gil, famoso por su gran sencillez y sabiduría espiritual.

En 1210, cuando el grupo contaba ya con 12 miembros, Francisco redactó una regla breve e informal que consistía principalmente en los consejos evangélicos para alcanzar la perfección. Con ella se fueron a Roma a presentarla para aprobación del Sumo Pontífice. Viajaron a pie, cantando y rezando, llenos de felicidad, y viviendo de las limosnas que la gente les daba.

En Roma no querían aprobar esta comunidad porque les parecía demasiado rígida en cuanto a pobreza, pero al fin un Cardenal dijo: "No les podemos prohibir que vivan como lo mandó Cristo en el Evangelio". Recibieron la aprobación, y se volvieron a Asís a vivir en pobreza, en oración, en santa alegría y gran fraternidad, junto a la iglesia de la Porciúncula. Inocencio III se mostró adverso al principio. Por otra parte, muchos cardenales opinaban que las órdenes religiosas ya existentes necesitaban de reforma, no de multiplicación y que la nueva manera de concebir la pobreza era impracticable.

El cardenal Juan Colonna alegó en favor de Francisco que su regla expresaba los mismos consejos con que el Evangelio exhortaba a la perfección. Más tarde, el Papa relató a su sobrino, quien a su vez lo comunicó a San Buenaventura, que había visto en sueños una palmera que crecía rápidamente y después, había visto a Francisco sosteniendo con su cuerpo la basílica de Letrán que estaba a punto de derrumbarse. Cinco años después, el mismo Pontífice tendría un sueño semejante a propósito de Santo Domingo. Inocencio III mandó, pues, llamar a Francisco y aprobó verbalmente su regla; enseguida le impuso la tonsura, así como a sus compañeros y les dio por misión predicar la penitencia.

La Porciúncula
San Francisco y sus compañeros se trasladaron provisionalmente a una cabaña de Rivo Torto, en las afueras de Asís, de donde salían a predicar por toda la región. Poco después, tuvieron dificultades con un campesino que reclamaba la cabaña para emplearla como establo de su asno. Francisco respondió: "Dios no nos ha llamado a preparar establos para los asnos", y acto seguido abandonó el lugar y partió a ver al abad de Monte Subasio. En 1212, el abad regaló a Francisco la capilla de la Porciúncula, a condición de que la conservase siempre como la iglesia principal de la nueva orden. El santo se negó a aceptar la propiedad de la capillita y sólo la admitió prestada. En prueba de que la Porciúncula continuaba como propiedad de los benedictinos, Francisco les enviaba cada año, a manera de recompensa por el préstamo, una cesta de pescados cogidos en el riachuelo vecino.

Por su parte, los benedictinos correspondían enviándole un tonel de aceite. Tal costumbre existe todavía entre los franciscanos de Santa María de los Ángeles y los benedictinos de San Pedro de Asís.
Alrededor de la Porciúncula, los frailes construyeron varias cabañas primitivas, porque San Francisco no permitía que la orden en general y los conventos en particular, poseyesen bienes temporales. Había hecho de la pobreza el fundamento de su orden y su amor a la pobreza se manifestaba en su manera de vestirse, en los utensilios que empleaba y en cada uno de sus actos. Acostumbraba llamar a su cuerpo "el hermano asno", porque lo consideraba como hecho para transportar carga, para recibir golpes y para comer poco y mal. Cuando veía ocioso a algún fraile, le llamaba "hermano mosca", porque en vez de cooperar con los demás echaba a perder el trabajo de los otros y les resultaba molesto.

Poco antes de morir, considerando que el hombre está obligado a tratar con caridad a su cuerpo, Francisco pidió perdón al suyo por haberlo tratado tal vez con demasiado rigor. El santo se había opuesto siempre a las austeridades indiscretas y exageradas. En cierta ocasión, viendo que un fraile había perdido el sueño a causa del excesivo ayuno, Francisco le llevó alimento y comió con él para que se sintiese menos mortificado.

Somete la carne a las espinas; Dios le otorga sabiduría
Al principio de su conversión, viéndose atacado por violentas tentaciones de impureza, solía revolcarse desnudo sobre la nieve. Cierta vez en que la tentación fue todavía más violenta que de ordinario, el santo se disciplinó furiosamente; como ello no bastase para alejarla, acabó por revolcarse sobre las zarzas y los abrojos.
Su humildad no consistía simplemente en un desprecio sentimental de sí mismo, sino en la convicción de que "ante los ojos de Dios el hombre vale por lo que es y no más". Considerándose indigno del sacerdocio, Francisco sólo llegó a recibir el diaconado. Detestaba de todo corazón las singularidades. Así cuando le contaron que uno de los frailes era tan amante del silencio que sólo se confesaba por señas, respondió disgustado: "Eso no procede del espíritu de Dios sino del demonio; es una tentación y no un acto de virtud." Dios iluminaba la inteligencia de su siervo con una luz de sabiduría que no se encuentra en los libros. Cuando cierto fraile le pidió permiso para estudiar, Francisco le contestó que si repetía con devoción el "Gloria Patri", llegaría a ser sabio a los ojos de Dios y él mismo era el mejor ejemplo de la sabiduría adquirida en esa forma.

Sobre la pobreza de espíritu, Francisco decía: "Hay muchos que tienen por costumbre multiplicar plegarias y prácticas devotas, afligiendo sus cuerpos con numerosos ayunos y abstinencias; pero con una sola palabrita que les suena injuriosa a su persona o por cualquier cosa que se les quita, enseguida se ofenden e irritan. Estos no son pobres de espíritu, porque el que es verdaderamente pobre de espíritu, se aborrece a sí mismo y ama a los que le golpean en la mejilla".

La Naturaleza
Sus contemporáneos hablan con frecuencia del cariño de Francisco por los animales y del poder que tenía sobre ellos. Por ejemplo, es famosa la reprensión que dirigió a las golondrinas cuando iba a predicar en Alviano: "Hermanas golondrinas: ahora me toca hablar a mí; vosotras ya habéis parloteado bastante". Famosas también son las anécdotas de los pajarillos que venían a escucharle cuando cantaba las grandezas del Creador, del conejillo que no quería separarse de él en el Lago Trasimeno y del lobo de Gubbio amansado por el santo. Algunos autores consideran tales anécdotas como simples alegorías, en tanto que otros les atribuyen valor histórico.

Aventura de amor con Dios
Los primeros años de la orden en Santa María de los Ángeles fueron un período de entrenamiento en la pobreza y la caridad fraternas. Los frailes trabajaban en sus oficios y en los campos vecinos para ganarse el pan de cada día. Cuando no había trabajo suficiente, solían pedir limosna de puerta en puerta; pero el fundador les había prohibido que aceptasen dinero. Estaban siempre prontos a servir a todo el mundo, particularmente a los leprosos y menesterosos.
San Francisco insistía en que llamasen a los leprosos "mis hermanos cristianos" y los enfermos no dejaban de apreciar esta profunda delicadeza. Les decía a los frailes: ¨Todos los hermanos procuren ejercitarse en buenas obras, porque está escrito: 'Haz siempre algo bueno para que el diablo te encuentre ocupado'. Y también, 'La ociosidad es enemiga del alma'. Por eso los siervos de Dios deben dedicarse continuamente a la oración o a alguna buena actividad.¨
El número de los compañeros del santo continuaba en aumento, entre ellos se contaba el famoso "juglar de Dios", fray Junípero; a causa de la sencillez del hermanito Francisco solía repetir: "Quisiera tener todo un bosque de tales juníperos". En cierta ocasión en que el pueblo de Roma se había reunido para recibir a fray Junípero, sus compañeros le hallaron jugando apaciblemente con los niños fuera de las murallas de la ciudad. Santa Clara acostumbraba llamarle "el juguete de Dios".

Santa Clara
Clara había partido de Asís para seguir a Francisco, en la primavera de 1212, después de oírle predicar. El santo consiguió establecer a Clara y sus compañeras en San Damián, y la comunidad de religiosas llegó pronto a ser, para los franciscanos, lo que las monjas de Prouille habían de ser para los dominicos: una muralla de fuerza femenina, un vergel escondido de oración que hacía fecundo el trabajo de los frailes.
Evangeliza a los mahometanos
En el otoño de ese año, Francisco, no contento con todo lo que había sufrido y trabajado por las almas en Italia, resolvió ir a evangelizar a los mahometanos. Así pues, se embarcó en Ancona con un compañero rumbo a Siria; pero una tempestad hizo naufragar la nave en la costa de Dalmacia. Como los frailes no tenían dinero para proseguir el viaje, se vieron obligados a esconderse furtivamente en un navío para volver a Ancona. Después de predicar un año en el centro de Italia (el señor de Chiusi puso entonces a la disposición de los frailes un sitio de retiro en Monte Alvernia, en los Apeninos de Toscana), San Francisco decidió partir nuevamente a predicar a los mahometanos en Marruecos. Pero Dios tenía dispuesto que no llegase nunca a su destino: el santo cayó enfermo en España y, después, tuvo que retornar a Italia. Ahí se consagró apasionadamente a predicar el Evangelio a los cristianos.

La humildad y obediencia
San Francisco dio a su orden el nombre de "Frailes Menores" por humildad, pues quería que sus hermanos fuesen los siervos de todos y buscasen siempre los sitios más humildes. Con frecuencia exhortaba a sus compañeros al trabajo manual y, si bien les permitía pedir limosna, les tenía prohibido que aceptasen dinero. Pedir limosna no constituía para él una vergüenza, ya que era una manera de imitar la pobreza de Cristo. Sobre la excelsa virtud de la humildad, decía: "Bienaventurado el siervo a quien lo encuentran en medio de sus inferiores con la misma humildad que si estuviera en medio de sus superiores. Bienaventurado el siervo que siempre permanece bajo la vara de la corrección. Es siervo fiel y prudente el que, por cada culpa que comete, se apresura a expiarlas: interiormente, por la contrición y exteriormente por la confesión y la satisfacción de obra". El santo no permitía que sus hermanos predicasen en una diócesis sin permiso expreso del Obispo. Entre otras cosas, dispuso que "si alguno de los frailes se apartaba de la fe católica en obras o palabras y no se corregía, debería ser expulsado de la hermandad". Todas las ciudades querían tener el privilegio de albergar a los nuevos frailes, y las comunidades se multiplicaron en Umbría, Toscana, Lombardia y Ancona.

Crece la orden
Se cuenta que en 1216, Francisco solicitó del Papa Honorio III la indulgencia de la Porciúncula o "perdón de Asís". El año siguiente, conoció en Roma a Santo Domingo, quien había predicado la fe y la penitencia en el sur de Francia en la época en que Francisco era "un gentilhombre de Asís". San Francisco tenía también la intención de ir a predicar en Francia. Pero, como el cardenal Ugolino (quien fue más tarde Papa con el nombre de Gregorio IX) le disuadiese de ello, envió en su lugar a los hermanos Pacífico y Agnelo. Este último había de introducir más tarde la Orden de los frailes menores en Inglaterra. El sabio y bondadoso cardenal Ugolino ejerció una gran influencia en el desarrollo de la Orden. Los compañeros de San Francisco eran ya tan numerosos, que se imponía forzosamente cierta forma de organización sistemática y de disciplina común. Así pues, se procedió a dividir a la Orden en provincias, al frente de cada una de las cuales se puso a un ministro, "encargado del bien espiritual de los hermanos; si alguno de ellos llegaba a perderse por el mal ejemplo del ministro, éste tendría que responder de él ante Jesucristo". Los frailes habían cruzado ya los Alpes y tenían misiones en España, Alemania y Hungría.

El primer capítulo general se reunió, en la Porciúncula, en Pentecostés del año de 1217. En 1219, tuvo lugar el capítulo "de las esteras", así llamado por las cabañas que debieron construirse precipitadamente con esteras para albergar a los delegados. Se cuenta que se reunieron entonces cinco mil frailes. Nada tiene de extraño que en una comunidad tan numerosa, el espíritu del fundador se hubiese diluido un tanto. Los delegados encontraban que San Francisco se entregaba excesivamente a la aventura y exigían un espíritu más práctico. Es que así les parecía lo que en realidad era una gran confianza en Dios.

El santo se indignó profundamente y replicó: "Hermanos míos, el Señor me llamó por el camino de la sencillez y la humildad y por ese camino persiste en conducirme, no sólo a mí sino a todos los que estén dispuestos a seguirme... El Señor me dijo que deberíamos ser pobres y locos en este mundo y que ése y no otro sería el camino por el que nos llevaría. Quiera Dios confundir vuestra sabiduría y vuestra ciencia y haceros volver a vuestra primitiva vocación, aunque sea contra vuestra voluntad y aunque la encontréis tan defectuosa".
Francisco les insistía en que amaran muchísimo a Jesucristo y a la Santa Iglesia Católica, y que vivieran con el mayor desprendimiento posible hacia los bienes materiales, y no se cansaba de recomendarles que cumplieran lo más exactamente posible todo lo que manda el Santo Evangelio.

El mayor privilegio: no gozar de privilegio alguno
Recorría campos y pueblos invitando a la gente a amar más a Jesucristo, y repetía siempre: 'El Amor no es amado". La gente le escuchaba con especial cariño y se admiraba de lo mucho que sus palabras influían en los corazones para entusiasmarlos por Cristo y su Verdad. Sus palabras eran reflejo de su vida en imitación a Jesús, decía:
"El que ama verdaderamente a su enemigo no se apena de las injurias que éste le provoca, sino que sufre por amor de Dios a causa del pecado que arrastra el alma que lo ofendió. Y le manifiesta su amor con obras".

A quienes le propusieron que pidiese al Papa permiso para que los frailes pudiesen predicar en todas partes sin autorización del obispo, Francisco repuso: "Cuando los obispos vean que vivís santamente y que no tenéis intenciones de atentar contra su autoridad, serán los primeros en rogaros que trabajéis por el bien de las almas que les han sido confiadas. Considerad como el mayor de los privilegios el no gozar de privilegio alguno..." Al terminar el capítulo, San Francisco envió a algunos frailes a la primera misión entre los infieles de Túnez y Marruecos, y se reservó para sí la misión entre los sarracenos de Egipto y Siria. En 1215, durante el Concilio de Letrán, el Papa Inocencio III había predicado una nueva cruzada, pero tal cruzada se había reducido simplemente a reforzar el Reino Latino de oriente. Francisco quería blandir la espada de Dios.
San Francisco se fue a Tierra Santa a visitar en devota peregrinación los Santos Lugares donde Jesús nació, vivió y murió: Belén, Nazaret, Jerusalén, etc. En recuerdo de esta piadosa visita suya, los franciscanos están encargados desde hace siglos de custodiar los Santos Lugares de Tierra Santa.

Misionero ante el Sultán
En junio de 1219, se embarcó en Ancona con 12 frailes. La nave los condujo a Damieta, en la desembocadura del Nilo. Los cruzados habían puesto sitio a la ciudad, y Francisco sufrió mucho al ver el egoísmo y las costumbres disolutas de los soldados de la cruz. Consumido por el celo de la salvación de los sarracenos, decidió pasar al campo del enemigo, por más que los cruzados le dijeron que la cabeza de los cristianos estaba puesta a precio. Habiendo conseguido la autorización del delegado pontificio, Francisco y el hermano Iluminado se aproximaron al campo enemigo, gritando: "¡Sultán, Sultán!". Cuando los condujeron a la presencia de Malek-al-Kamil, Francisco declaró osadamente: "No son los hombres quienes me han enviado, sino Dios todopoderoso.

Vengo a mostrarles, a ti y a tu pueblo, el camino de la salvación; vengo a anunciarles las verdades del Evangelio". El Sultán quedó impresionado y rogó a Francisco que permaneciese con él. El santo replicó: "Si tú y tu pueblo estáis dispuestos a oír la palabra de Dios, con gusto me quedaré con vosotros. Y si todavía vaciláis entre Cristo y Mahoma, manda encender una hoguera; yo entraré en ella con vuestros sacerdotes y así veréis cuál es la verdadera fe". El Sultán contestó que probablemente ninguno de los sacerdotes querría meterse en la hoguera y que no podía someterlos a esa prueba para no soliviantar al pueblo.
Cuentan que el Sultán llegó a decir: "Si todos los cristianos fueran como él, entonces valdría la pena ser cristiano". Pero el Sultán, Malek-al-Kamil, mandó a Francisco que volviese al campo de los cristianos. Desalentado al ver el reducido éxito de su predicación entre los sarracenos y entre los cristianos, el Santo pasó a visitar los Santos Lugares. Ahí recibió una carta en la que sus hermanos le pedían urgentemente que retornase a Italia.

La crisis del acomodamiento lleva a clarificar la regla
Durante la ausencia de Francisco, sus dos vicarios, Mateo de Narni y Gregorio de Nápoles, habían introducido ciertas innovaciones que tendían a uniformar a los frailes menores con las otras órdenes religiosas y a encuadrar el espíritu franciscano en el rígido esquema de la observancia monástica y de las reglas ascéticas. Las religiosas de San Damián tenían ya una constitución propia, redactada por el cardenal Ugolino sobre la base de la regla de San Benito. Al llegar a Bolonia, Francisco tuvo la desagradable sorpresa de encontrar a sus hermanos hospedados en un espléndido convento. El Santo se negó a poner los pies en él y vivió con los frailes predicadores. Enseguida mandó llamar al guardián del convento franciscano, le reprendió severamente y le ordenó que los frailes abandonasen la casa.

Tales acontecimientos tenían a los ojos del Santo las proporciones de una verdadera traición: se trataba de una crisis de la que tendría que salir la Orden sublimada o destruida. San Francisco se trasladó a Roma donde consiguió que Honorio III nombrase al cardenal Ugolino protector y consejero de los franciscanos, ya que el purpurado había depositado una fe ciega en el fundador y poseía una gran experiencia en los asuntos de la Iglesia. Al mismo tiempo, Francisco se entregó ardientemente a la tarea de revisar la regla, para lo que convocó a un nuevo capítulo general que se reunió en la Porciúncula en 1221. El Santo presentó a los delegados la regla revisada. Lo que se refería a la pobreza, la humildad y la libertad evangélica, características de la Orden, quedaba intacto. Ello constituía una especie de reto del fundador a los disidentes y legalistas que, por debajo del agua, tramaban una verdadera revolución del espíritu franciscano. El jefe de la oposición era el hermano Elías de Cortona. El fundador había renunciado a la dirección de la Orden, de suerte que su vicario, fray Elías, era prácticamente el ministro general. Sin embargo, no se atrevió a oponerse al fundador, a quien respetaba sinceramente. En realidad, la Orden era ya demasiado grande, como lo dijo el propio San Francisco: "Si hubiese menos frailes menores, el mundo los vería menos y desearía que fuesen más."

Al cabo de dos años, durante los cuales hubo de luchar contra la corriente cada vez más fuerte que tendía a desarrollar la orden en una dirección que él no había previsto y que le parecía comprometer el espíritu franciscano, el Santo emprendió una nueva revisión de la regla. Después la comunicó al hermano Elías para que éste la pasase a los ministros, pero el documento se extravió y el Santo hubo de dictar nuevamente la revisión al hermano León, en medio del clamor de los frailes que afirmaban que la prohibición de poseer bienes en común era impracticable.

La regla, tal como fue aprobada por Honorio III en 1223, representaba sustancialmente el espíritu y el modo de vida por el que había luchado San Francisco desde el momento en que se despojó de sus ricos vestidos ante el obispo de Asís.
La Tercera Orden
Unos dos años antes, San Francisco y el cardenal Ugolino habían redactado una regla para la cofradía de laicos que se habían asociado a los frailes menores y que correspondía a lo que actualmente llamamos Tercera Orden, fincada en el espíritu de la "Carta a todos los cristianos", que Francisco había escrito en los primeros años de su conversión. La cofradía, formada por laicos entregados a la penitencia, que llevaban una vida muy diferente de la que se acostumbraba entonces, llegó a ser una gran fuerza religiosa en la Edad Media. En el derecho canónico actual, los terciarios de las diversas órdenes gozan todavía de un estatuto específicamente diferente del de los miembros de las cofradías y congregaciones marianas.

La representación del Nacimiento de Jesús
San Francisco pasó la Navidad de 1223 en Grecehio, en el valle de Rieti. Con tal ocasión, había dicho a su amigo, Juan da Vellita: "Quisiera hacer una especie de representación viviente del nacimiento de Jesús en Belén, para presenciar, por decirlo así, con los ojos del cuerpo la humildad de la Encarnación y verle recostado en el pesebre entre el buey y el asno". En efecto, el Santo construyó entonces en la ermita una especie de cueva y los campesinos de los alrededores asistieron a la misa de medianoche, en la que Francisco actuó como diácono y predicó sobre el misterio de la Natividad.
Se le atribuye haber comenzado en aquella ocasión la tradición del "belén" o "nacimiento". Nos dice Tomás Celano en su biografía del Santo: "La Encarnación era un componente clave en la espiritualidad de Francisco. Quería celebrar la Encarnación en forma especial. Quería hacer algo que ayudase a la gente a recordar al Cristo Niño y cómo nació en Belén".

San Francisco permaneció varios meses en el retiro de Grecehio, consagrado a la oración, pero ocultó celosamente a los ojos de los hombres las gracias especialísimas que Dios le comunicó en la contemplación. El hermano León, que era su secretario y confesor, afirmó que le había visto varias veces durante la oración elevarse tan alto sobre el suelo, que apenas podía alcanzarle los pies y, en ciertas ocasiones, ni siquiera eso.

Los Estigmas
Alrededor de la fiesta de la Asunción de 1224, el Santo se retiró a Monte Alvernia y se construyó ahí una pequeña celda. Llevó consigo al hermano León, pero prohibió que fuese alguien a visitarle hasta después de la fiesta de San Miguel. Ahí fue donde tuvo lugar, alrededor del día de la Santa Cruz de 1224, el milagro de los estigmas, del que hablamos el 17 de septiembre. Francisco trató de ocultar a los ojos de los hombres las señales de la Pasión del Señor que tenía impresas en el cuerpo; por ello, a partir de entonces llevaba siempre las manos dentro de las mangas del hábito y usaba medias y zapatos.

Sin embargo, deseando el consejo de sus hermanos, comunicó lo sucedido al hermano Iluminado y a algunos otros, pero añadió que le habían sido reveladas ciertas cosas que jamás descubriría a hombre alguno sobre la tierra.

En cierta ocasión en que se hallaba enfermo, alguien propuso que se le leyese un libro para distraerle. El Santo respondió: "Nada me consuela tanto como la contemplación de la vida y Pasión del Señor. Aunque hubiese de vivir hasta el fin del mundo, con ese solo libro me bastaría". Francisco se había enamorado de la santa pobreza, mientras contemplaba a Cristo crucificado y meditaba en la nueva crucifixión que sufría en la persona de los pobres.

El santo no despreciaba la ciencia, pero no la deseaba para sus discípulos. Los estudios sólo tenían razón de ser como medios para un fin y sólo podían aprovechar a los frailes menores, si no les impedían consagrar a la oración un tiempo todavía más largo y si les enseñaban más bien, a predicarse a sí mismos que a hablar a otros. Francisco aborrecía los estudios que alimentaban más la vanidad que la piedad, porque entibiaban la caridad y secaban el corazón. Sobre todo, temía que la señora Ciencia se convirtiese en rival de la dama Pobreza. Viendo con cuánta ansiedad acudían a las escuelas y buscaban los libros sus hermanos, Francisco exclamó en cierta ocasión: "Impulsados por el mal espíritu, mis pobres hermanos acabarán por abandonar el camino de la sencillez y de la pobreza".

En sus escritos, esto es lo que el Santo nos dejó dicho sobre la vigilancia del corazón: “Cuidémonos mucho de la malicia y astucia de Satanás, el cual quiere que el hombre no tenga su mente y su corazón dirigidos a Dios. Y anda dando vueltas buscando adueñarse del corazón del hombre y, bajo la apariencia de alguna recompensa o ayuda, ahogar en su memoria la palabra y los preceptos del Señor, e intenta cegar el corazón del hombre mediante las actividades y preocupaciones mundanas, y fijar allí su morada”.

Antes de salir de Monte Alvernia, el Santo compuso el "Himno de alabanza al Altísimo". Poco después de la fiesta de San Miguel bajó finalmente al valle, marcado por los estigmas de la Pasión y curó a los enfermos que le salieron al paso.

La hermana Muerte
Las calientísimas arenas del desierto de Egipto afectaron la vista de Francisco hasta el punto de estar casi completamente ciego. Los dos últimos años de la vida de Francisco fueron de grandes sufrimientos que parecía que la copa se había llenado y rebalsado. Fuertes dolores debido al deterioro de muchos de sus órganos (estómago, hígado y el bazo), consecuencias de la malaria contraida en Egipto. En los más terribles dolores, Francisco ofrecía a Dios todo como penitencia, pues se consideraba gran pecador y para la salvación de las almas. Era durante su enfermedad y dolor donde sentía la mayor necesidad de cantar.

Su salud iba empeorando, los estigmas le hacían sufrir y le debilitaban, y casi había perdido la vista. En el verano de 1225 estuvo tan enfermo, que el cardenal Ugolino y el hermano Elías le obligaron a ponerse en manos del médico del Papa en Rieti. El Santo obedeció con sencillez. De camino a Rieti fue a visitar a Santa Clara en el convento de San Damián. Ahí, en medio de los más agudos sufrimientos físicos, escribió el "Cántico del hermano Sol" y lo adaptó a una tonada popular para que sus hermanos pudiesen cantarlo.

Después se trasladó a Monte Rainerio, donde se sometió al tratamiento brutal que el médico le había prescrito, pero la mejoría que ello le produjo fue sólo momentánea. Sus hermanos le llevaron entonces a Siena a consultar a otros médicos, pero para entonces el Santo estaba moribundo. En el testamento que dictó para sus frailes, les recomendaba la caridad fraterna, los exhortaba a amar y observar la santa pobreza, y a amar y honrar a la Iglesia. Poco antes de su muerte, dictó un nuevo testamento para recomendar a sus hermanos que observasen fielmente la regla y trabajasen manualmente, no por el deseo de lucro, sino para evitar la ociosidad y dar buen ejemplo. "Si no nos pagan nuestro trabajo, acudamos a la mesa del Señor, pidiendo limosna de puerta en puerta".

Cuando Francisco volvió a Asís, el Obispo le hospedó en su propia casa. Francisco rogó a los médicos que le dijesen la verdad, y éstos confesaron que sólo le quedaban unas cuantas semanas de vida. "¡Bienvenida, hermana Muerte!", exclamó el Santo y acto seguido, pidió que le trasportasen a la Porciúncula. Por el camino, cuando la comitiva se hallaba en la cumbre de una colina, desde la que se dominaba el panorama de Asís, pidió a los que portaban la camilla que se detuviesen un momento y entonces volvió sus ojos ciegos en dirección a la ciudad e imploró las bendiciones de Dios para ella y sus habitantes.

Después mandó a los camilleros que se apresurasen a llevarle a la Porciúncula. Cuando sintió que la muerte se aproximaba, Francisco envió a un mensajero a Roma para llamar a la noble dama Giacoma di Settesoli, que había sido su protectora, para rogarle que trajese consigo algunos cirios y un sayal para amortajarle, así como una porción de un pastel que le gustaba mucho.

Felizmente, la dama llegó a la Porciúncula antes de que el mensajero partiese. Francisco exclamó: "¡Bendito sea Dios que nos ha enviado a nuestra hermana Giacoma! La regla que prohibe la entrada a las mujeres no afecta a nuestra hermana Giacoma. Decidle que entre".
El Santo envió un último mensaje a Santa Clara y a sus religiosas, y pidió a sus hermanos que entonasen los versos del "Cántico del Sol" en los que alaba a la muerte. Enseguida rogó que le trajesen un pan y lo repartió entre los presentes en señal de paz y de amor fraternal diciendo: "Yo he hecho cuanto estaba de mi parte, que Cristo os enseñe a hacer lo que está de la vuestra”. Sus hermanos le tendieron por tierra y le cubrieron con un viejo hábito. Francisco exhortó a sus hermanos al amor de Dios, de la pobreza y del Evangelio, "por encima de todas las reglas", y bendijo a todos sus discípulos, tanto a los presentes como a los ausentes.
Murió el 3 de octubre de 1226, después de escuchar la lectura de la Pasión del Señor según San Juan. Francisco había pedido que le sepultasen en el cementerio de los criminales de Colle d'lnferno. En vez de hacerlo así, sus hermanos llevaron al día siguiente el cadáver en solemne procesión a la iglesia de San Jorge, en Asís. Ahí estuvo depositado hasta dos años después de la canonización. En 1230, fue secretamente trasladado a la gran basílica construida por el hermano Elías.

El cadáver desapareció de la vista de los hombres durante seis siglos, hasta que en 1818, tras 52 días de búsqueda, fue descubierto bajo el altar mayor, a varios metros de profundidad. El Santo no tenía más que 44 o 45 años al morir. No podemos relatar aquí ni siquiera en resumen, la azarosa y brillante historia de la Orden que fundó. Digamos simplemente que sus tres ramas: la de los frailes menores, la de los frailes menores capuchinos y la de los frailes menores conventuales forman el instituto religioso más numeroso que existe actualmente en la Iglesia. Y, según la opinión del historiador David Knowles, al fundar ese instituto, San Francisco "contribuyó más que nadie a salvar a la Iglesia de la decadencia y el desorden en que había caído durante la Edad Media".

¡San Francisco de Asís: pídele a Jesús que lo amemos tan intensamente como lo lograste amar tú!

La Porciúncula, en la Basílica de Nuestra Señora de los Ángeles
La Porciúncula es un pueblo y a la misma vez una iglesia localizada aproximadamente a tres-cuartos de milla de la ciudad de Asís en Italia. El pueblo ha progresado alrededor de la Basílica de Nuestra Señora de los Ángeles. Fue precisamente en esta Basílica que San Francisco de Asís recibió su vocación en el año 1208. San Francisco vivió la mayor parte de su vida en este lugar. En el año 1211, San Francisco logró una estadía permanente en este pueblo cerca de Asís, gracias a la generosidad de los Benedictinos, los cuales le donaron la pequeña capilla de Santa María de los Ángeles o la Porciúncula, considerada como “una pequeña parte” de esas tierras.

Un día mientras San Francisco estaba arrodillado en la capilla de San Damián, sintió que Cristo le habló desde el crucifijo y le dijo: “Reconstruye mi Iglesia que esta en ruinas.” El se tomó estas palabras literalmente y empezó a reconstruir varias Iglesias. No fue hasta un tiempo después que San Francisco comprendió que el mensaje principal de Cristo era que construyera y fortaleciera espiritualmente la Iglesia de Cristo. Así fue que el Santo comenzó a trabajar en la restauración de las iglesias de San Damián, San Pedro Della Spina y Santa Maria de los Ángeles o de la Porciúncula.

Al lado del humilde santuario de la Porciúncula, fue edificado el primer convento Franciscano, con la construcción de unas cuantas pequeñas chozas o celdas de paja y barro, cercadas con un seto. Este acuerdo fue el comienzo de la Orden Franciscana. La Porciúncula fue también el lugar donde San Francisco recibió los votos de Santa Clara. El 3 de Octubre de 1226, muere San Francisco, y en su lecho de muerte, le confía el cuidado y protección de la capilla a sus hermanos.

Un poco después del año 1290, la capilla, la cual media aproximadamente 22 pies por 13 ½ pies fue ampliamente engrandecida para poder acomodar a la cantidad de peregrinos que venían a visitarla. Más tarde, los edificios alrededor del santuario fueron destruidos por orden de Pio V (1566-72), excepto la celda en la cual murió San Francisco. Luego, estos fueron reemplazados por una gran Basílica, estilo contemporáneo. El nuevo edificio fue erigido sobre su celda y sobre la capilla de la Porciúncula. La Basílica ahora tiene tres naves y un circulo de capillas que se extienden a lo largo de la longitud de los costados.

La Basílica forma una cruz latina de 416 pies de largo por 210 pies de ancho. Un pedazo del altar de la capilla es de la Anunciación, la cual fue pintada por un sacerdote en el año 1393. Uno todavía puede visitar la celda donde murió San Francisco. Detrás de la sacristía se encuentra el sitio donde el santo, durante una tentación se dice, que se revolcó en un arbusto de brezo, el cual después se convirtió en un rosal sin espinas. Fue precisamente durante esa misma noche del 2 de Agosto, que el Santo recibió la “Indulgencia de la Porciúncula.” Hay una representación del recibimiento de esta indulgencia en la fachada de la capilla de la Porciúncula.

Se cuenta que una vez, en el año 1216, mientras Francisco estaba en la Porciúncula, en oración y en contemplación, se le apareció Cristo y le ofreció que le pidiera el favor que el quisiera. En el centro del corazón de San Francisco siempre estaba la salvación de las almas. El soñaba en que su amada Porciúncula fuese un santuario donde muchos se pudieran salvar, entonces le pidió al Señor que le concediera una indulgencia plenaria ( o sea, una completa remisión de todas las culpas), para que todos aquellos que vinieran a visitar la pequeña capilla, una vez que se hubieran arrepentido de sus pecados y confesado, pudieran obtenerla. Nuestro Señor accedió a su petición con la condición de que el Papa ratificará la indulgencia.

San Francisco se fue de inmediato hacia Perugia con uno de sus hermanos en busca del Papa Honorio III. Este, a pesar de alguna oposición de la Curia, ante este favor nunca antes escuchado dio su aprobación a la Indulgencia, limitándola a poder recibirla solamente una vez al año. Posteriormente, el Papa la confirmó y fijo la fecha del 2 de Agosto como el día para alcanzar esta indulgencia. En Italia, es comúnmente conocida como “el perdón de Asís” o la “indulgencia de la Porciúncula”. Este es el recuento tradicional de la historia.

Todos los fieles católicos pueden alcanzar la indulgencia plenaria el 2 de Agosto (o en otro día que haya sido declarado o asignado por el ordinario local para el beneficio de los fieles), bajo las debidas disposiciones (confesión sacramental, santa comunión, y rezar por las intenciones del Santo Padre). Estas condiciones pueden cumplirse unos días antes o después del día en que se gana la indulgencia. También tienen que visitar la iglesia devotamente y rezar el Padrenuestro y el Credo. La Indulgencia se aplica a la Catedral de la Diócesis, y a la co-catedral (si es que existe alguna), aunque no sean parroquiales, y también las iglesias quasi-parroquiales. Para alcanzar esta indulgencia, como cualquier indulgencia plenaria, los fieles tienen que estar libres de cualquier apego al pecado, aún al pecado venial. Donde se desea este apego, la indulgencia es parcial.

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Debemos ser sencillos, humildes y puros